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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 243adoperarsi intorno alla fanciulla con molta prudenza, e poi me n'andai sperando che l'istinto materno l'avrebbe condotta assai meglio del suo accorgimento di bigotta. Come infatti mi parve essere sulle prime; ché trovai giorno per giorno la ragazza migliorata d'assai; e benché continuasse sempre un po' frivola e scapata, pure non usava più arte veruna per comparire diversa. La vergogna le avea fruttato bene, ma anco io aveva adoperato destramente di non ribadirle l'impostura mostrandomi troppo scandolezzato della sua naturale leggerezza. Così sperava che se non una donna forte ed esemplare, una sposina discreta e come tutte le altre ci verrebbe fatto di cavarne. Peraltro mi ficcava sempre più in capo che bisognava allettarla con quello che le piaceva; e se ci fosse capitato un giovine bennato che allo splendore dell'apparenza unisse la bontà della sostanza, io avrei ceduto l'educazione a lui, quasi sicuro che sarebbe riuscito a buon fine e che di lì a qualche anno avrebbe avuto una moglie secondo i suoi desiderii. Nessun miglior maestro dell'amore; egli insegna anche quello che non sa. Mentre la strana condotta di Giulio e la dubbia conversione della Pisana mi tenevano col cuore sospeso, le dimostrazioni in piazza prendevano per tutta Italia un tenore più fiero e guerresco; dalla Francia mutata improvvisamente in Repubblica soffiava un vento pieno di speranza; la rivoluzione minacciò a Vienna, proruppe a Milano, e fu compiuta anche a Venezia nel modo che tutti sanno. In quei momenti, per quanto fossi vecchio, mezzo cieco e padre di famiglia, certo non ebbi tempo di pensare a' miei affaruzzi di casa. Uscii in piazza cogli altri, buttai via i miei settant'anni, e mi sentii più forte più allegro più giovane che non lo fossi mezzo secolo prima, quando avea fatto la mia prima comparsa politica come segretario della Municipalità. Si armava allora la Guardia Nazionale, e mi vollero far colonnello della seconda legione; senza consultare né gli occhi né le gambe io accettai con tutto il cuore; richiamai alla memoria tutto il mio antiquato sapere di tattica militare, misi in fila e feci voltare a destra ed a sinistra alcune centinaia di giovani buoni e volonterosi, indi me n'andai a casa col cervello nelle nuvole, e l'Aquilina al vedermi incamuffato in una certa assisa che mi dava figura più di brigante che di colonnello, fu per cadere in terra per un repentino travaso di bile. Checché ne mormorasse la moglie, mangiai all'infretta un boccone, e tornai fuori ai miei esercizi; vi giuro che non mi sentiva indosso più di vent'anni. Soltanto la sera, quando mi ridussi a casa verso la mezzanotte, dopo aver subìto le più gran rampogne che possa soffrire una buona pasta di marito da una moglie bisbetica, chiesi che ne fosse di Giulio, il quale io lo aveva cercato indarno qua e là per tutto quel giorno. Non lo avevano veduto, non ne sapevano nulla; e fu un nuovo appiglio all'Aquilina per tornar daccapo cogli strapazzi. Peraltro io era troppo inquieto sul conto di quel giovine per badare a lei: la condotta tenuta in fino allora, l'indole superba e violenta lo esponevano ai più gravi pericoli, e dopo molte considerazioni e un'altra mezz'ora di aspettativa, non potei trattenermi, ed uscii in cerca di lui. Non mi sarei immaginato mai più il colpo terribile che mi aspettava!... Ne chiesi a casa Fratta a casa Cisterna, e non seppero dirmene nulla; tentai a casa Partistagno, ove usava molto in quell'ultimo tempo, ma mi risposero che il signor generale era partito da due giorni bestemmiando contro i suoi sette figliuoli che tutti avean voluto rimanere a Venezia, e che il signor Giulio non lo aveano veduto da una settimana. Mi venne in capo di cercarne contezza al Corpo di Guardia del nostro sestiere, e là mi toccò strappare dalla bocca di un giovine studente la triste verità. Il mattino Giulio era accorso insieme a loro all'Arsenale, dove si distribuivano le armi, e già s'aveva cinta la sciabola, quando uno sconsigliato (diceva lo studente) s'era messo ad insultarlo; lì Giulio s'era volto contro di lui, quando dieci e cento altri avevano preso le parti dell'insolente, e fra gli urli gli oltraggi gli schiamazzi, mio figlio avea dovuto