Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 191

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antiveder le future è da' solenni uomini senno grandissimo riputato. Noi, come voi sapete, domane saranno quindici dì, per dovere alcun diporto pigliare a sostentamento della nostra santà e della vita, cessando le malinconie e' dolori e l'angosce, le quali per la nostra città continuamente, poi che questo pistolenzioso tempo incominciò, si veggono, uscimmo di Firenze; il che, secondo il mio giudicio, noi onestamente abbiam fatto, per ciò che, se io ho saputo ben riguardare, quantunque liete novelle e forse attrattive a concupiscenzia dette ci sieno e del continuo mangiato e bevuto bene e sonato e cantato (cose tutte da incitare le deboli menti a cose meno oneste), niuno atto, niuna parola, niuna cosa né dalla vostra parte né dalla nostra ci ho conosciuta da biasimare: continua onestà, continua concordia, continua fraternal dimestichezza mi ci è paruta vedere e sentire; il che senza dubbio in onore e servigio di voi e di me m'è carissimo. E per ciò, acciò che per troppa lunga consuetudine alcuna cosa che in fastidio si convertisse nascer non ne potesse, e perché alcuno la nostra troppo lunga dimoranza gavillar non potesse, e avendo ciascun di noi la sua giornata avuta la sua parte dell'onore che in me ancora dimora, giudicherei, quando piacer fosse di voi, che convenevole cosa fosse omai il tornarci là onde ci partimmo. Senza che, se voi ben riguardate, la nostra brigata, già da più altre saputa da torno, per maniera potrebbe multiplicare che ogni nostra consolazion ci torrebbe; e per ciò, se voi il mio consiglio approvate, io mi serverò la corona donatami per infino alla nostra partita, che intendo che sia domattina; ove voi altramente diliberaste, io ho già pronto cui per lo dì seguente ne debbia incoronare.– I ragionamenti furon molti tralle donne e tra' giovani, ma ultimamente presero per utile e per onesto il consiglio del re e così di fare diliberarono come egli aveva ragionato: per la qual cosa esso, fattosi il siniscalco chiamare, con lui del modo che a tenere avesse nella seguente mattina parlò e, licenziata la brigata infino all'ora della cena, in piè si levò. Le donne e gli altri levatisi, non altramenti che usati si fossero, chi a un diletto e chi a un altro si diede; e l'ora della cena venuta, con sommo piacere furono a quella; e dopo quella a cantare e a sonare e a carolare cominciarono; e menando la Lauretta una danza, comandò il re alla Fiammetta che dicesse una canzone; la quale assai piacevolemente così incominciò a cantare: S'amor venisse senza gelosia, io non so donna nata lieta com'io sarei e qual vuol sia. Se gaia giovanezza in bello amante dee donna appagare, o pregio di virtute o ardire o prodezza, senno, costumi o ornato parlare o leggiadrie compiute, io son colei per certo in cui salute, essendo innamorata, tutte le veggio en la speranza mia. Ma per ciò ch'io m'aveggio che altre donne savie son com'io, io triemo di paura, e pur credo il peggio: di quello avviso en l'altre esser disio ch'a me l'anima fura. E così quel'che m'è somma ventura mi fa isconsolata sospirar forte e stare in vita ria. Se io sentissi fede nel mio signor quant'io sento valore gelosa non sarei: ma tanto se ne vede, pur che sia chi inviti l'amadore, ch'io gli ho tutti per rei. Questo m'acuora, e volentier morrei, e di chiunque il guata sospetto e temo non nel porti via. Per Dio, dunque, ciascuna donna pregata sia che non s'attenti di farmi in ciò oltraggio; ché, se ne fia nessuna che con parole o cenni o blandimenti in questo in mio dannaggio cerchi o procuri, s'io il risapraggio, se io non sia svisata, piagner farolle amara tal follia. Come la Fiammetta ebbe la sua canzon finita, così Dioneo, che allato l'era, ridendo disse:–Madonna, voi fareste una gran cortesia a farlo cognoscere a tutte, acciò che per ignoranzia non vi fosse tolta la possessione, poi che così ve ne dovete adirare.