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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 213ha proprio bisogno di voi. Per quanto il cuore me lo avesse detto, credo che in quel punto fui per impazzire. La Pisana era il mio buon angelo; io la trovava dappertutto dove il destino sembrava avermi abbandonato nei maggiori pericoli; vincitrice in mio favore dello stesso destino. Ella si precipitò di furia fra le mie braccia, ma si ritrasse nel momento che io le chiudeva per istringermela al cuore. Mi prese poi le mani e si accontentò di porgermi la guancia a baciare. In quel punto dimenticai tutto; l'anima non visse che di quel bacio. — Carlo — cominciò ella a dirmi allora con voce interrotta dalla commozione — sono venuta a Napoli or sono sette mesi con licenza anzi dietro invito di vostra moglie. La signora Principessa aveva scritto in gran premura a Venezia se un tal Carlo Altoviti che stava accusato di alto tradimento in Castel Sant'Elmo fosse quello stesso da lei vent'anni prima conosciuto. Ne scrisse a me non conoscendo altri vostri parenti. Figuratevi come ci sentimmo a questa novella, io che da tre mesi aspettava indarno vostri scritti e pur troppo vi temeva involto o per volontà o per caso nella rivoluzione napoletana!... Avrei voluto partir subito, ma le convenienze mi trattennero. Mi apersi dunque con vostro cognato esponendogli che a mezzo di una potente protettrice io poteva a Napoli tentar molto per voi. Egli avrebbe voluto accompagnarmi, ma sua moglie, vostra sorella, era aggravata del suo male, e gli fu forza restare. Così mi fornì dei denari pel viaggio, ché già sapete come noi fossimo sempre al verde; ma prima di partire io pretesi da lui un altro servigio; volli che vedesse vostra moglie, che le raccontasse il tutto e che da lei mi venisse il permesso di adoperarmi per voi. L'Aquilina, poveretta, fu disperata di una tanta sciagura; ma che farci, mio Dio!... Colla miseria intorno, con due figliuoli garzonetti, col fratello quasi impotente, ella voleva tuttavia abbandonar tutto, e venir a soffrire, a morire con voi. Vostro cognato la dissuase mostrandole che il viaggio di lei non vi recherebbe nessun vantaggio, e molti invece la sua fermata pel vantaggio dei figli. Ella si rassegnò e fu beatissima di sapere come io m'esibiva a tentar ogni via di salvarvi, e mi confidava molto pei validi patrocinii che aveva. Venni qui; ogni vostra grazia la dovete alla graziosa intercessione della signora Principessa; ma perché Iddio ha voluto affliggervi d'un'altra sventura che non è in poter suo di alleggerirvi, eccomi qui io, che mi tengo superba della confidenza in me riposta da vostra moglie, e che vi sarò amica, guida se mi compatirete, e in ogni caso poi infermiere! — Pisana, voi siete troppo modesta — prese allora a dire la Principessa — le vostre intercessioni hanno potuto a Napoli tanto e quanto le mie. Se io ho piegato le volontà, voi avete saputo convincere i cuori. — Oh, tutte due voi siete le mie migliori benefattrici! — io sclamai. — La mia vita non avrà spazio bastante per provarvi se non altro a parole la mia riconoscenza. — Ci sono di troppo le cerimonie — soggiunse la Principessa. — Ora attendiamo a qualche cosa di più utile. Domani dovete partire per un lungo viaggio, e vi sarà necessario pensarvi a tempo onde nulla vi manchi. Infatti quell'ottima signora, benché la sua fortuna non fosse molto splendida, m'avea preparato un baule pieno di quanto poteva abbisognarmi; né a me rimase nulla a desiderare, eccettoché un modo qualunque per provarle la mia gratitudine. Ella si era adoperata molto in quel frattempo anche pei figliuoli del povero Martelli, dacché la vedova era morta non molti anni dopo l'eroico sacrifizio del marito. Ambidue avevano ricevuto ottima educazione; uno era già ingegnere molto stimato e l'altro navigava come sotto–capitano d'un bastimento mercantile. Prima di partire ebbi la consolazione di conoscer il primo e di ravvisare in lui il ritratto vivente del padre. Era stato anche lui involto negli ultimi rivolgimenti e assoggettato ad un processo, ma aveva potuto liberarsene, e la stima del paese gliene era anzi accresciuta di molto per la mirabile fermezza da lui in ogni incontro dimostrata. Il giorno appresso abbandonai con dispiacere quelle