Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 59

Testo di pubblico dominio

da morte, ché lui gli era provato che aveva ucciso, e co' fratelli il pacefica; e poi saviamente con la sua donna si gode. Già si taceva Fiammetta lodata da tutti, quando la reina, per non perder tempo, prestamente a Emilia commise il ragionare; la quale incominciò: –A me piace nella nostra città ritornare, donde alle due passate piacque di dipartirsi, e come un nostro cittadino la sua donna perduta racquistasse mostrarvi. Fu adunque in Firenze un nobile giovane il cui nome fu Tedaldo degli Elisei, il quale d'una donna, monna Ermellina chiamata e moglie d'uno Aldobrandino Palermini, innamorato oltre misura per li suoi laudevoli costumi, meritò di godere del suo disiderio. Al qual piacere la fortuna, nemica de' felici, s'oppose: per ciò che, qual che la cagion si fosse, la donna, avendo di sé a Tedaldo compiaciuto un tempo, del tutto si tolse dal volergli più compiacere, né a non volere non solamente alcuna sua ambasciata ascoltare ma veder in alcuna maniera: di che egli entrò in fiera malinconia e ispiacevole, ma sì era questo suo amor celato, che della sua malinconia niuno credeva ciò essere la cagione. E poi che egli in diverse maniere si fu molto ingegnato di racquistare l'amore che senza sua colpa gli pareva aver perduto, e ogni fatica trovando vana, a doversi dileguar del mondo, per non far lieta colei, che del suo male era cagione, di vederlo consumar, si dispose. E presi quegli denari che aver poté, segretamente, senza far motto a amico o a parente, fuor che a un suo compagno il quale ogni cosa sapea, andò via e pervenne a Ancona, Filippo di San Lodeccio faccendosi chiamare; e quivi con un ricco mercatante accontatosi, con lui si mise per servidore e in su una sua nave con lui insieme n'andò in Cipri. I costumi del quale e le maniere piacquero sì al mercatante, che non solamente buon salario gli assegnò ma il fece in parte suo compagno, oltre a ciò gran parte de' suoi fatti mettendogli tra le mani: li quali esso fece sì bene e con tanta sollecitudine, che esso in pochi anni divenne buono e ricco mercatante e famoso. Nelle quali faccende, ancora che spesso della sua crudel donna si ricordasse e fieramente fosse da amor trafitto e molto disiderasse di rivederla, fu di tanta constanza che sette anni vinse quella battaglia. Ma avvenne che, udendo egli un dì in Cipri cantare una canzone già da lui stata fatta, nella quale l'amore che alla sua donna portava e ella a lui e il piacere che di lei aveva si raccontava, avvisando questo non dover potere essere che ella dimenticato l'avesse, in tanto disidero di rivederla s'accese, che, più non potendo soffrir, si dispose a tornare a Firenze. E, messa ogni sua cosa in ordine, se ne venne con un suo fante solamente a Ancona; dove essendo ogni sua roba giunta, quella ne mandò a Firenze a alcuno amico dell'ancontano suo compagno, e egli celatamente, in forma di pellegrino che dal Sepolcro venisse, col fante suo se ne venne appresso; e in Firenze giunti, se ne andò a uno alberghetto di due fratelli che vicino era alla casa della sua donna. Né prima andò in altra parte che davanti alla casa di lei, per vederla se potesse; ma egli vide le finestre e le porti e ogni cosa serrata, di che egli dubitò forte che morta non fosse o di quindi mutatasi. Per che, forte pensoso, verso la casa de' fratelli se n'andò, davanti la quale vide quatro suoi fratelli tutti di nero vestiti, di che egli si maravigliò molto: e conoscendosi in tanto trasfigurato e d'abito e di persona da quello che esser soleva quando si partì, che di leggier non potrebbe essere stato riconosciuto, sicuramente s'accostò a un calzolaio e domandollo perché di nero fossero vestiti coloro. Al quale il calzolaio rispose: “Coloro sono di nero vestiti per ciò che non sono quindici dì che un lor fratello che di gran tempo non c'era stato, che avea nome Tedaldo, fu ucciso: e parmi intendere che egli abbiano provato alla corte che uno che ha nome Aldobrandino Palermini, il quale è preso, l'uccidesse, per ciò che egli voleva bene