Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 84

Testo di pubblico dominio

Malagevole, compagni di Pasquino che sopravenuti erano, un giudice, senza dare indugio alla cosa, si mise a essaminarla del fatto; e non potendo comprendere costei in questa cosa avere operata malizia né esser colpevole, volle, lei presente, vedere il morto corpo e il luogo e 'l modo da lei raccontatogli, per ciò che per le parole di lei nol comprendeva assai bene. Fattola adunque senza alcun tumulto colà menare dove ancora il corpo di Pasquino giaceva gonfiato come una botte, e egli appresso andatovi, maravigliatosi del morto, lei domandò come stato era. Costei, al cesto della salvia accostatasi e ogni precedente istoria avendo raccontata, per pienamente dargli a intendere il caso sopravenuto, così fece come Pasquino avea fatto, una di quelle foglie di salvia fregatasi a' denti. Le quali cose mentre che per lo Stramba e per l'Atticciato e per gli altri amici e compagni di Pasquino sì come frivole e vane in presenzia del giudice erano schernite, e con più instanzia la sua malvagità accusata, niuna altra cosa per lor domandandosi se non che il fuoco fosse di così fatta malvagità punitore, la cattivella, che dal dolore del perduto amante e dalla paura della dimandata pena dallo Stramba ristretta stava e per l'aversi la salvia fregata a' denti, in quel medesimo accidente cadde che prima caduto era Pasquino, non senza gran maraviglia di quanti eran presenti. O felici anime, alle quali in un medesimo dì adivenne il fervente amore e la mortal vita terminare! e più felici, se insieme a un medesimo luogo n'andaste! e felicissime, se nell'altra vita s'ama e voi v'amate come di qua faceste! Ma molto più felice l'anima della Simona innanzi tratto, quanto è al nostro giudicio che vivi dietro a lei rimasi siamo, la cui innocenzia non patì la fortuna che sotto la testimonianza cadesse dello Stramba e dell'Atticiato e del Malagevole, forse scardassieri o più vili uomini, più onesta via trovandole con pari sorte di morte al suo amante a svilupparsi dalla loro infamia e a seguitar l'anima tanto da lei amata del suo Pasquino. Il giudice, quasi tutto stupefatto dell'accidente insieme con quanti ve n'erano, non sappiendo che dirsi, lungamente soprastette; poi, in miglior senno rivenuto, disse: “Mostra che questa salvia sia velenosa, il che della salvia non suole avvenire. Ma acciò che ella alcuno altro offender non possa in simil modo, taglisi infino alle radici e mettasi nel fuoco.” La qual cosa colui che del giardino era guardiano in presenza del giudice faccendo, non prima abbattuto ebbe il gran cesto in terra, che la cagione della morte de' due miseri amanti apparve. Era sotto il cesto di quella salvia una botta di maravigliosa grandezza, dal cui venenifero fiato avvisarono quella salvia esser velenosa divenuta. Alla qual botta non avendo alcuno ardire d'appressarsi, fattale dintorno una stipa grandissima, quivi insieme con la salvia l'arsero: e fu finito il processo di messer lo giudice sopra la morte di Pasquin cattivello. Il quale insieme con la sua Simona, così enfiati com'erano, dallo Stramba e dall'Atticciato e da Guccio Imbratta e dal Malagevole furono nella chiesa di San Paolo sepelliti, della quale per avventura erano popolani. 8 Girolamo ama la Salvestra: va costretto, a' prieghi della madre, a Parigi; torna e truovala maritata; entrale di nascoso in casa e muorle allato; e portato in una chiesa muore la Salvestra allato a lui. Aveva la novella d'Emilia il fine suo, quando per comandamento del re Neifile così cominciò: –Alcuni, al mio giudicio, valorose donne, sono li quali più che l'altre genti si credon sapere e sanno meno; e per questo non solamente a' consigli degli uomini ma ancora contra la natura delle cose presummono d'opporre il senno loro; della quale presunzione già grandissimi mali sono avvenuti e alcun bene non se ne vide giammai. E per ciò che tra l'altre naturali cose quella che meno riceve consiglio o operazione in contrario è amore, la cui natura è tale che