incantevoli spiagge di Napoli che pur m'erano state fatali due volte: non le potei salutare cogli occhi, ma il cuore armonizzò co' suoi palpiti l'inno mestissimo della partenza. Sapeva di non doverle più rivedere, e se io non moriva per loro, esse restavano come morte per me. Il mese appresso eravamo a Londra. Era il solo paese ove per allora mi fosse concesso di abitare; ma le condizioni nostre erano tali che là più che altrove ci sforzavano a penose privazioni. Il gran costo del vitto, la carezza delle pigioni, la mia malattia d'occhi che peggiorava sempre, la povertà alla quale ci accostavamo sempre più senza speranza di uscirne per alcun modo; tutto concorreva ad angustiarci pel presente ed a farci temere un futuro ancor più disastroso. La Pisana, poveretta, non era né più né meno d'una suora di carità. Lavorava per me notte e giorno e studiava l'inglese proponendosi di dare in seguito lezioni d'italiano e così provvedere al mio mantenimento. Ma intanto si spendeva troppo più che non si guadagnasse e in onta a medici ed a cure io era ridotto cieco affatto. Allora appunto, quando aspettavamo da Venezia un qualche soccorso, ci scrisse l'Aglaura che pochissimo poteva mandarci, perché Spiro coi due figliuoli ed ogni sua ricchezza avea fatto vela per la Grecia al primo grido di ribellione levato dai Mainotti. Ella stessa avea creduto suo debito d'incuorarli a ciò; soltanto per la cagionevole salute non avea potuto seguirli ed era rimasta a Venezia contenta, nelle sue strettezze e ne' suoi dolori, di pensare che erano tutti sacrifizi utili e dovuti alla santa causa d'un gran popolo oppresso. Così io mi compiacqui con lei e col cognato di tanta magnanimità ma scomparve l'ultima lusinga di ottenere qualche elemosina da quella banda. Quanto al credito colla Porta, non se ne parlava nemmeno, allora che Spiro le avea rotto guerra co' suoi compatrioti. Rimaneva di rivolgersi a Cordovado; ma colà voleva la delicatezza che fossimo più bugiardi per nascondere che sinceri per descrivere i nostri bisogni. L'Aquilina e Bruto si sarebbero cavati il sangue dalle vene per aiutar noi; ma per impedir appunto la rovina di loro e de' miei figli avevamo preso l'usanza di non raccontar loro altro che buone venture. Così della nostra estrema strettezza e della mia cecità sapevano nulla; e per coonestare l'assenza della Pisana e il mio carattere tanto infame quanto può esserlo quello d'un cieco che si sforza di scrivere, dava loro ad intender che io era occupatissimo, ed ella occupata molto utilmente presso una grande famiglia in qualità di aia, né premurosa di tornare perché sapeva essere più di peso che di vantaggio al marito dopo l'assistenza prestatagli dalla Clara. Intanto ella studiava tutti i mezzi per trarre qualche utile dal proprio lavoro; e sebbene sulle prime non avesse voluto stabilirsi nell'istessa casa con me, col crescer poi dell'infermità e del bisogno vi si era indotta. Vivevamo come fratelli, immemori affatto di quel tempo nel quale vincoli più soavi ci stringevano; e se io sbadatamente lo richiamava, tosto era sollecita la Pisana o a volger la cosa in burla o a stornar il discorso. Pur troppo ogni nostra lusinga era susseguita, si può dire, d'un disinganno. La Pisana con prodigiosa prestezza aveva imparato l'inglese, e lo parlava abbastanza correttamente; ma le aspettate lezioni non venivano punto e per brigare ch'ella facesse non aveva trovato che i figliuoli di qualche gramo mercantuccio cui insegnare l'italiano o il francese. Cercò allora aiutarsi col lavoro dei merli nei quali le donzelle veneziane erano al tempo andato maestre; ma benché ci guadagnasse discretamente in questa industria, la fatica era tanta che non poteva durarvi a lungo. Io mi perdeva le lunghe ore a ringraziarla di quanto la Tag: vostra troppo voluto napoli moglie due poteva tutto principessa Argomenti: alto tradimento, grande famiglia, napoli tanto, baule pieno, mirabile fermezza Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Corbaccio di Giovanni Boccaccio Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come scegliere il profumo giusto L'innesto della rosa Come essere un bravo casalingo Come curare il pelo del gatto Annodare e intrecciare un bracciale a spirale
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