Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 74

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che quello che di Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani medesime il faranno. Or via, va con le femine a spander le lagrime, e incrudelendo, con un medesimo colpo, se così ti par che meritato abbiamo, uccidi.” Conobbe il prenze la grandezza dell'animo della sua figliuola ma non credette per ciò in tutto lei sì fortemente disposta a quello che le parole sue sonavano, come diceva; per che, da lei partitosi e da sé rimosso di volere in alcuna cosa nella persona di lei incrudelire, pensò con gli altrui danni raffreddare il suo fervente amore, e comandò a' due che Guiscardo guardavano che senza alcun romore lui la seguente notte strangolassono; e trattogli il cuore a lui il recassero. Li quali, così come loro era stato comandato, così operarono. Laonde, venuto il dì seguente, fattasi il prenze venire una grande e bella coppa d'oro e messo in quella il cuor di Guiscardo, per un suo segretissimo famigliare il mandò alla figliuola e imposegli che quando gliele desse dicesse: “Il tuo padre ti manda questo per consolarti di quella cosa che tu più ami, come tu hai lui consolato di ciò che egli più amava.” Ghismunda, non smossa dal suo fiero proponimento, fattesi venire erbe e radici velenose, poi che partito fu il padre, quelle stillò e in acqua redusse, per presta averla se quello di che ella temeva avvenisse. Alla quale venuto il famigliare e col presento e con le parole del prenze, con forte viso la coppa prese; e quella scoperchiata, come il cuor vide e le parole intese, così ebbe per certissimo quello essere il cuor di Guiscardo; per che, levato il viso verso il famigliar, disse: “Non si convenia sepoltura men degna che d'oro a così fatto cuore chente questo è: discretamente in ciò ha il mio padre adoperato.” E così detto, appressatoselo alla bocca, il basciò, e poi disse: “In ogni cosa sempre e infino a questo stremo della vita mia ho verso me trovato tenerissimo del mio padre l'amore, ma ora più che già mai; e per ciò l'ultime grazie, le quali render gli debbo già mai, di così gran presento, da mia parte gli renderai.” Questo detto, rivolta sopra la coppa la quale stretta teneva, il cuor riguardando disse: “Ahi! dolcissimo albergo di tutti i miei piaceri, maladetta sia la crudeltà di colui che con gli occhi della fronte or mi ti fa vedere! Assai m'era con quegli della mente riguardarti a ciascuna ora. Tu hai il tuo corso fornito, e di tale chente la fortuna tel concedette ti se' spacciato: venuto se' alla fine alla qual ciascun corre: lasciate hai le miserie del mondo e le fatiche e dal tuo nemico medesimo quella sepoltura hai che il tuo valore ha meritata. Niuna cosa ti mancava a aver compiute essequie, se non le lagrime di colei la qual tu vivendo cotanto amasti; le quali acciò che tu l'avessi, pose Idio nell'animo al mio dispietato padre che a me ti mandasse, e io le ti darò, come che di morire con gli occhi asciutti e con viso da niuna cosa spaventato proposto avessi; e dateleti, senza alcuno indugio farò che la mia anima si congiugnerà con quella, adoperandol tu, che tu già tanto cara guardasti. E con qual compagnia ne potre' io andar più contenta o meglio sicura a' luoghi non conosciuti che con lei? Io son certa che ella è ancora quincentro e riguarda i luoghi de' suoi diletti e de' miei e, come colei che ancora son certa che m'ama, aspetta la mia dalla quale sommamente è amata.” E così detto, non altramenti che se una fonte d'acqua nella testa avuta avesse, senza fare alcun feminil romore, sopra la coppa chinatasi piagnendo cominciò a versar tante lagrime, che mirabile cosa furono a riguardare, basciando infinite volte il morto cuore. Le sue damigelle, che da torno le stavano, che cuore questo si fosse o che volesson dir le parole di lei non intendevano, ma da compassion vinte tutte piagnevano e lei pietosamente della cagion del suo pianto domandavano invano e molto più, come meglio sapevano e