Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 131

Testo di pubblico dominio

che un sol giorno di aspettazione. Ora nessun ostacolo si oppone ai desiderii del cuor nostro; non più coll'impazienza e colla sbadataggine della giovinezza, ma col senno afforzato, e col proposito immutabile dell'età matura, io domando che mi ripetiate con una parola la promessa di felicità che m'avete fatta al cospetto del cielo. Né volontà di parenti né tirannia di leggi né convenienze sociali impediscono più la vostra libertà o la mia delicatezza. Io vi offro un cuore, pieno di un solo affetto, acceso tutto d'una fiamma che non morrà mai più, e provato e riprovato dal lavoro dalla pazienza dalla sventura. Clara, guardatemi in volto. Quando è che sarete mia?... La donzella tremò da capo a piedi, ma fu un attimo; ella appoggiò sul petto una mano che contrastava pallidissima colla nera tonaca delle novizie, e alzò nel volto di Lucilio uno sguardo lungo e misterioso che pareva cercasse traverso ad ogni cosa le speranze del cielo. — Lucilio — rispose ella premendo alquanto quella mano sul cuore — io ho giurato innanzi a Dio di amarvi, ho giurato nel mio cuore di farvi felice per quanto starà in me. È vero: me ne sovvengo sempre, e mi adopero sempre perché le mie promesse abbiano quel maggiore effetto che Dio loro consente. — Come sarebbe a dire? — sclamò ansiosamente Lucilio. La madre Redenta s'arrischiò a sollevare le palpebre, per metter fuori due occhi così spaventati come se appunto l'avesse veduto le corna di Berlicche. Ma il calmo aspetto della Clara rimise più tranquilli quegli sguardi di dietro le solite feritoie. — Vi dirò tutto — soggiungeva intanto la donzella — vi dirò tutto, Lucilio, e voi giudicherete. Io son entrata in questo luogo di pace per fidare l'anima mia a Dio e alla sua Provvidenza; vi ho trovato affetti pensieri e conforti che mi fanno omai guardare con ribrezzo al resto del mondo... Oh no, no Lucilio! Non vi sdegnate! Le anime nostre non erano fatte per trovare la felicità in questo secolo di vizio e di perdizione. Rassegnamoci e la troveremo lassù! — Che dite mai? quali parole pronunciate ora, che mi straziano il cuore ed escono dalle vostre labbra colla soavità d'una melodia? Clara, per carità tornate in voi!... Pensate a me!... Guardatemi in volto!... Ve lo ripeto con le mani in croce: pensate a me! — Oh ci penso! ci penso anche troppo, Lucilio; perché son troppo impigliata nelle cose mondane per sollevarmi pura e semplice a Dio!... Ma che volete, Lucilio che volete da me?... La Repubblica nostra è caduta in balìa di uomini stranieri senza religione e senza fede. Non v'è più bene non v'è più speranza, altro che nel cielo per le anime timorate di Dio. Perché fidarsi, Lucilio, alle lusinghe di quaggiù?... Perché stabilire una famiglia in questa società che non ha più rispetto a Dio ed alla Chiesa?... Perché?... — Basta, basta, Clara!... Non prendetevi scherno del mio dolore, della mia rabbia! Pensate a quello che dite, Clara; pensate che voi dovete render conto dell'anima mia a quel Dio che adorate e che intendete servir meglio consumando un sì atroce delitto. La Repubblica è caduta?... la religione è in pericolo?... Ma che ha a far tutto ciò con le promesse ch'io ebbi da voi?... Clara, pensate che il primo precetto e il più sublime del Vangelo vi comanda di amare il vostro prossimo. Ora, come prossimo, nulla più che come prossimo, io vi domando che vi ricordiate dei vostri giuramenti e che non vi facciate un merito presso a Dio di essere spergiura!... Dio abborre e condanna gli spergiuri; Dio rifiuta i sacrifizi offerti a prezzo delle lagrime e del sangue altrui!... Se volete sacrificarvi, or bene sacrificatevi a me!... Se non come felicità accettatemi come martirio!... La madre Redenta tossì romorosamente per guastare l'effetto di queste parole recitate da Lucilio con un furor tale di disperazione e di preghiera che spezzava l'anima. Ma la Clara si volse a lei rassicurandola con un gesto, indi levato uno sguardo al cielo non temé di avvicinarsi a Lucilio e di mettergli