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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 200vedovo sconsolato ai primi passi nella selva selvaggia della vera vita militante e dolorosa. Ohimè, Pisana! quante lagrime sparsi per te! Quante lagrime di cui avrei vergognato come di una debolezza femminile allora; eppur adesso me ne glorio come d'una costanza che diede alla mia vita qualche impronta di grandezza e di virtù!... Tu fosti come l'onda che va e viene sul piede arenoso dello scoglio. Saldo come la rupe io t'attesi sempre; non mi sdegnai degli oltraggi, accolsi modestamente le carezze ed i baci. Il cielo a te avea dato la mutabilità della luna; a me la costanza del sole; ma gira e gira ogni luce s'incontra, si ripete, s'idoleggia, si confonde. E il sole e la luna nell'ultima quiete degli elementi s'adageranno eternamente rilucenti e concordi. Voli pindarici! Voli pindarici! Ma per nulla non si diedero l'ali alle rondini, il guizzo al baleno, ed alla mente umana la sublime istantaneità del pensiero. Sì, piansi molto allora e molto soffersi; ma aveva racquistato la pace della mia coscienza, e la purezza della mia fede. Piangeva e soffriva per gli altri; in me non sentiva né peccato né colpa. Ecco a mio giudizio una delle maggiori ingiustizie della natura a nostro riguardo; la coscienza per quanto pura e tranquilla non ha potenza di opporsi vittoriosamente alle immeritate afflizioni; soffriamo d'una nequizia altrui come d'un castigo. Lo sconforto, i dolori, l'avvilimento, le continue battaglie d'un'indole mite e sensibile con un destino avverso e rabbioso scossero profondamente la mia robusta salute. Conobbi allora esser vero che le passioni racchiudono in sé i primi germi di moltissime malattie che affliggono l'umanità. Dicevano i medici ch'era infiammazione di vene, o congestione del fegato; sapeva ben io cos'era, ma non mi stava il dirlo perché il male da me conosciuto era pur troppo incurabile. Vedeva da lontano la mia ora avvicinarsi lentamente minuto per minuto, battito per battito di polso. Il mio sorriso appariva rassegnato come di colui che non ha più speranze se non eterne, e a quelle affida colla sicurezza dell'innocenza l'anima sua. Perdonate, o stizzosi moralisti; vi sembrerà ch'io fossi inverso me assai largo di manica, come si dice. Ma pur troppo io m'avea composto di mio capo una regola assai diversa dalla vostra: pur troppo, secondo voi, puzzava d'eresia; scusate, ma tutto quello che non era stato male pegli altri non lo addebitava come male a me stesso; e se male avea commesso, ne era pentito a segno che m'abbandonava senza paura alla giustizia che non muore mai, e che giudicherà non delle vostre parole ma dei fatti. Voi avreste circondato il mio letto di catene sonanti di spettri e di demonii; vi assicuro ch'io non ci vidi altro che fantasmi benigni e velati d'una nebbia azzurra di celeste melanconia, angeli misteriosi che mestamente mi sorridevano, orizzonti profondi che s'aprivano allo spirito e nei quali senza perdersi lo spirito si effondeva, come la nuvola che si dirada a poco a poco ed empie leggiera e lucente tutti gli spazii interminati dell'etere. Io non avea veduto mai fino allora così vicina la morte; dirò meglio che non aveva avuto agio di contemplarla con tanta pacatezza. Non la trovai né schifosa né angosciosa né spaventevole. La rivedo adesso dopo tanti anni più vicina più certa. È ancora lo stesso volto ombrato da una nube di melanconia e di speranza; una larva arcana ma pietosa, una madre coraggiosa e inesorabile che mormora al nostro orecchio le fatali parole dell'ultima consolazione. Sarà aspettazione, sarà espiazione, o riposo; ma non saranno più le confuse e vane battaglie della vita. Onnipotente o cieco poserai nel grembo dell'eterna verità; se reo temi, se innocente spera e t'addormenta. Qual mai fu il sonno che non fu consolato da visioni?... La vita si ripete e si ricopia sempre. Il sonno d'una notte è la quiete e il ristoro d'un uomo; la morte di un uomo è un istante di sonno nell'umanità. M'avvicinava passo passo alla morte coi mesti conforti dell'Aglaura da un lato; col tardo ravvedimento di Spiro dall'altro, che non potea serbare la sua ostile diffidenza dinanzi all'imperturbabile serenità d'un moribondo. Dinanzi alle grandi ombre del sepolcro