–Appresso questa, se cantaron più altre; e già essendo la notte presso che mezza, come al re piacque, tutti s'andarono a riposare. E come il nuovo giorno apparve, levati, avendo già il siniscalco via ogni lor cosa mandata, dietro alla guida del discreto re verso Firenze si ritornarono; e i tre giovani, lasciate le sette donne in Santa Maria Novella, donde con loro partiti s'erano, da esse accommiatatosi, a' loro altri piaceri attesero, e esse, quando tempo lor parve, se ne tornarono alle lor case. Conclusione dell'autore Nobilissime giovani, a consolazion delle quali io a così lunga fatica messo mi sono, io mi credo, aiutantemi la divina grazia, sì come io avviso, per li vostri pietosi prieghi non già per li miei meriti, quello compiutamente aver fornito che io nel principio della presente opera promisi di dover fare: per la qual cosa Idio primieramente e appresso voi ringraziando, è da dare alla penna e alla man faticata riposo. Il quale prima che io le conceda, brievemente a alcune cosette, le quali forse alcuna di voi o altri potrebbe dire (con ciò sia cosa che a me paia esser certissimo queste non dovere avere spezial privilegio più che l'altre cose, anzi non averlo mi ricorda nel principio della quarta giornata aver mostrato), quasi a tacite quistion mosse di rispondere intendo. Saranno per avventura alcune di voi che diranno che io abbia nello scriver queste novelle troppa licenzia usata, sì come in fare alcuna volta dire alle donne e molto spesso ascoltare cose non assai convenienti né a dire né a ascoltare a oneste donne. La qual cosa io nego, per ciò che niuna sì disonesta n'è, che, con onesti vocaboli dicendola, si disdica a alcuno: il che qui mi pare assai convenevolmente bene aver fatto. Ma presuppognamo che così sia, ché non intendo di piatir con voi, che mi vincereste. Dico a rispondere perché io abbia ciò fatto assai ragion vengon prontissime. Primieramente se alcuna cosa in alcuna n'è, la qualità delle novelle l'hanno richesta, le quali se con ragionevole occhio da intendente persona fian riguardate, assai aperto sarà conosciuto, se io quelle della lor forma trar non avessi voluto, altramenti raccontar non poterlo. E se forse pure alcuna particella è in quella, alcuna paroletta più liberale che forse a spigolistra donna non si conviene, le quali più le parole pesan che' fatti e più d'apparer s'ingegnan che d'esser buone, dico che più non si dee a me esser disdetto d'averle scritte che generalmente si disdica agli uomini e alle donne di dir tutto dì ‘foro’ e ‘caviglia’ e ‘mortaio’ e ‘pestello’ e ‘salsiccia’ e ‘mortadello’ , e tutto pien di simiglianti cose. Sanza che alla mia penna non dee essere meno d'auttorità conceduta che sia al pennello del dipintore, il quale senza alcuna riprensione, o almen giusta, lasciamo stare che egli faccia a san Michele ferire il serpente con la spada o con la lancia e a san Giorgio il dragone dove gli piace, ma egli fa Cristo maschio e Eva femina, e a Lui medesimo, che volle per la salute della umana generazione sopra la croce morire, quando con un chiovo e quando con due i piè gli conficca in quella. Appresso assai ben si può cognoscere queste cose non nella chiesa, delle cui cose e con animi e con vocaboli onestissimi si convien dire, quantunque nelle sue istorie d'altramenti fatte che le scritte da me si truovino assai; né ancora nelle scuole de' filosofanti dove l'onestà non meno che in altra parte è richesta, dette sono; né tra cherici né tra filosofi in alcun luogo ma ne' giardini, in luogo di sollazzo, tra persone giovani benché mature e non pieghevoli per novelle, in tempo nel quale andar con le brache in capo per iscampo di sé era alli più onesti non disdicevole, dette sono. Le quali, chenti che elle si sieno, e nuocere e giovar possono, sì come possono tutte l'altre cose, avendo riguardo all'ascoltatore. Chi non sa ch'è il vino ottima cosa a' viventi, secondo Cinciglione e Scolaio e assai altri, e a colui che ha la febbre è nocivo? direm noi, per ciò che nuoce a'

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