Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 231

Testo di pubblico dominio

metteva in subbuglio o per un verso o per l'altro tutte le teste d'Europa. Giunsi a Napoli di Romania tre settimane dopo; e come diceva l'Aglaura, fu veramente un graditissimo spettacolo quello di vedere la baldanza e la sicurezza di un popolo che si avea tolto dal collo un giogo di quattro secoli, e portava impressi ancora sulla fronte la gioia e l'orgoglio del trionfo. Solamente continuava qualche malcontento per l'ingratitudine che il governo dimostrava ai vecchi capitani della guerra. Erano sì cervelli un po' caldi, più atti a infervorarsi sul campo di battaglia che ad assottigliare disquisizioni legali; ma non bisognava dimenticare i loro immensi servigi, e punirli di sì scusabili difetti colla prigione e coll'esiglio. Io faceva eco ai lamenti che movevano Spiro e Teodoro di cotali ingiustizie, ma Luciano me ne rimproverava come d'una inescusabile debolezza. Ogni arte, secondo lui, doveva tendere a' suoi fini senza piegare, senza patteggiare. Come durante la guerra si avea menato dei Turchi una strage inesorabile, né si badava alle delicature e ai mezzi termini dei Fanarioti; così, conquistata coll'indipendenza la pace, per assicurare al popolo quella vita calma ed ordinata che sola può render utile l'acquisto della libertà ed assicurarne per sempre l'esercizio, bisognava rintuzzare ogni causa d'inquietudine, e ridurre all'obbedienza quei poteri secondari che avevano cooperato validamente al buon esito della guerra, ma che allora inceppavano con assai danno l'azione del governo. Avevano arrischiato la vita sul campo per la salute della patria? Per l'egual ragione dovevano accontentarsi di perderla anche sul patibolo, se non si sentivano in grado di correggersi dalle loro turbolente abitudini. Logica più inesorabile di questa non si potrà trovare così facilmente; ma i ragionamenti senza pietà non possono vantarsi di esser perfetti secondo la logica umana, ed io li ascoltava con raccapriccio. Del resto Luciano era così affettuoso così compito con me, che quelle sue ciarle le attribuiva a vaghezza di contraddizione. Un giovane di ventiquattr'anni non poteva aver fitta in capo la logica di Cromwell e di Richelieu. Quanto al conte Capodistria mi parve un uomo contento discretamente di sé e più furbo che cattivo: non credo, come dice il suo manifesto, che soltanto per la gloria di Dio e pel vantaggio dei Greci egli avesse fatto violenza a se stesso per accettare la presidenza del governo, ma non credo del pari ch'egli aspirasse a farsi tiranno come Pisistrato. Serviva forse gli interessi della Russia, perché la Russia piucché ogni altra potenza aveva mire grandiose riguardo alla Grecia, e dalla comunanza di religione e di odio era portata a favorirla. Se egli avversò l'assunzione al trono di Leopoldo di Coburgo, candidato dell'Inghilterra, io non vi veggo delitto di sorta. Se tra l'Inghilterra e la Russia prediligeva quest'ultima poteva cento ragioni più che buone che cattive; e in ogni occasione io son disposto a diffidare dell'Inghilterra e ad approvare chi ne diffida, benché degli Inglesi uno per uno non possa dire che bene. La sposa di mio figlio, la quale dimorava allora presso il Conte con pompa quasi principesca, non poteva certo pretendere a gran vanto di bellezza. Io che ebbi sempre, e l'ho ancora malgrado lo scirocco della vecchiaia, una maledetta propensione per le belle donne, non ne fui alle prime gran fatto contento. Ma poi guardandola meglio, intravvidi quel calmo trasparire nel sorriso e negli occhi della bontà dell'animo che tien luogo perfin di bellezza. Non sarebbe stata una donna greca, ma una buona moglie; e così mi rappacificai con mio figlio perché s'avesse scelto per isposa la parente d'un mezzo principe. Ma bisogna convenire che l'Argenide era più impicciata che superba dal fasto che la circondava; e anche da questo rilevai un buon pronostico per la sua indole e per la felicità di Luciano. Le nozze furono celebrate con gran pompa; e siccome Luciano aveva buon nome fra i soldati, il conte Capodistria ne racquistò qualche popolarità. Credo anzi che nel concederla egli avesse in mente questo buon fine politico; ma Luciano aveva anche lui in mente i suoi fini, e non guardò pel sottile se ai proprii meriti o ad altre considerazioni del Presidente dovesse ascrivere quella fortuna. Io rimasi qualche tempo in Grecia visitando il paese e ammirando del pari e gli avanzi dell'antica grandezza, e i segni delle ultime devastazioni, monumenti di genere diverso ma che onoravano del pari quel poetico paese. Luciano non avrebbe voluto che partissi mai più, l'Argenide mi dimostrava una vera tenerezza figliale, il conte Capodistria accennava a voler far di me qualche cosa di grosso, un ministro delle Finanze o che so io. Ricordai allora sorridendo i sogni dorati dell'intendente Soffia, ma non beccai all'amo, e le lettere dell'Aquilina erano troppo pressanti perch'io non pensassi di tornare al più presto. Un crudele avvenimento fu che mi tolse di accondiscendere quando avrei voluto a questo mio desiderio. La salute dell'Aglaura, che anche in Grecia non si era mai raffermata, peggiorò in qualche settimana di sorte che si disperò della guarigione. La disperazione di Spiro, l'accoramento dei suoi figliuoli potevano essere intesi solamente da me, che perdeva in lei l'unica sorella, e la sola creatura che mi ricordasse la mia povera madre. Né cure né medicine né tridui valsero nulla. Ella spirò l'anima fra le mie braccia, mentre tre soldati tre eroi che avevano perigliato cento volte la vita contro le scimitarre degli Ottomani, si scioglievano in lagrime intorno al suo letto. Non era ancora assodata la terra che copriva il feretro di mia sorella, quando mi venne da Venezia un altro colpo terribile. Mio cognato scriveva che Donato era scomparso improvvisamente senza lasciar detto nulla, e senza che si sospettasse alcun motivo a quell'improvvisa partenza, sicché con ragione si temevano le peggiori disgrazie. L'Aquilina sembrava impazzita pel dolore e la mia presenza a Venezia era necessaria in quei terribili frangenti. Senza potersene far ragione egli conghietturava che Donato potesse essere involto nei torbidi che agitavano allora la Romagna, ma raccomandava di darmi fretta che forse prima del mio arrivo avrebbero saputo qualche cosa. Gli altri miei figliuoletti godevano ottima salute, e s'impazientivano di non veder più il loro papà, e di aver malata la mamma. Vi figurerete che non misi più tempo in mezzo. Accennai confusamente tanto a Luciano che agli altri ad un affare che mi chiamava tosto a Venezia, e m'imbarcai quel giorno stesso sopra un piroscafo francese che salpava per Ancona. Ma se fu angoscioso il viaggio pei tristi presentimenti che mi agitavano, fu ben peggiore l'arrivo. Giunsi ad Ancona proprio il ventisette marzo quando il general Armandi abbassava dinanzi agli Imperiali vinto ma non macchiato il vessillo della rivoluzione romagnuola. Dietro i vaghi sospetti di Bruto mi affrettai a chiedere a qualche ufficiale se conoscessero un certo Donato Altoviti, e se egli avesse preso parte a quei rivolgimenti. Alcuni dicevano di non conoscerlo, altri di sì; ma non potevano guarentire del nome: finalmente al Quartier generale fui accertato che un giovine veneziano di quel nome erasi inscritto nella Legione imolese, che aveva combattuto come un leone nello scontro di Rimini, e che colà era rimasto ferito due giorni prima. Corsi alla posta, e non v'erano cavalli perché tutti requisiti in servizio dell'esercito austriaco; uscii allora a piedi dalla porta, e fuori quattro miglia trovata la carretta d'un ortolano feci suo quanto danaro aveva indosso purché mi conducesse a Rimini in quel giorno stesso. Infatti vi giunsi che per tutto il viaggio avea tirato la carretta col fiato, e non ne poteva più. Cercai dell'Ospitale ma Donato non v'era e non ne avevano mai udito parlare; con quello struggimento d'animo che potete immaginarvi, mi rimisi in traccia di lui per quella brutta città che dallo spavento della

