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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 77

Testo di pubblico dominio

che aveva de' parenti della donna vi si condusse: e disse a costui dove voleva esser menato, e come il menasse era contento. Costui, avendol già tutto unto di mele e empiuto di sopra di penna matta e messagli una catena in gola e una maschera in capo e datogli dall'una mano un gran bastone e dall'altra due gran cani che dal macello avea menati, mandò uno al Rialto che bandisse che chi volesse veder l'agnol Gabriello andasse in su la piazza di San Marco: e fu lealtà viniziana questa. E questo fatto, dopo alquanto il menò fuori e miseselo innanzi, e andandol tenendo per la catena di dietro, non senza gran romore di molti, che tutti dicean: “Che sé quel? che sé quel?”, il condusse in su la Piazza, dove, tra quegli che venuti gli eran dietro e quegli ancora che, udito il bando, dal Rialto venuti v'erano, erano gente senza fine. Questi là pervenuto, in luogo rilevato e alto legò il suo uom salvatico a una colonna, sembianti faccendo d'attender la caccia; al quale le mosche e' tafani, per ciò che di mele era unto, davan grandissima noia. Ma poi che costui vide la Piazza ben piena, faccendo sembiante di volere scatenare il suo uom salvatico, a frate Alberto trasse la maschera dicendo: “Signori, poi che il porco non viene alla caccia, e non si fa, acciò che voi non siate venuti invano, io voglio che voi veggiate l'agnolo Gabriello, il quale di cielo in terra discende la notte a consolare le donne viniziane.” Come la maschera fu fuori, così fu frate Alberto incontanente da tutti conosciuto; contra al quale si levaron le grida di tutti, dicendogli le più vituperose parole e la maggior villania che mai a alcun ghiotton si dicesse, e oltre a questo per lo viso gittandogli chi una lordura e chi un'altra. E così grandissimo spazio il tennero, tanto che, per ventura la novella a' suoi frati pervenuta, infino a sei di loro mossisi quivi vennero, e gittatagli una cappa indosso e scatenatolo, non senza grandissimo romor dietro, infino a casa loro nel menarono, dove, incarceratolo, dopo misera vita si crede che egli morisse. Così costui, tenuto buono e male adoperando, non essendo creduto, ardì di farsi l'agnolo Gabriello, e di questo in uom salvatico convertito, a lungo andare, come meritato avea, vituperato senza pro pianse i peccati commessi. Così piaccia a Dio che a tutti gli altri possa intervenire.– 3 Tre giovani amano tre sorelle e con loro si fuggono in Creti: la maggiore per gelosia il suo amante uccide; la seconda concedendosi al duca di Creti scampa da morte la prima, l'amante della quale l' uccide e con la prima si fugge; ènne incolpato il terzo amante con la terza sirocchia e presi il confessano; e per tema di morire con moneta la guardia corrompono e fuggonsi poveri a Rodi; e in povertà quivi muoiono. Filostrato, udita la fine del novellar di Pampinea, sovra se stesso alquanto stette e poi disse verso di lei:–Un poco di buono e che mi piacque fu nella fine della vostra novella; ma troppo più vi fu innanzi a quella da ridere, il che avrei voluto che stato non vi fosse–; poi alla Lauretta voltato disse:–Donna, seguite appresso con una migliore, se esser può.–La Lauretta ridendo disse:–Troppo siete contro agli amanti crudele, se pur malvagio fine disiderate di loro; e io, per ubidirvi, ne racconterò una di tre li quali igualmente mal capitarono, poco de' loro amori essendo goduti.–E così detto, incominciò: –Giovani donne, sì come voi apertamente potete conoscere, ogni vizio può in gravissima noia tornar di colui che l'usa e molte volte d'altrui. E tra gli altri che con più abandonate redine ne' nostri pericoli ne trasporta, mi pare che l'ira sia quello; la quale niuna altra cosa è che un movimento subito e inconsiderato, da sentita tristizia sospinto, il quale, ogni ragion cacciata e gli occhi della mente avendo di tenebre offuscati, in ferventissimo furore accende l'anima nostra. E come che questo sovente negli uomini avvenga, e più in uno che in un altro, nondimeno già con maggior danni s'è nelle donne