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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 131che tu hai tenuto in bocca già è cotanto.” Egli credendoselo, quantunque gravissima pena sostenuta avesse e molto se ne ramaricasse, pur, poi che fuor n'era, gli parve esser guerito: e con una cosa e con altra riconfortato, essendo la pena alleviata, s'uscì della camera. La donna, preso il dente, tantosto al suo amante il mandò: il quale già certo del suo amore sé a ogni suo piacere offerse apparecchiato. La donna, disiderosa di farlo più sicuro e parendole ancora ogni ora mille che con lui fosse, volendo quello che proferto gli avea attenergli, fatto sembiante d'essere inferma e essendo un dì appresso mangiare da Nicostrato visitata, non veggendo con lui altro che Pirro, il pregò per alleggiamento della sua noia che aiutar la dovessero a andare infino nel giardino. Per che Nicostrato dall'un de' lati e Pirro dall'altro presala, nel giardin la portarono e in un pratello a piè d'un bel pero la posarono: dove stati alquanto sedendosi, disse la donna, che già avea fatto informar Pirro di ciò che avesse a fare: “Pirro, io ho gran disidero d'avere di quelle pere, e però montavi suso e gittane giù alquante.” Pirro, prestamente salitovi, cominciò a gittar giù delle pere: e mentre le gittava cominciò a dire: “Eh, messere, che è ciò che voi fate? e voi, madonna, come non vi vergognate di sofferirlo in mia presenza? credete voi che io sia cieco? Voi eravate pur testé così forte malata: come siete voi sì tosto guerita, che voi facciate tali cose? le quali se pur far volete, voi avete tante belle camere: perché non in alcuna di quelle a far queste cose ve n'andate? e sarà più onesto che farlo in mia presenza!” La donna rivolta al marito disse: “Che dice Pirro? farnetica egli?” Disse allora Pirro: “Non farnetico no, madonna: non credete voi che io veggia?” Nicostrato si maravigliava forte, e disse: “Pirro, veramente io credo che tu sogni.” Al quale Pirro rispose: “Signor mio, non sogno né mica, né voi anche non sognate, anzi vi dimenate ben sì, che se così si dimenasse questo pero, egli non ce ne rimarrebbe sù niuna.” Disse la donna allora: “Che può questo essere? potrebbe egli esser vero che gli paresse vero ciò ch'e' dice? Se Dio mi salvi, se io fossi sana come io fui già, che io vi sarrei suso per vedere che maraviglie sieno queste che costui dice che vede.” Pirro di 'n sul pero pur diceva e continuava queste novelle; al quale Nicostrato disse: “Scendi giù”, e egli scese; a cui egli disse: “Che di' tu che vedi?” Disse Pirro: “Io credo che voi m'abbiate per ismemorato o per trasognato: vedeva voi addosso alla donna vostra, poi pur dir mel conviene; e poi discendendo, io vi vidi levare e porvi costi dove voi siete a sedere.” “Fermamente” disse Nicostrato “eri tu in questo smemorato, ché noi non ci siamo, poi che in sul pero salisti, punto mossi se non come tu vedi.” Al quale Pirro disse: “Perché ne facciam noi quistione? Io vi pur vidi; e se io vi vidi, io vi vidi in sul vostro.” Nicostrato più ognora si maravigliava, tanto che egli disse: “Ben vo' vedere se questo pero è incantato e che chi v'è sù vegga le maraviglie!” e montovvi sù; sopra il quale come egli fu, la donna insieme con Pirro s'incominciarono a sollazzare; il che Nicostrato veggendo cominciò a gridare: “Ahi rea femina, che è quel che tu fai? e tu, Pirro, di cui io più mi fidava?” e così dicendo cominciò a scender del pero. La donna e Pirro dicevan: “Noi ci seggiamo”; e lui veggendo discendere a seder si tornarono in quella guisa che lasciati gli avea. Come Nicostrato fu giù e vide costoro dove lasciati gli avea, così lor cominciò a dir villania. Al quale Pirro disse: “Nicostrato, ora veramente confesso io che, come voi diciavate davanti, che io falsamente vedessi mentre fui sopra il pero; né a altro il conosco se non a questo, che io veggio e so che voi falsamente avete veduto. E che io dica il vero, niuna altra cosa vel mostri se non l'aver riguardo e pensare a che ora la vostra donna, la quale è onestissima e più savia che altra, volendo di tal cosa farvi oltraggio, si recherebbe a farlo davanti agli occhi vostri; di me non vo' dire, che mi lascerei prima squartare che io il pur pensassi, non