Tag: poteva    conte    ragione    vita    pari    tre    salute    altri    gran    

Argomenti: uomo contento,    crudele avvenimento,    piroscafo francese

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni
La via del rifugio di Guido Gozzano
Marocco di Edmondo De Amicis
Corbaccio di Giovanni Boccaccio
Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Il serpente del grano
Il pitone reale
Esperienze extracorporee OBE e viaggi astrali
L'energia vitale dei Chakra per l'equilibrio e il benessere
Il cardellino: caratteristiche e storia


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83   |    84   |    85   |    86   |    87   |    88   |    89   |    90   |    91   |    92   |    93   |    94   |    95   |    96   |    97   |    98   |    99   |    100   |    101   |    102   |    103   |    104   |    105   |    106   |    107   |    108   |    109   |    110   |    111   |    112   |    113   |    114   |    115   |    116   |    117   |    118   |    119   |    120   |    121   |    122   |    123   |    124   |    125   |    126   |    127   |    128   |    129   |    130   |    131   |    132   |    133   |    134   |    135   |    136   |    137   |    138   |    139   |    140   |    141   |    142   |    143   |    144   |    145   |    146   |    147   |    148   |    149   |    150   |    151   |    152   |    153   |    154   |    155   |    156   |    157   |    158   |    159   |    160   |    161   |    162   |    163   |    164   |    165   |    166   |    167   |    168   |    169   |    170   |    171   |    172   |    173   |    174   |    175   |    176   |    177   |    178   |    179   |    180   |    181   |    182   |    183   |    184   |    185   |    186   |    187   |    188   |    189   |    190   |    191   |    192   |    193   |    194   |    195   |    196   |    197   |    198   |    199   |    200   |    201   |    202   |    203   |    204   |    205   |    206   |    207   |    208   |    209   |    210   |    211   |    212   |    213   |    214   |    215   |    216   |    217   |    218   |    219   |    220   |    221   |    222   |    223   |    224   |    225   |    226   |    227   |    228   |    229   |    230   |    231   |    232   |    233   |    234   |    235   |    236   |    237   |    238   |    239   |    240   |    241   |    242   |    243   |    244   |    245   |    246   |    247   |    248   |    249   |    250   |    251   |    252   |    253   |    254   |    255 successiva ->