alla moglie e eraci tornato sconosciuto per esser con lei.” Maravigliossi forte Tedaldo che alcuno in tanto il somigliasse, che fosse creduto lui, e della sciagura d'Aldobrandin gli dolfe. E avendo sentito che la donna era viva e sana, essendo già notte, pieno di varii pensieri se ne tornò all'albergo; e poi che cenato ebbe insieme col fante suo quasi nel più alto della casa fu messo a dormire. Quivi, sì per li molti pensieri che lo stimolavano e sì per la malvagità del letto e forse per la cena ch'era stata magra, essendo già la metà della notte andata, non s'era ancor potuto Tedaldo adormentare: per che, essendo desto, gli parve in su la mezzanotte sentire d'in su il tetto della casa scender nella casa persone, e appresso per le fessure dell'uscio della camera vide là sù venire un lume. Per che, chetamente alla fessura accostatosi, cominciò a guardare che ciò volesse dire; e vide una giovane assai bella tener questo lume, e verso lei venir tre uomini che del tetto quivi eran discesi; e dopo alcuna festa insieme fattasi, disse l'uno di loro alla giovane: “Noi possiamo, lodato sia Idio, oggimai star sicuri, per ciò che noi sappiamo fermamente che la morte di Tedaldo Elisei è stata provata da' fratelli addosso a Aldobrandin Palermini, e egli l'ha confessata e già è scritta la sentenzia: ma ben si vuol nondimeno tacere, per ciò che, se mai si risapesse che noi fossimo stati, noi saremmo a quel medesimo pericolo che è Aldobrandino.” E questo detto con la donna, che forte di ciò si mostrò lieta, se ne scesono e andarsi a dormire. Tedaldo, udito questo, cominciò a riguardare quanti e quali fossero gli errori che potevano cadere nelle menti degli uomini, prima pensando a' fratelli che uno strano avevan pianto e sepellito in luogo di lui, e appresso lo innocente per falsa suspizione accusato e con testimoni non veri averlo condotto a dover morire, e oltre a ciò la cieca severità delle leggi e de' rettori, li quali assai volte, quasi solleciti investigatori delli errori, incrudelendo fanno il falso provare, e sé ministri dicono della giustizia e di Dio, dove sono della iniquità e del diavolo essecutori. Appresso questo alla salute d'Aldobrandino il pensier volse e seco ciò che a fare avesse compose. E come levato fu la mattina, lasciato il suo fante, quando tempo gli parve, solo se n'andò verso la casa della sua donna. E per ventura trovata la porta aperta, entrò dentro e vide la sua donna sedere in terra in una saletta terrena che ivi era, e era tutta piena di lagrime e d'amaritudine; e quasi per compassione ne lagrimò, e avvicinatolesi disse: “Madonna, non vi tribolate: la vostra pace è vicina.” La donna, udendo costui, levò alto il viso e piangendo disse: “Buon uomo, tu mi pari un pellegrin forestiere: che sai tu di pace o di mia afflizione?” Rispose allora il pellegrino: “Madonna, io son di Constantinopoli e giungo testé qui mandato da Dio a convertir le vostre lagrime in riso e a liberare da morte il vostro marito.” “Come, “ disse la donna “se tu di Constantinopoli se' e giugni pur testé qui, sai tu chi mio marito o io ci siamo?” Il pellegrino, di capo fattosi, tutta la istoria dell'angoscia d'Aldobrandino raccontò e a lei disse chi ella era, quanto tempo stata maritata e altre cose assai, le quali egli molto ben sapeva, de' fatti suoi. Di che la donna si maravigliò forte e avendolo per uno profeta gli s'inginocchiò a' piedi, per Dio pregandolo che, se per la salute d'Aldobrandino era venuto, che egli s'avacciasse per ciò che il tempo era brieve. Il pellegrino, mostrandosi molto santo uomo, disse: “Madonna, levate sù e non piagnete e attendete bene a quello che io vi dirò, e guarderetevi bene di mai a alcun non ridirlo. Per quello che Idio mi riveli, la tribulazione la qual voi avete n'è per un peccato, il quale voi commetteste già, avvenuta, il quale Domenedio ha voluto in parte purgare con questa noia, e vuol del tutto che per

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Argomenti: ricco mercatante,    malinconia niuno,    medesimo pericolo

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