ceder al numero, abbastanza fortunato di salvar la vita. Ma alcuni dabbene che non volevano che quel giorno fosse macchiato di sangue fraterno lo avevano difeso colle loro armi. — Spero — continuò lo studente — che il suo signor figlio otterrà giustizia e che messe in chiaro le cose egli otterrà nella Guardia Nazionale quel posto che gli si compete come cittadino. E queste parole furono pronunciate in modo che significavano più compassione al padre che rispetto e confidenza alla causa del figlio. Io avea capito anche troppo, anche quello che la pietà di quel giovane avea creduto opportuno di sottacere: fui tanto padrone di me da ritirarmi rasente il muro, rifiutando il soccorso di chi voleva porgermi il braccio. Ma giunto che fui a casa mi sopraggiunse un violento assalto di convulsione, prima ancora che potessi porgere quella notizia all'Aquilina, accomodando come avrei saputo meglio. Con un salasso, con qualche cordiale mi calmarono in modo che verso l'alba riebbi l'uso della parola; e allora, con quell'indifferenza che seppi maggiore, accagionai del mio male le fatiche esorbitanti del giorno prima, e aggiunsi che avea ricevuto notizie di Giulio e ch'egli era partito da Venezia per affari di qualche momento. Mia moglie mi credette, o finse credermi: ma verso mezzogiorno essendo capitata una lettera da Padova coi caratteri di Giulio essa l'aperse a mia insaputa, la lesse, e capitò poi nella mia camera con quel foglio in mano, gridando come una forsennata che le avevano ammazzato un altro figlio, ché certo lo avrebbero ammazzato!... La Pisana che in quei frangenti dimostrò assai maggior cuore che io non m'aspettassi, si mise intorno a sua madre, e poiché s'accorse che vaneggiava chiamò la cameriera, e la posero a letto anche lei. Poi dal capezzale di sua madre a quello del padre la vispa fanciulla fu per due buone settimane la più assidua e affettuosa infermiera che si potesse immaginare. Aveva torto a dire che l'amore è maestro di tutto; anche le disgrazie insegnano assai. La lettera di Giulio era del seguente tenore: “Padre mio! Tu avevi ragione: contro dieci contro venti si può ribattere un insulto, non contro una moltitudine; e vi sono certi momenti nella vita d'un popolo che ne rendon terribili i decreti. Io portai la pena della mia albagia e del mio sconsiderato disprezzo. Non potrò più vivere in quella patria che tanto amava, benché disperassi di vederla risorgere; essa si vendica del mio codardo abbattimento respingendomi dal suo seno appunto nell'istante che si raccoglie d'intorno tutti i suoi figliuoli a trionfo e a difesa. Padre mio, tu approverai, credo, la deliberazione d'un infelice che vuol ricompensare col proprio sangue la stima de' suoi fratelli. Vado a combattere, a morire forse, certo ad espiar fortemente un errore di cui pur troppo mi confesso colpevole. Conforta mia madre, dille che il rispetto al vostro nome come al mio m'imponeva di partire. Io non poteva rimanere in un paese dove pubblicamente fui chiamato traditore, spia! E dovetti ingoiar l'insulto e fuggire. Oh padre mio! la colpa fu grave; ma ben tremendo il castigo!... Ringrazio il cielo e la memoria delle tue parole, che mi preservarono dal ribellarmi al sopportar quella pena, consigliandomi di cercar la pace della coscienza in un glorioso pentimento, non il contentamento dell'orgoglio in una vendetta fratricida. Di rado avrete mie novelle perché voglio che il mio nome resti morto, finché non risuoni benedetto ed onorato sulle labbra di tutti. Addio addio; e mi consolo nella certezza dell'amor vostro del vostro perdono!”. Volete che ve lo dica? La lettura di questa lettera mi rimise l'anima in corpo; temeva assai peggio, e mi maravigliai meco stesso che un animo superbo e impetuoso come quello di Giulio si Tag: giulio casa contro padre assai giorno prima moglie troppo Argomenti: mezzo secolo, donna forte, tanto padrone, moglie secondo, vento pieno Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Novelle rusticane di Giovanni Verga Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Cosa fare finite le procedure di adozione dal canile Come essere un bravo casalingo Come truccarsi per le occasioni speciali Cosa fare all'arrivo di un cucciolo a casa Come scegliere il trucco della sposa
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