castamente una mano sulla spalla. Il povero sapiente indovinò tutto da quello sguardo, da quell'atto, e sentì col cuore lacerato di non poter seguire in cielo quell'anima che gli sfuggiva, beata nei proprii dolori. — Ma perché, perché mai, o Clara? — proseguì egli senza pur aspettare ch'essa gli dichiarasse il senso terribile di quei movimenti. — Perché volete uccidermi mentre potreste risuscitarmi?... Perché vi dimenticate dell'amore santo eterno indissolubile che m'avete giurato? — Oh quest'amore, più santo più eterno più indissolubile di prima ve lo giuro anche adesso! — rispose la donzella. — Soltanto le nostre nozze siano in cielo poiché sulla terra Iddio le proibisce ai suoi fedeli!... Ve lo giuro, Lucilio! Io vi amo sempre, io non amo che voi!... Quest'amore ho potuto purificarlo santificarlo, ma non potrei strapparmelo dalle viscere senza morire! Da ciò appunto vedete se la mia vocazione è vera e tenace. Vi amerò sempre, vivrò sempre con voi in comunione di preghiere e di spirito. Ma di più, Lucilio, voi non avete diritto di chiedermi... Di più io non potrei concedervi perché Dio me lo proibisce! — Dio adunque vi comanda di uccidermi! — esclamò con un urlo Lucilio. La madre Redenta gli corse dappresso a raccomandargli la temperanza perché le suore stavano allora in meditazione e potevano aver molestia da quelle vociate. La Clara abbassò gli occhi; pianse la poveretta; ma né si piegò né si scosse dal suo fermo proposito. Le torture ch'ella provava erano immense; ma la suora compagna avea contato bene sulle astuzie adoperate per affatturarla in quel modo. Omai l'anima della Clara abitava in cielo, e le cose di quaggiù non le vedeva che da quelle altezze infinite. Avrebbe scontato colla propria morte un peccato veniale di Lucilio, ma l'avrebbe anche ucciso per assicurargli la salute eterna. Infatti ella tramortì e tremò tutta, ma si strinse più vicina a lui, e riavendosi subitamente soggiunse: — Lucilio, mi amate? Or bene fuggitemi!... Ci incontreremo, siatene certo, in luogo migliore di questo... Io pregherò per voi, pregherò per voi nei cilici e nel digiuno... — Bestemmia! — gridò l'altro allora. — Voi pregare per me?... Il carnefice che intercede per la vittima!... Dio avrà orrore di tali preghiere! — Lucilio! — soggiunse modestamente la Clara. — Tutti siamo peccatori, ma quando... La madre Redenta interruppe queste parole con una opportuna gomitata. — Umiltà, umiltà, figliuola! — brontolò essa. — Non vi bisogna parlare né insegnare altrui quando non ne sia mestieri strettamente. Lucilio sbalestrò alla vecchia un'occhiata quale ne suol dardeggiare il leone tra le sbarre della sua gabbia. — No, no — soggiunse egli amaramente. — Insegnatemi anzi, ché son molto novizio in quest'arte, e morrò certo di crepacuore prima d'averla imparata!... — Ed io, credete ch'io brami e voglia vivere un pezzo? — soggiunse mestamente la Clara. — Sappiate che nessuna grazia domando alla Madonna con tanta insistenza con tanto fervore quanto questa di morir fra breve e di salire in cielo a intercedere per voi!... — Ma io, io sdegno le vostre preghiere! — scoppiò rugghiando Lucilio. — Io voglio voi! voglio la mia felicità, il ben mio!... — Calmatevi! abbiate compassione di me!... Nel mondo non v'è più bene, lo so pur troppo!... Sapete che corre già la voce dell'abolizione di tutti gli Ordini religiosi, e della demolizione dei conventi!... — Sì sì; e questa voce si avvererà!... Ve lo giuro io che si avvererà. Io stesso farò sì che di questi sepolcri di viventi non resti più pietra sopra pietra!... — Tacete, Lucilio, per carità tacete! — riprese la Clara guardando affannosamente la madre compagna che si dimenava forse con segreta compiacenza sulla sua seggiola. — Convertitevi al timore di Dio e alla fede vera fuor della quale non v'è salute!... Non commettete questi peccati di eresia che

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Argomenti: sguardo lungo,    tanto fervore,    proposito immutabile,    maggiore effetto,    calmo aspetto

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