Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 55

Testo di pubblico dominio

di sé. Gli sembrò un momento che la Clara seduta dinanzi a lui s'illuminasse negli occhi d'un bagliore fiammeggiante: egli quasi folgorato dovette socchiuder le palpebre. — Donde questo prodigio? — Non lo potea capire egli stesso. Forse la solennità della notte, che stringe le anime deboli di superstiziose paure, ripiega sopra se stesso lo spirito dei forti, mostrandogli, entro il buio delle ombre, il simulacro del destino, del domatore di tutti. Forse anco il dolore della fanciulla regnava sopra di lui com'egli avea trionfato poco prima di lei per forza di volontà. Poveretta! No che gli occhi suoi non fiammeggiavano allora; se almeno lo sguardo non risplendeva pel tremolio delle lagrime. Il suo cuore riboccante una mezz'ora prima di felicità e d'amore volava, in quegli istanti, al letto di sua nonna; in quella cameretta silenziosa e bene assestata dove Lucilio avea passato con esse le lunghe ore; e quando egli non c'era ne restava viva per l'aria una cara memoria, un'immagine invisibile e ammaliatrice. Oh come avrebbe stentato ad addormentarsi la povera vecchia senza il solito bacio della nipote! Chi le avrebbe dato ragione, chi l'avrebbe consolata della sua assenza? Chi avrebbe pensato a lei nei pericoli che si minacciavano al castello per quella notte? La pietà, la divina pietà gonfiava di nuovi singhiozzi il petto della giovane, e la mano che Lucilio le stese per aiutarla a rialzarsi fu inondata di pianto. Ma rimessi che furono in via questi riebbe subito l'alacrità consueta. I sogni disparvero; i pensieri gli sprizzarono in capo risoluti e virili; la volontà piegata un momento rizzossi con miglior lena a ripigliare il comando. La storia dell'amor suo, e quella dell'amore di Clara, i casi straordinari di quella sera, i sentimenti della giovinetta ed i proprii gli si dipinsero dinanzi in un sol quadro senza confusione e senza anacronismi. Egli ne rilevò con un'occhiata da aquila il concetto generale, e decise ad ogni costo che o solo o colla fanciulla egli doveva entrare in castello prima che passasse la notte. L'amore gli imponeva questo dovere; aggiungiamo ancora che l'interesse dell'amore medesimo glielo consigliava caldamente. Clara pregava il Signore e la Madonna, Lucilio stringeva a parlamento tutte le voci del proprio ingegno e del proprio coraggio; e così appoggiati l'una al braccio dell'altro, camminavano silenziosamente verso il mulino. Quanta moderazione! diranno taluni pensando al caso di Lucilio. Ma se diranno così gli è o ch'io mi sono spiegato male o che essi non mi hanno capito a dovere quando discorreva della sua indole. Lucilio non era né un birbone né uno scavezzacollo; pretendeva soltanto di vederci a fondo nelle cose umane, di volerne il meglio e di saper conseguire questo meglio. Queste tre pretese, se temperate da un sano criterio, egli avrebbe potuto provarle coi fatti; perciò non si lasciava mai trascinare dalle passioni, ma teneva ben salde le redini e sapeva fermarle all'uopo tanto sull'orlo del precipizio quanto sulla sponda lusinghiera e traditrice d'una fondura verdeggiante. Entrarono dunque nel mulino, ma non ci trovarono alcuno benché il fuoco scoppiettasse tuttavia in mezzo alle ceneri. La polenta lasciata sul tagliere dava a vedere che tutti non aveano cenato e che alcuni degli uomini s'erano forse attardati nel villaggio a guardar la tregenda. Ma quella era forse la famiglia con cui la Contessina aveva maggior dimestichezza, onde non le dispiacque di vedersi colà ricoverata. — Ascolta, ben mio — le disse sottovoce Lucilio rattizzando il fuoco per sciuttarla dell'umido preso nei prati. — Io chiamerò ora e ti affiderò a qualcuna di queste donne, e poi o per forza per amore penetrerò in castello a recarvi le tue novelle, e a guardare come stanno là dentro. La Clara arrossì tutta sotto gli sguardi del giovane. Era la prima volta che in una stanza e alla piena del fuoco riceveva nel cuore il loro muto linguaggio d'amore. Arrossì peraltro senza rimorsi perché non le