non vi sono né illusi né imbecilli; ognuno racquista tanta lucidità che basti a riverberargli in un terribile baleno le colpe e le virtù di tutta la vita. Chi posa gli occhi calmi e sicuri in quella notte senza fondo, sente e vede in se stesso la immagine purificata di Dio; egli non teme né le ricompense né le pene eterne, non paventa né i fluttuanti vortici del caos né gli abissi ineffabili del nulla. Convien dire che avessi scritta sulla mia fronte un'assai eloquente difesa, perché Spiro al solo guardarmi si commoveva fino alle lagrime; pure non aveva i nervi rammolliti dalla piagnoleria, e le greche fattezze del suo volto si componevano meglio alla rigidezza del giudice che alla vergogna e al pentimento del colpevole. Fu quello il primo premio che m'ebbi della mia costanza. Veder vinta dalla sola calma del mio aspetto, dalla tranquillità della voce, dalla limpidezza dello sguardo quell'anima di fuoco e d'acciaio, fu un vero trionfo. Egli né mi chiese perdono né io glielo diedi, ma ci intendemmo senza parola; le nostre mani si strinsero; e tornammo amici per malleveria della morte. I medici non parlavano dinanzi a me, ma io m'accorgeva appunto dal silenzio e dalla confusione dei pareri, che disperavano del mio male. Io m'ingegnava di usare alla meglio questi ultimi giorni col versare nell'anima di Spiro e di mia sorella l'esperienza della mia vita, col mostrar loro in qual modo s'eran venuti formando i miei sentimenti, e come l'amore, l'amicizia, l'amore della virtù e della patria eran venuti irrompendo confusamente, indi purificandosi a poco a poco, e sollevando l'anima mia. Vedeva allora le cose tanto chiare che precedetti, si può dire, una generazione; e lo dico senza superbia, le idee di Azeglio e di Balbo covavano in germe ne' miei discorsi d'allora. L'Aglaura piangeva, Spiro crollava il capo, i bambini mi guardavano sgomentiti e domandavano alla mamma perché lo zio aveva la voce così bassa, e voleva sempre dormire e non usciva mai dal letto. — Vegliare toccherà a voi, bambini! — io rispondeva sorridendo; indi volgendomi a Spiro — non temere, no; — continuava, — quello che ora veggo io, molti lo vedranno in appresso, e tutti da ultimo. La concordia dei pensieri mena alla concordia delle opere; e la verità non tramonta mai ma sale sempre verso il meriggio eterno. Ogni spirito veggente che sale lassù risplende a cento altri spiriti colla sua luce profetica! Spiro non si acquetava di cotali conforti; egli mi tastava il polso, mi osservava ansiosamente negli occhi come vi cercasse quell'intima cagione del mio male che ai medici era sfuggita. Finalmente un giorno che eravamo soli si diede animo e mi disse: — Carlo, in coscienza, confessati a me! Non puoi o non vuoi guarire? — Non posso, no, non posso! — io sclamai. In quel momento l'Aglaura entrò precipitosamente nella stanza, dicendomi che una persona, a me molto cara altre volte, voleva vedermi ad ogni costo. — Ch'ella entri, ch'ella entri! — io mormorai sbigottito dalla consolazione che mi veniva tanto improvvisa. Io vedeva attraverso le pareti, io leggeva nell'anima di colei che veniva a trovarmi; credo che ebbi paura di quel lampo quasi sovrumano di chiaroveggenza e che temetti di mancare al rifluir repentino di tanto impeto di vita. La Pisana entrò senza vedere senza cercare altri che me. Mi si gettò colle braccia al collo senza pianto senza voce; il suo respiro affannoso, i suoi occhi impietrati e sporgenti fuori dalle orbite mi dicevano tutto. Oh, vi sono momenti che la memoria sente ancora e sentirà sempre quasiché fossero eterni, ma non può né esaminarli né descriverli. Se poteste entrare nella lieve e aerea fiammolina d'un rogo che si spegne e immaginare cos'ella prova al riversarsi sopra di lei d'una ondata di Tag: vita male spiro sempre morte poco altri troppo spirito Argomenti: tanto impeto, debolezza femminile, piede arenoso, sublime istantaneità, destino avverso Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Intrichi d'amore di Torquato Tasso L'amore che torna di Guido da Verona La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Turismo Dentale Il pitone reale Esperienze extracorporee OBE e viaggi astrali Il cardellino: caratteristiche e storia Madrid, la regina della "movida"
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