veduto, per ciò che più leggiermente in quelle s'accende e ardevi con fiamma più chiara e con meno rattenimento le sospigne. Né è di ciò maraviglia, per ciò che, se raguardar vorremo, vedremo che il fuoco di sua natura più tosto nelle leggieri e morbide cose s'apprende, che nelle dure e più gravanti; e noi pur siamo (non l'abbiano gli uomini a male) più dilicate che essi non sono e molto più mobili. Laonde, veggendoci naturalmente a ciò inchinevoli, e appresso raguardato come la nostra mansuetudine e benignità sia di gran riposo e di piacere agli uomini co' quali a costumare abbiamo, e così l'ira e il furore essere di gran noia e di pericolo, acciò che da quella con più forte petto ci guardiamo l'amor di tre giovani e d'altrettante donne, come di sopra dissi, per l'ira d'una di loro di felice essere divenuti infelicissimi intendo con la mia novella mostrarvi. Marsilia, sì come voi sapete, è in Provenza sopra la marina posta, antica e nobilissima città, e già fu di ricchi uomini e di gran mercatanti più copiosa che oggi non si vede; tra' quali ne fu un chiamato N'Arnald Civada, uomo di nazione infima ma di chiara fede e leal mercatante, senza misura di possessioni e di denari ricco, il quale d'una sua donna avea più figliuoli, de' qua tre n'erano femine e eran di tempo maggiori che gli altri che maschi erano. Delle quali le due, nate a un corpo, erano d'età di quindici anni, la terza avea quattordici; ne altro s'attendeva per li loro parenti a maritarle che la tornata di N'Arnald, il qual con sua mercatantia era andato in Ispagna. Erano i nomi delle due prime, dell'una Ninetta e dell'altra Magdalena; la terza era chiamata Bertella. Della Ninetta era un giovane gentile uomo, avvegna che povero fosse, chiamato Restagnone, innamorato quanto più potea, e la giovane di lui; e sì avevan saputo adoperare, che, senza saperlo alcuna persona del mondo, essi godevano del loro amore. E già buona pezza goduti n'erano, quando avvenne che due giovani compagni, de' quali l'uno era chiamato Folco e l'altro Ughetto, morti i padri loro e essendo rimasi ricchissimi, l'un della Magdalena e l'altro della Bertella s'innamorarono. Della qual cosa avvedutosi Restagnone, essendogli stato dalla Ninetta mostrato, pensò di potersi ne' suoi difetti adagiare per lo costoro amore, e con lor presa dimestichezza, or l'uno e or l'altro e talvolta amenduni gli accompagnava a vedere le lor donne e la sua. E quando dimestico assai e amico di costoro esser gli parve, un giorno in casa sua chiamatigli, disse loro: “Carissimi giovani, la nostra usanza vi può aver renduti certi quanto sia l'amore che io vi porto, e che io per voi adopererei quello che io per me medesimo adoperassi; e per ciò che io molto v'amo, quello che nell'animo caduto mi sia intendo di dimostrarvi, e voi appresso con meco insieme quel partito ne prenderemo che vi parrà il migliore. Voi, se le vostre parole non mentono, e per quello ancora che ne' vostri atti e di dì e di notte mi pare aver compreso, di grandissimo amore delle due giovani amate da voi ardete, e io della terza loro sorella; al quale ardore, ove voi vi vogliate accordare, mi dà il cuore di trovare assai dolce e piacevole rimedio, il quale è questo. Voi siete ricchissimi giovani, quello che non sono io: dove voi vogliate recare le vostre ricchezze in uno e me fare terzo posseditore con voi insieme di quelle e diliberare in che parte del mondo noi vogliamo andare a vivere in lieta vita con quelle, senza alcun fallo mi dà il cuor di fare che le tre sorelle, con gran parte di quello del padre loro, con essonoi dove noi andar ne vorremo ne verranno; e quivi ciascun con la sua, a guisa di tre fratelli, viver potremo li più contenti uomini che altri che al mondo sieno. A voi omai sta il prender partito in volervi di ciò consolare, o lasciarlo.” Li due giovani, che oltre modo ardevano, udendo che le lor giovani avrebbono, non penar troppo a diliberarsi ma dissero, dove questo

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Argomenti: forte petto,    malvagio fine,    terzo posseditore

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