Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 148

Testo di pubblico dominio

amarla sopratutto, senza cercare il pelo nell'uovo, e senza passare al lambicco della ragione il voto eterno del mio cuore. — Sì, temeva un rifiuto, perché non ti aveva dato caparra di condotta molto esemplare; — ella soggiunse — ed ora voglio dartene una col mettere a nudo tutte le mie piaghette, e stomacartene, se posso. Io feci un gesto negativo, sorridendo di questa sua nuova paura; ella racconciandosi i capelli sulle tempie, e puntandosi qualche spillo malfermo nel corsetto, continuò a parlare. — In quel torno fu alloggiato in casa di mio marito un officiale francese, un certo Ascanio Minato... — Lo conosco — diss'io. — Ah! lo conosci?... Bene! non potrai dire che non sia un bel giovine, d'aspetto maschio e generoso, benché lo abbia poi trovato al cimento un perfido, uno spergiuro, un disleale, un vero capo d'oca col cuore di lepre... Io ascoltai con molto malgarbo questa infilzata d'improperi che, secondo me, chiariva anche troppo la verità di quanto Giulio Del Ponte mi avea raccontato il giorno delle feste per la Beauharnais. E la Pisana non si vergognava di confessare sfacciatamente la propria scostumatezza; e non si accorgeva del dolore che mi avrebbe recato la sua importuna sincerità. Io mi mordeva le labbra, mi rosicchiava le unghie, e rimproverava la Provvidenza che non mi avesse fatto sordo come Martino. — Sì — tirava innanzi ella — mi pento e mi vergogno di quel poco di fede che aveva riposto in lui. Credeva che i Còrsi fossero animosi e gagliardi, ma vedo che Rousseau aveva torto di aspettarsi dalla loro schiatta qualche grande esempio di fortezza e di sapienza civile!... “Rousseau, Rousseau!” pensava io. Queste filippiche e queste citazioni m'infastidivano; avrei voluto giungere alla fine e saperla tutta senza tante virgole; laonde mi dimenava sui cuscini e pestava un po' i piedi, presso a poco alla maniera d'un ragazzo ch'è stufo della predica. — Cosa gli chiedeva io? cosa pretendeva da lui? — riprese con maggior impeto la Pisana — forse cose soprannaturali, o impossibili, o vili?... Non gli chiedeva altro che di farsi il benefattore dell'umanità, il Timoleone della mia patria!... Voleva renderlo l'idolo il padre salvatore d'un popolo intero; e in aggiunta a questo dono gli prometteva anche il mio cuore, tutto quello ch'egli avrebbe voluto da me!... Codardo, scellerato!... E mi si inginocchiava dinanzi, e giurava e spergiurava d'amarmi più della sua vita, più del suo Dio!... Oh cosa credeva? ch'io volessi offrirmi al primo capitano pei suoi begli occhi, pei suoi lucenti spallini?... S'accontenti allora di portar impressi sul viso i segni d'uno schiaffo di donna. Già dove non ci sono uomini, tocca proprio alle donne. — Calmati, Pisana, calmati! — le andava dicendo dubbioso ancora di non aver capito a dovere — racconta le cose per ordine: dimmi da che nacquero queste tue ire col signor Minato... cosa egli chiedeva da te, e cosa tu di rimando pretendevi da lui? — Cosa egli mi chiedeva?... Che facessimo all'amore insieme, sotto gli occhi del geloso che avrebbero finto di dormire per troppo rispetto alla furia francese!... Cosa pretendeva io da lui?... Pretendeva che egli persuadesse, che egli eccitasse i suoi commilitoni a un atto di solenne giustizia, a contrapporsi concordi alle spergiure concessioni del Direttorio e di Bonaparte, ad unirsi con noi, e a difendere Venezia contro chi domani ne diverrà impunemente il padrone!... Tuttociò ognuno di essi anche il più imbecille anche il più pusillanime sarebbe tenuto a farlo senz'altra persuasiva che la rettitudine della coscienza, e l'abborrimento di comandi ingiusti e sleali!... Ma uno che amasse una donna, e si udisse profferta da lei questa nobile impresa, non dovrebbe anzi fare di più?... Non dovrebbe adottare la patria di quella donna e ripudiare la propria vergognosamente colpevole d'un tanto misfatto?... Ogni francese che udisse simili esortazioni dalla bocca di colei ch'egli giura di amare, non dovrebbe alzar la visiera come Coriolano, e dichiarare un