più tosto per se medesimo consumar si può che per avvedimento alcun torre via, m'è venuto nell'animo di narrarvi una novella d'una donna la quale, mentre che ella cercò d'esser più savia che a lei non s'apparteneva e che non era e ancor che non sostenea la cosa in che studiava mostrare il senno suo, credendo dello innamorato cuor trarre amore, il qual forse v'avevano messo le stelle, pervenne a cacciare a un'ora amore e l'anima del corpo al figliuolo. Fu adunque nella nostra città, secondo che gli antichi raccontano, un grandissimo mercatante e ricco, il cui nome fu Leonardo Sighieri, il quale d'una sua donna un figliuolo ebbe chiamato Girolamo, appresso la natività del quale, acconci i suoi fatti ordinatamente, passò di questa vita. I tutori del fanciullo insieme con la madre di lui bene e lealmente le sue cose guidarono. Il fanciullo, crescendo co' fanciulli degli altri suoi vicini, più che con alcuno altro della contrada con una fanciulla del tempo suo, figliuola d'un sarto, si dimesticò; e venendo più crescendo l'età, l'usanza si convertì in amore tanto e sì fiero, che Girolamo non sentiva ben se non tanto quanto costei vedeva: e certo ella non amava men lui che da lui amata fosse. La madre del fanciullo, di ciò avvedutasi, molte volte ne gli disse male e nel gastigò; e appresso co' tutori di lui, non potendosene Girolamo rimanere, se ne dolfe, e come colei che si credeva per la gran ricchezza del figliuolo fare del pruno un melrancio disse loro: “Questo nostro fanciullo, il quale appena ancora non ha quattordici anni, è sì innamorato d'una figliuola d'un sarto nostra vicina, che ha nome la Salvestra, che, se noi dinanzi non gliele leviamo, per avventura egli la si prenderà un giorno, senza che alcuno il sappia, per moglie, e io non sarò mai poscia lieta, o egli si consumerà per lei se a altrui la vedrà maritare; e per ciò mi parrebbe che, per fuggir questo, voi il doveste in alcuna parte mandare lontano di qui ne' servigi del fondaco, per ciò che, dilungandosi da veder costei, ella gli uscirà dell'animo e potrengli poscia dare alcuna giovane ben nata per moglie.” I tutori dissero che la donna parlava bene e che essi ciò farebbero a lor potere: e fattosi chiamare il fanciullo nel fondaco, gl'incominciò l'uno a dire assai amorevolmente: “Figliuol mio, tu se' ogimai grandicello: egli è ben fatto che tu incominci tu medesimo a vedere de' fatti tuoi; per che noi ci contenteremmo molto che tu andassi a stare a Parigi alquanto, dove gran parte della tua ricchezza vedrai come si traffica, senza che tu diventerai molto migliore e più costumato e più da bene là che qui non faresti, veggendo quei signori e quei baroni e quei gentili uomini che vi sono assai e de' lor costumi apprendendo; poi te ne potrai qui venire.” Il garzone ascoltò diligentemente e in brieve rispose niente volerne fare, per ciò che egli credeva così bene come un altro potersi stare a Firenze. I valenti uomini, udendo questo, ancora con più parole il riprovarono; ma non potendo trarne altra risposta alla madre il dissero. La quale fieramente di ciò adirata, non del non volere egli andare a Parigi ma del suo innamoramento, gli disse una gran villania; e poi, con dolci parole raumiliandolo, lo incominciò a lusingare e a pregar dolcemente che gli dovesse piacere di far quello che volevano i suoi tutori; e tanto gli seppe dire, che egli acconsentì di dovervi andare a stare uno anno e non più: e così fu fatto. Andato adunque Girolamo a Parigi fieramente innamorato, d'oggi in doman ne verrai, vi fu due anni tenuto; donde più innamorato che mai tornatosene, trovò la sua Salvestra maritata a un buon giovane che faceva le trabacche, di che egli fu oltre misura dolente. Ma pur, veggendo che altro essere non poteva s'ingegnò di darsene pace: e spiato là dove ella stesse a casa, secondo l'usanza de' giovani innamorati incominciò a passare davanti a lei, credendo che ella non avesse lui dimenticato se non come egli aveva lei: ma l'opera stava in

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