Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 125

Testo di pubblico dominio

e ella comandò alla fante che andasse a aprire a messer Lambertuccio; la quale apertogli, e egli, nella corte smontato d'un suo pallafreno e quello appiccato ivi a uno arpione, se ne salì suso. La donna, fatto buon viso e venuta infino in capo della scala, quanto più poté in parole lietamente il ricevette e domandollo quello che egli andasse faccendo. Il cavaliere, abbracciatala e basciatala, disse: “Anima mia, io intesi che vostro marito non c'era, sì ch'io mi son venuto a stare alquanto con essolei.” E dopo queste parole entratisene in camera e serratisi dentro, cominciò messer Lambertuccio a prender diletto di lei. E così con lei standosi, tutto fuori della credenza della donna avvenne che il marito di lei tornò: il quale quando la fante vicino al palagio vide, così subitamente corse alla camera della donna e disse: “Madonna, ecco messer che torna: io credo che egli sia già giù nella corte.” La donna, udendo questo e sentendosi aver due uomini in casa (e conosceva che il cavaliere non si poteva nascondere per lo suo pallafreno che nella corte era), si tenne morta; nondimeno, subitamente gittatasi del letto in terra prese partito e disse a messer Lambertuccio: “Messere, se voi mi volete punto di bene e voletemi da morte campare, farete quello che io vi dirò. Voi vi recherete in mano il vostro coltello ignudo e con un mal viso e tutto turbato ve n'andrete giù per le scale e andrete dicendo: ‘Io fo boto a Dio che io il coglierò altrove’; e se mio marito vi volesse ritenere o di niente vi domandasse, non dite altro che quello che detto v'ho, e montato a cavallo per niuna cagione seco ristate.” Messer Lambertuccio disse che volentieri; e tirato fuori il coltello, tutto infocato nel viso tra per la fatica durata e per l'ira avuta della tornata del cavaliere, come la donna gl'impose così fece. Il marito della donna, già nella corte smontato, maravigliandosi del pallafreno e volendo sù salire, vide messer Lambertuccio scendere e maravigliossi e delle parole e del viso di lui e disse: “Che è questo, messere?” Messer Lambertuccio, messo il piè nella staffa e montato sù, non disse altro se non: “Al corpo di Dio, io il giugnerò altrove” e andò via. Il gentile uomo montato sù trovò la donna sua in capo della scala tutta sgomentata e piena di paura; alla quale egli disse: “Che cosa è questa? cui va messer Lambertuccio così adirato minacciando?” La donna, tiratasi verso la camera acciò che Leonetto l'udisse, rispose: “Messere, io non ebbi mai simil paura a questa. Qua entro si fuggì un giovane, il quale io non conosco e che messer Lambertuccio col coltello in man seguitava, e trovò per ventura questa camera aperta e tutto tremante disse: ‘Madonna, per Dio aiutatemi, ché io non sia nelle braccia vostre morto!’ Io mi levai diritta, e come il voleva domandare chi fosse e che avesse, e ecco messer Lambertuccio venir sù dicendo: ‘Dove se', traditore?’ Io mi parai in su l'uscio della camera: e volendo egli entrar dentro, il ritenni, e egli in tanto fu cortese, che, come vide che non mi piaceva che egli qua entro entrasse, dette molte parole, se ne venne giù come voi vedeste.” Disse allora il marito: “Donna, ben facesti: troppo ne sarebbe stato gran biasimo se persona fosse stata qua entro uccisa; e messer Lambertuccio fece gran villania a seguitar persona che qua entro fuggita fosse.” Poi domandò dove fosse quel giovane. La donna rispose: “Messere, io non so dove egli si sia nascosto.” Il cavaliere allora disse: “Ove se' tu? Esci fuori sicuramente.” Leonetto, che ogni cosa udita avea, tutto pauroso, come colui che paura aveva avuta da dovero, uscì fuori del luogo dove nascoso s'era. Disse allora il cavaliere: “Che hai tu a fare con messer Lambertuccio?” Il giovane rispose: “Messere, niuna cosa che sia in questo mondo, e per ciò io credo fermamente che egli non sia in buon senno, o che egli m'abbia colto in iscambio: per ciò che, come poco lontano da questo palagio nella strada mi vide, così mise mano al coltello e disse: ‘Traditor, tu se' morto!’ Io non mi posi a domandare per che ragione ma quanto potei cominciai a fuggire e qui me ne venni, dove, mercé di Dio e di questa gentil donna, scampato sono.” Disse allora il cavaliere: “Or via, non aver paura alcuna; io ti porrò a casa tua sano e salvo, e tu poi sappi far cercar quello che con lui hai a fare.” E, come cenato ebbero, fattol montare a cavallo a Firenze il ne menò e lasciollo a casa sua; il quale, secondo l'amaestramento della donna avuto, quella sera medesima parlò con messer Lambertuccio occultamente e sì con lui ordinò, che, quantunque poi molte parole ne fossero, mai per ciò il cavalier non s'accorse della beffa fattagli dalla moglie.– 7 Lodovico discuopre a madonna Beatrice l'amore il quale egli le porta: la qual manda Egano suo marito in un giardino in forma di sé e con Lodovico si giace; il quale poi levatosi va e bastona Egano nel giardino. Questo avvedimento di madonna Isabella da Pampinea raccontato fu da ciascun della brigata tenuto maraviglioso; ma Filomena, alla quale il re imposto aveva che secondasse, disse: –Amorose donne, se io non ne sono ingannata, io ve ne credo uno non men bello raccontare, e prestamente. Voi dovete sapere che in Parigi fu già un gentile uomo fiorentino, il quale per povertà divenuto era mercatante e eragli sì bene avvenuto della mercatantia, che egli n'era fatto ricchissimo; e avea della sua donna un figliuol senza più, il quale egli aveva nominato Lodovico. E perché egli alla nobiltà del padre e non alla mercatantia si traesse, non l'aveva il padre voluto mettere a alcun fondaco ma l'avea messo a essere con altri gentili uomini al servigio del re di Francia, là dove egli assai di be' costumi e di buone cose aveva apprese. E quivi dimorando, avvenne che certi cavalieri li quali tornati erano dal Sepolcro, sopravvegnendo a un ragionamento di giovani, nel quale Lodovico era, e udendogli fra sé ragionare delle belle donne di Francia e d'Inghilterra e d'altre parti del mondo, cominciò l'un di loro a dir che per certo di quanto mondo egli aveva cerco e di quante donne vedute aveva mai, una simigliante alla moglie d'Egano de' Galluzzi di Bologna, madonna Beatrice chiamata, veduta non avea di bellezza: a che tutti i compagni suoi, che con lui insieme in Bologna l'avean veduta, s'accordarono. La qual cosa ascoltando Lodovico, che d'alcuna ancora inamorato non s'era, s'accese in tanto disidero di doverla vedere, che a altro non poteva tenere il suo pensiere; e del tutto disposto d'andare infino a Bologna a vederla e quivi ancora dimorare se ella gli piacesse, fece veduta al padre che al Sepolcro voleva andare: il che con gran malagevolezza ottenne. Postosi adunque nome Anichino, a Bologna pervenne; e, come la fortuna volle, il dì seguente vide questa donna a una festa e troppo più bella gli parve assai che stimato non avea: per che, inamoratosi ardentissimamente di lei, propose di mai di Bologna non partirsi se egli il suo amore non acquistasse. E seco divisando che via dovesse a ciò tenere, ogn'altro modo lasciando stare, avvisò che, se divenir potesse famigliar del marito di lei, il qual molti ne teneva, per avventura gli potrebbe venir fatto quel che egli disiderava. Venduti adunque i suoi cavalli e la sua famiglia acconcia in guisa che stava bene, avendo lor comandato che sembiante facessero di non conoscerlo, essendosi accontato coll'oste suo, gli disse che volentier per servidore d'un signore da bene, se alcun ne potesse trovare, starebbe; al quale l'oste disse: “Tu se' dirittamente famiglio da dovere esser caro a un gentile uomo di questa terra che ha nome Egano, il qual molti ne tiene e tutti gli vuole appariscenti come tu se' : io ne gli parlerò.” E come disse così fece; e avanti che da Egano si partisse, ebbe con lui acconcio Anichino; il che, quanto più poté esser, gli fu caro. E con Egano dimorando e avendo copia di vedere assai

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