odio eterno e avventarsi furibondo contro questa Medea che divora i propri parti? Che resta la patria senza umanità e senza onore?... Manlio condannò a morte i figliuoli, Bruto uccise il proprio padre! Ecco gli esempi per chi ha cuore e polsi da imitarli!... Vi confesso ch'io non avrei avuto né cuore né polsi da sfoderare una tirata così violenta come questa della Pisana; ma aveva cuore e intendimento bastevole per comprenderla, onde ammirando piucché altro quei fieri moti d'un'indole ardente e generosa, mi pentii di averla assai mal giudicata dalle prime parole. Gli epiteti con cui ella infamava il repubblicano tiepido e neghittoso, io li avea creduti rivolti all'amante malfermo o infedele. Così alle volte si pigliano de' grossi granchi trascurando l'osservazione generale d'un temperamento per metterne in conto solamente una parte. — E dimmi, dimmi — soggiunsi — come sei venuta a questo scoppio vulcanico contro di esso e contro tutti? — Ci son venuta perché il tempo stringeva, perché da un pezzo egli mi menava d'oggi in domani con certi sorrisi, con certi attucci che non mi assicuravano punto, credendo forse ch'io mi drappeggiassi alla romana per innamorarlo meglio, e che da ultimo poi gli avrei tutto concesso per le sue sdolcerie!... Oh l'ha veduta ora! e son proprio contenta che quest'italiano bastardo abbia imparato a conoscere una vera italiana!... Sai già che ieri i Commissari imperiali vennero a trattare per le forme della consegna; io dunque mi vidi alle strette, e mi affrettai a stringere, tanto più che egli si incaloriva piucchemai, e figurati cosa ha avuto l'audacia di propormi!... Mi invitava ad abbandonare Sua Eccellenza Navagero ed a partire con lui quando la guarnigione francese si sarebbe ritirata da Venezia! “Sì” gli risposi “io verrò con voi quando voi avrete proclamata in piazza la libertà della mia patria, quando guiderete i vostri commilitoni a sorprendere a vincere a sgominare coloro che si credettero d'impadronirsene senza colpo ferire!... Allora sarò con voi sposa amante serva, quello che vorrete!...” E quello che diceva lo avrei fatto; me ne sento capace. L'amor mio non so, ma ben tutta me stessa io darei a chi tentasse questa illustre vendetta!... Tutta me gli darei col cieco entusiasmo d'una martire, se non colla voluttà di un'amante!... Vuoi invece sapere com'egli mi rispose?... S'attorcigliò dispettosamente il labbro superiore; poi si rimise alla buona e stendendomi la mano per una carezza ch'io rifiutai, balbettò a mezza voce: “Sei un'incantevole pazzerella!” Oh se mi avessi veduta allora!... Tutte le mie forze si condensarono in queste cinque dita, e gli stampai sulla guancia uno schiaffo così strepitoso che mia madre mio marito i servi e le cameriere accorsero al romore dalle stanze vicine... Il bell'ufficiale ruggì come un leone. Bugiardo!... con quel cuore di coniglio!... Egli corse colla mano alla spada ma si ravvide tosto vedendosi ritto coraggiosamente dinanzi il mio petto di donna: allora si precipitò fuori della stanza movendo intorno occhiate di furore e gesti di sfida. — “Che hai mai fatto?... Per carità! Guarda! Sei la rovina della casa! Bisogna tollerar il male per fuggir il peggio...”. Ecco le parole con cui mia madre e mio marito mi ricompensarono; ma mio marito sopratutto mi moveva a schifo... Dire ch'egli era geloso!... “Ah io sono il cattivo augurio della casa?” io gridai. “Or bene cambierò casa e vi lascerò in pace!” E tosto uscii correndo senzaché alcuno mi trattenesse, e preso un zendado all'infretta nella mia camera, andai in traccia di mio fratello. Non sapevano dove fosse, lo credevano partito! Chiesi allora degli zii Frumier al loro palazzo. Dormivano tutti, aveano comandato che nessuno entrasse, né uomo né donna né parente né amico. Che mi rimaneva da ultimo?... Carlino, non mi restava che tu!... — (Grazie del complimento.) — Mi pentii di non essere ricorsa

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Argomenti: sei venuta,    vero capo,    cattivo augurio,    voto eterno,    spillo malfermo

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