che io il venissi a fare in vostra presenzia. Per che di certo la magagna di questo trasvedere dee procedere del pero; per ciò che tutto il mondo non m'avrebbe fatto discredere che voi qui non foste con la vostra donna carnalmente giaciuto, se io non udissi dire a voi che egli vi fosse paruto che io facessi quello che io so certissimamente che io non pensai, non che io facessi mai.” La donna appresso, che quasi tutta turbata s'era levata in piè, cominciò a dire: “Sia con la mala ventura, se tu m'hai per sì poco sentita, che, se io volessi attendere a queste tristezze che tu di' che vedevi, io le venissi a fare dinanzi agli occhi tuoi. Sii certo di questo, che, qualora volontà me ne venisse, io non verrei qui, anzi mi crederei sapere essere in una delle nostre camere in guisa e in maniera che gran cosa mi parrebbe che tu il risapessi già mai.” Nicostrato, al quale vero parea ciò che dicea l'uno e l'altro, che essi quivi dinanzi a lui mai a tale atto non si dovessero esser condotti, lasciate stare le parole e le riprensioni di tal maniera, cominciò a ragionare della novità del fatto e del miracolo della vista che così si cambiava a chi sù vi montava. Ma la donna, che della opinione che Nicostrato mostrava d'avere avuta di lei si mostrava turbata, disse: “Veramente questo pero non ne farà mai più niuna, né a me né a altra donna, di queste vergogne, se io potrò; e per ciò, Pirro, corri e va e reca una scure e a un'ora te e me vendica tagliandolo, come che molto meglio sarebbe a dar con essa in capo a Nicostrato, il quale senza considerazione alcuna così tosto si lasciò abbagliar gli occhi dello 'ntelletto: ché, quantunque a quegli che tu hai in testa paresse ciò che tu di', per niuna cosa dovevi nel giudicio della tua mente comprendere o consentir che ciò fosse.” Pirro prestissimo andò per la scure e tagliò il pero: il quale come la donna vide caduto, disse verso Nicostrato: “Poscia che io veggio abbattuto il nemico della mia onestà, la mia ira è ita via”; e a Nicostrato, che di ciò la pregava, benignamente perdonò, imponendogli che più non gli avvenisse di presummere, di colei che più che sé l'amava, una così fatta cosa già mai. Così il misero marito schernito con lei insieme e col suo amante nel palagio se ne tornarono, nel quale poi molte volte Pirro di Lidia e ella di lui con più agio presero piacere e diletto. Dio ce ne dea a noi.– 10 Due sanesi amano una donna comare dell'uno: muore il compare e torna al compagno secondo la promessa fattagli e raccontagli come di là si dimori. Restava solamente al re il dover novellare; il quale, poi che vide le donne racchetate, che del pero tagliato che colpa avuta non avea si dolevano, incominciò: –Manifestissima cosa è che ogni giusto re primo servatore dee essere delle leggi fatte da lui, e se altro ne fa, servo degno di punizione e non re si dee giudicare: nei quale peccato e riprensione a me, che vostro re sono, quasi costretto cader conviene. Egli è il vero che io ieri la legge diedi a' nostri ragionamenti fatti oggi con intenzione di non voler questo dì il mio privilegio usare ma soggiacendo con voi insieme a quella, di quello ragionare che voi tutti ragionato avete. Ma egli non solamente è stato ragionato quello che io imaginato avea di raccontare, ma sonsi sopra quello tante altre cose e molto più belle dette, che io per me, quantunque la memoria ricerchi, ramentar non mi posso né conoscere che io intorno a sì fatta materia dir potessi cosa che alle dette s'appareggiasse. E per ciò, dovendo peccare nella legge da me medesimo fatta, sì come degno di punigione infino a ora a ogni ammenda che comandata mi fia mi proffero apparecchiato, e al mio privilegio usitato mi tornerò. E Tag: donna pero vero vostra fatto essere dire fare cose Argomenti: misero marito, compagno secondo, servo degno, privilegio usitato Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il colore del tempo di Federico De Roberto Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare i massaggi ai gatti Pelle profonda da non trascurare Come riconoscere i sintomi di una gravidanza Come affrontare con fiducia un colloquio di lavoro in azienda Tutti abbiamo bisogno di un ritocchino a volte
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