potevano, s'ingegnavano di confortarla. La qual poi che quanto le parve ebbe pianto, alzato il capo e rasciuttisi gli occhi, disse: “O molto amato cuore, ogni mio uficio verso te è fornito, né più altro mi resta a fare se non di venire con la mia anima a fare alla tua compagnia.” E questo detto, si fé dare l'orcioletto nel quale era l'acqua che il dì davanti aveva fatta, la quale mise nella coppa ove il cuore era da molte delle sue lagrime lavato; e senza alcuna paura postavi la bocca, tutta la bevve e bevutala con la coppa in mano se ne salì sopra il suo letto, e quanto più onestamente seppe compose il corpo suo sopra quello e al suo cuore accostò quello del morto amante: e senza dire alcuna cosa aspettava la morte. Le damigelle sue, avendo queste cose e vedute e udite, come che esse non sapessero che acqua quella fosse la quale ella bevuta aveva, a Tancredi ogni cosa avean mandato a dire; il qual, temendo di quello che sopravenne, presto nella camera scese della figliuola, nella qual giunse in quella ora che essa sopra il suo letto si pose; e tardi con dolci parole levatosi a suo conforto, veggendo ne' termini ne' quali era, cominciò dolorosamente a piagnere. Al quale la donna disse: “Tancredi, serbati coteste lagrime a meno disiderata fortuna che questa, né a me le dare, che non le disidero. Chi vide mai alcuno altro che te piagnere di quello che egli ha voluto? Ma pure, se niente di quello amore che già mi portasti ancora in te vive, per ultimo don mi concedi che, poi a grado non ti fu che io tacitamente e di nascoso con Guiscardo vivessi, che 'l mio corpo col suo, dove che tu te l'abbi fatto gittare, morto palese stea.” L'angoscia del pianto non lasciò rispondere al prenze; laonde la giovane, al suo fine esser venuta sentendosi, strignendosi al petto il morto cuore, disse: “Rimanete con Dio, ché io mi parto.” E velati gli occhi e ogni senso perduto, di questa dolente vita si dipartì. Così doloroso fine ebbe l'amor di Guiscardo e di Ghismunda, come udito avete: li quali Tancredi dopo molto pianto e tardi pentuto della sua crudeltà, con general dolore di tutti i salernetani, onorevolmente ammenduni in un medesimo sepolcro gli fé sepellire.– 2 Frate Alberto dà a vedere a una donna che l'agnol Gabriello è di lei innamorato, in forma del quale più volte si giace con lei; poi, per paura de' parenti di lei della casa gittatosi, in casa d'un povero uomo ricovera, il quale in forma d'uom salvatico il dì seguente nella Piazza il mena: dove riconosciuto e da' suoi frati preso, è incarcerato. Aveva la novella dalla Fiammetta raccontata le lagrime più volte tirate infino in su gli occhi alle sue compagne; ma quella già essendo compiuta, il re con rigido viso disse:– Poco prezzo mi parrebbe la vita mia a dover dare per la metà diletto di quello che con Guiscardo ebbe Ghismunda, né se ne dee di voi maravigliare alcuna, con ciò sia cosa che io, vivendo, ogni ora mille morti sento, né per tutte quelle una sola particella di diletto m'è data. Ma lasciando al presente li miei fatti ne' lor termini stare, voglio che ne' fieri ragionamenti, e a' miei accidenti in parte simili, Pampinea ragionando seguisca; la quale se, come Fiammetta ha cominciato, andrà appresso, senza dubbio alcuna rugiada cadere sopra il mio fuoco comincerò a sentire.–Pampinea, a sé sentendo il comandamento venuto, più per la sua affezione cognobbe l'animo delle compagne che quello del re per le sue parole: e per ciò, più disposta a dovere alquanto recrear loro che a dovere, fuori che del comandamento solo, il re contentare, a dire una novella, senza uscir del proposto, da ridere si dispose, e cominciò: –Usano i volgari un così fatto proverbio: ‘Chi è reo e buono è tenuto, può fare il male e non è creduto’, il quale ampia materia a ciò che m'è stato proposto mi presta di favellare, e ancora a dimostrare quanta e quale sia la ipocresia de' religiosi, li quali co' panni larghi e lunghi e co' visi artificialmente palidi e con le voci umili e

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