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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 176nella padella gli metteva, sì come ammaestrate erano state cominciarono a prendere de' più begli e a gittare su per la tavola davanti al re e al conte Guido e al padre. Questi pesci su per la mensa guizzavano, di che il re aveva maraviglioso piacere; e similmente egli prendendo di questi alle giovani cortesemente gli gittava indietro, e così per alquanto spazio cianciarono, tanto che il famigliare quello ebbe cotto che dato gli era stato; il qual, più per uno intramettere che per molto cara o dilettevol vivanda avendol messer Neri ordinato, fu messo davanti al re. Le fanciulle, veggendo il pesce cotto e avendo assai pescato, essendosi tutto il bianco vestimento e sottile loro appiccato alle carni né quasi cosa alcuna del dilicato lor corpo celando, usciron del vivaio; e ciascuna le cose recate avendo riprese, davanti al re vergognosamente passando, in casa se ne tornarono. Il re e 'l conte e gli altri, che servivano, avevano molto queste giovinette considerate, e molto in se medesimo l'avea lodate ciascuno per belle e per ben fatte, e oltre a ciò per piacevoli e per costumate; ma sopra a ogn'altro erano al re piaciute, il quale sì attentamente ogni parte del corpo loro aveva considerata, uscendo esse dell'acqua, che chi allora l'avesse punto non si sarebbe sentito. E più a loro ripensando, senza saper chi si fossero né come, si sentì nel cuore destare un ferventissimo disidero di piacer loro, per lo quale assai ben conobbe sé divenire innamorato se guardia non se ne prendesse; né sapeva egli stesso qual di lor due si fosse quella che più gli piacesse, si era di tutte cose l'una simiglievole all'altra. Ma poi che alquanto fu sopra questo pensier dimorato, rivolto a messer Neri il domandò chi fossero le due damigelle; a cui messer Neri rispose: “Monsignore, queste son mie figliuole a un medesimo parto nate, delle quali l'una ha nome Ginevra la bella e l'altra Isotta la bionda.” A cui il re le commendò molto, confortandolo a maritarle: dal che messer Neri, per più non poter, si scusò. E in questo, niuna cosa fuor che le frutte restando a dar nella cena, vennero le due giovinette in due giubbe di zendado bellissime, con due grandissimi piattelli d'argento in mano pieni di varii frutti, secondo che la stagion portava, e quegli davanti al re posarono sopra la tavola. E questo fatto, alquanto indietro tiratesi, cominciarono a cantare un suono le cui parole cominciano: Là ov'io son giunto, Amore, non si poria contare lungamente, con tanta dolcezza e sì piacevolmente, che al re, che con diletto le riguardava e ascoltava, pareva che tutte le gerarcie degli angeli quivi fossero discese a cantare; e quel detto, inginocchiatesi, reverentemente commiato domandarono dal re, il quale, ancora che la lor partita gli gravasse, pure in vista lietamente il diede. Finita adunque la cena e il re co' suoi compagni, rimontati a cavallo e messer Neri lasciato, ragionando d'una cosa e d'altra al reale ostiere se ne tornarono. Quivi, tenendo il re la sua affezion nascosa né per grande affare che sopravvenisse potendo dimenticar la bellezza e la piacevolezza di Ginevra la bella, per amor di cui la sorella a lei simigliante ancora amava, sì nell'amorose panie s'invescò, che quasi a altro pensar non poteva: e altre cagioni dimostrando, con messer Neri teneva una stretta dimestichezza e assai sovente il suo bel giardin visitava per vedere la Ginevra. E già più avanti sofferir non potendo e essendogli, non sappiendo altro modo vedere, nel pensier caduto di dover non solamente l'una ma amendune le giovinette al padre torre, e il suo amore e la sua intenzione fé manifesta al conte Guido. Il quale, per ciò che valente uomo era, gli disse: “Monsignore, io ho gran maraviglia di ciò che voi mi dite, e tanto ne l'ho maggiore che un altro non avrebbe, quanto mi par meglio dalla vostra fanciullezza infino a questo dì avere i vostri costumi conosciuti che alcun altro. E non essendomi paruto già mai nella vostra giovanezza, nella quale Amor più leggiermente doveva i suoi artigli ficcare, aver tal passion conosciuta, sentendovi ora che già siete alla vecchiezza vicino, m'è sì nuovo e sì strano che voi per amore amiate, che