pareva di aver violato nessuno dei comandamenti del Signore; e dal volersi bene alla muta al confessarselo vicendevolmente non capiva qual differenza ci potesse essere. — Tu fa' in modo di coricarti e di riposare; — proseguì Lucilio — io penserò nel frattempo a dar la voce dell'accaduto al Vice–capitano di Portogruaro, perché si affrettino a scompigliare le trame di questi birbanti... Va là! per nulla non sono venuti e a me pare di leggerci sotto bene a tutto questo loro zelo contro i contrabbandi... È una vendetta, o una rappresaglia, fors'anco un tafferuglio ingarbugliato a bella posta per finire quell'imbroglio del processo... Ma io metterò le cose sotto la vera luce, e il Vice–capitano vedrà lui da qual parte stiano i veri interessi della Signoria. Intanto, Clara mia, sta' in pace e dormi sicura; domattina, se non saranno venuti dal castello a prenderti, verrò io stesso; e chi sa anche che non capiti durante la notte se ci son cose pressanti. — Oh ma voi!... non arrischiatevi! per carità! — mormorò la giovinetta. — Sai come sono — rispose Lucilio. — Non potrei far a meno di movermi e di tentar qualche cosa, se anche si trattasse di gente sconosciuta. Figurati poi ora che è in ballo la tua famiglia, la nostra buona vecchia! — Povera nonna! — sclamò la Clara. — Sì, va' va'; e confortala e torna subito a chiamare anche me che starò qui ad aspettare col cuore sospeso. — Ti dico che tu devi coricarti e che chiamerò qualcheduna delle donne — soggiunse Lucilio. — No, lasciale dormire, ché io non potrei — replicò la donzella. — Oh, mi maraviglio con me, e quasi mi vergogno, di poter rimaner qui e di non correre fuori anch'io! — A che fare? — soggiunse Lucilio. — No per carità, non ti muovere da questo luogo. Anzi devi rinchiuderti bene, giacché essi sono tanto sconsigliati da lasciar le porte spalancate fino a mezza notte!... Marianna, Marianna! — si mise a gridare il giovane affacciandosi alla porta della scala. Di lì a poco rispose dall'alto una voce, e poi lo scalpitare di due zoccoli, e non passò un minuto che la Marianna tutta scollata e sbracciata scese in cucina. — Dio mi perdoni! — sclamò ella raccogliendosi la camicia sul petto — credeva che fosse il mio uomo!... È lei, signor dottore?... E anche la Contessina!... Oh diavolo! cos'è stato? Da qual parte son venuti dentro? — Capperi! da quelle quattro braccia di porta spalancata! — rispose Lucilio. — Ma ora non è tempo da ciarle, Marianna: la Contessina non può entrare in castello perché là intorno c'è del subbuglio... — Come, c'è del subbuglio?... Ma i nostri uomini dunque?... Ah birbonacci! Non hanno neppur cenato!... Per andarsene a curiosare hanno lasciato aperte anche tutte le porte... — Ascoltate me ora, Marianna; — riprese Lucilio — i vostri uomini torneranno, ché non corrono nessun pericolo. — Come, non corrono nessun pericolo? Se sapesse il mio in ispecialità come è manesco e arrischiato!... È capace di appiccar briga con un esercito, colui!... — E bene! state certa! per questa sera non l'appiccherà!... Io andrò in cerca di loro e ve li manderò a casa... Ma voi intanto badate che non manchi niente alla Contessina. — Oh povera signora! cosa le deve capitare anche a lei!... Scusi, sa, se mi vede in questo arnese, ma credeva proprio che fosse il mio uomo. Birbone! scappar via senza cena lasciando la porta aperta!... Oh me la pagherà!... Mi comandi dunque, Contessina!... Mi dispiace che qui non troverà nulla da par suo!... — Dunque vi raccomando, Marianna! — disse ancora Lucilio. — Si figuri; non c'è mestieri di raccomandazioni. Mi dispiace di essere così scamiciata. Ma già lei, signor dottore, è avvezzo a queste scene, e la Contessina è tanto buona! La Marianna nell'affaccendarsi intorno al fuoco mostrava due bellissime spalle che meglio spiccavano per la loro candidezza dal bruno colore delle braccia e del viso. Non era forse malcontenta di

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Argomenti: sol quadro,    solito bacio,    muto linguaggio,    bruno colore

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