quasi un miracol mi pare. E se a me di ciò cadesse il riprendervi, io so bene ciò che io ve ne direi, avendo riguardo che voi ancora siete con l'arme indosso nel regno nuovamente acquistato, tra nazion non conosciuta e piena d'inganni e di tradimenti, e tutto occupato di grandissime sollicitudini e d'alto affare, né ancora vi siete potuto porre a sedere: e intra tante cose abbiate fatto luogo al lusinghevole amore. Questo non è atto di re magnanimo anzi d'un pusillanimo giovinetto. E oltre a questo, che è molto peggio, dite che diliberato avete di torre le due figliuole al povero cavaliere il quale in casa sua oltre al poter suo v'ha onorato, e per più onorarvi quelle quasi ignude v'ha dimostrate, testificando per quello quanta sia la fede che egli ha in voi, e che esso fermamente creda voi essere re e non lupo rapace. Ora èvvi così tosto della memoria caduto le violenze fatte alle donne da Manfredi avervi l'entrata aperta in questo regno? qual tradimento si commise già mai più degno d'eterno supplicio, che saria questo, che voi a colui che v'onora togliate il suo onore e la sua speranza e la sua consolazione? che si direbbe di voi se voi il faceste? Voi forse estimate che sufficiente scusa fosse il dire: ‘Io il feci per ciò che egli è ghibellino’. Ora è questa della giustizia del re, che coloro che nelle lor braccia ricorrono in cotal forma, chi che essi si sieno, in così fatta guisa si trattino? Io vi ricordo, re, che grandissima gloria v'è aver vinto Manfredi, ma molto maggiore è se medesimo vincere; e per ciò voi, che avete gli altri a correggere, vincete voi medesimo e questo appetito raffrenate, né vogliate con così fatta macchia ciò che gloriosamente acquistato avete guastare.” Queste parole amaramente punsero l'animo del re e tanto più l'afflissero quanto più vere le conoscea; per che, dopo alcun caldo sospiro, disse: “Conte, per certo ogn'altro nimico, quantunque forte, estimo che sia al bene ammaestrato guerriere assai debole e agevole a vincere a rispetto del suo medesimo appetito; ma quantunque l'affanno sia grande e la forza bisogni inestimabile, sì m'hanno le vostre parole spronato, che conviene, avanti che troppi giorni trapassino, che io vi faccia per opera vedere che, come io so altrui vincere, così similmente so a me medesimo soprastare.” Né molti giorni appresso a queste parole passarono che tornato il re a Napoli, sì per torre a sé materia d'operar vilmente alcuna cosa e sì per premiare il cavaliere dello onore ricevuto da lui, quantunque duro gli fosse il fare altrui possessor di quello che egli sommamente per sé disiderava, nondimen si dispose di voler maritare le due giovani, e non come figliuole di messer Neri ma come sue. E con piacer di messer Neri, magnificamente dotatele, Ginevra la bella diede a messer Maffeo da Palizzi e Isotta la bionda a messer Guiglielmo della Magna, nobili cavalieri e gran baron ciascuno; e loro assegnatele, con dolore inestimabile in Puglia se n'andò, e con fatiche continue tanto e si macerò il suo fiero appetito, che, spezzate e rotte l'amorose catene, per quanto viver dovea libero rimase da tal passione. Saranno forse di quei che diranno piccola cosa essere a un re l'aver maritate duo giovinette, e io il consentirò; ma molto grande e grandissima la dirò, se diremo un re innamorato questo abbia fatto, colei maritando cui egli amava senza aver preso o pigliare del suo amore fronda o fiore o frutto. Così adunque il magnifico re operò, il nobile cavaliere altamente premiando, l'amate giovinette laudevolmente onorando e se medesimo fortemente vincendo.– 7 Il re Piero, sentito il fervente amore portatogli dalla Lisa inferma, lei conforta e appresso a un gentil giovane la marita; e lei nella fronte basciata, sempre poi si dice suo Tag: medesimo due amore tanto aver assai parole conte appetito Argomenti: alquanto spazio, dolore inestimabile, povero cavaliere, bianco vestimento, medesimo parto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Orfeo di Angelo Poliziano Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerta capodanno alle Hawaii Passaggio Pedonale di Breslavia Le Bahamas meta di un sogno Come gestire una serena convivenza Affrontare una gravidanza da adolescente
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