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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 56cui nasceva una grande ombra. — Ti vergogni?... Ah sì? Perchè lavoro, perchè vedo finalmente avverarsi un mio sogno di tanti anni, perchè tento di provvedere da me alla mia vita, ecco ti vergogni?... — Fece una lunga pausa, dolorosa, gonfia di lagrime contenute, poi seguitò: — Ma... dimmi? Quando te ne sarai andato, quando non ti rammenterai nemmeno più ch'io viva, cosa farò di me allora? Oh, questo è semplice, tu dici! Dopo di te... un altro! Dopo di te, che importa s'io divenga una donna di strada?... Bah, che importa se pure io mi venda?... E così che pensi? I folti capelli spargevano di una dorata oscurità il suo bianco volto; grosse lacrime le rigavano la faccia. — Non parlare così. Tu stessa non puoi credere a quello che dici. — E le andai vicino, mansuetamente, per consolare la sua tristezza. — Senti!... — ella esclamò, afferrandomi le mani con un moto repentino, — vuoi che lasci il teatro? Vuoi che torni a vivere per te... per te solo? Dimmelo! Se questo ti piace, il sacrifizio non mi costerà nulla. Vuoi? — No, no... sei buona, ma non voglio questo. Ella si mise a ridere nervosamente. — Poi sarebbe anche inutile!... inutile... — mormorò tra quel riso. — Perchè? Rimase un attimo a guardarmi con fissità, poi disse: — Tanto non mi ami più! — E covertasi la faccia con i due palmi, ruppe in un pianto incontenibile. Cercai di abbracciarla, mi respinse; le dissi parole tenere, le ricordai molte memorie nostre, sentii nel cuore un desiderio di lacrime anch'io... ma ella scoteva il capo con ostinazione, senza credere, senza udire, parendo ascoltasse una sua voce profonda. Questa debolezza fu breve. Sùbito si ricompose; levò il capo e rividi la donna forte che un giorno credevo incapace di lacrime, la donna ch'era stata mia senz'appartenermi e che avevo amata con un perenne timore. — Dunque — ella concluse rapida, — noi ci dobbiamo lasciare. La sua voce sonò così ferma, le sue parole furon tanto inattese, che non seppi trovare alcuna risposta e solo profferii smarritamente il suo nome. — Sì, — riprese, — questa è l'unica via. Lasciarci quando ancora non ci sono fra noi rimorsi, e prima che sia necessario. Sappi anzi che vi penso già da lungo tempo. Queste parole si dicono spesso tra amanti per rendere più dolce la continuazione dell'amore; si dicono anche per misurare la sensibilità della persona amata, ed anche per rammentarsi a vicenda che nell'amore tutto è caduco, e può dissolversi, e deve morire. «Noi dobbiamo lasciarci... » Ecco: noi che fummo uno spirito solo, noi che inoltrammo il nostro desiderio, la nostra confidenza, le nostre voluttà, fino a comporre insieme un'unica e necessaria vita, ecco, noi dobbiamo tornare due esseri distinti e indifferenti, ridere su le nostre debolezze, considerare tutto il passato come un episodio fatalmente chiuso, e simili a due pellegrini che abbiano insieme percorso un faticoso cammino, dividerci ad un bivio, senza lacrime, senza rimpianti, per andar soli, o con altri, verso le case lontane. «Noi dobbiamo lasciarci... » dobbiamo seppellire tutte le speranze del nostro amore, sentire a vicenda una immensa pietà delle nostre povere illusioni perdute... Questo voleva dirmi la donna che mi aveva tanto appartenuto, la sola per la quale non avessi considerato l'amore come una dolce avventura che passa e fluisce. Tanta strada si era compiuta per giungere ad una parola così ragionata e calma, dopo aver creduto alla indissolubilità, al sempre, al mai, a tutte le speciose favole degli amori che invece tramontano. Ahimè!... v'era una tristezza profonda, così nell'offrire, come anche nel rifiutare un simile patto. La guardai fiso, ed una specie di sgomento mi fasciò l'anima, perchè le sue pupille non tremavano, la sua bocca era ferma, e tutto in lei segnava una risoluzione immutabile. — Hai scherzato... — le dissi, con un sorriso che aveva paura di sè. — Puoi credere che voglia scherzare in questo momento? — mi domandò, coprendosi la faccia con le mani un po' tremanti. — Ma dunque... Ella non mi lasciò finire; levatasi, mi venne accanto, così da costringermi a guardarla bene in viso, e disse: — Ascolta: fra noi, uno solo ha amato. Non vorrai convenirne, anzi ti parrà necessario spendere molte parole inutili... ma invece non obiettare nulla; quella sola son io. Feci un moto con la mano come per interromperla, ed ella mi prese la mano fra le sue, con dolcezza, facendomi segno che tacessi. — Abbiamo passato insieme ormai due anni; è quasi la primavera, ti ricordi? la primavera di Torre Guelfa... I suoi occhi si empirono di lacrime, ed ella scosse il capo all'indietro, per resistere a quel pianto. — Bah... non importa! E passato, è lontano... si dimenticherà. — Elena, mio amore, — la pregai, — non continuare... Tutto questo fa male; poi è profondamente assurdo! — No, è ragionevole. Voglio dirti una cosa molto ragionevole: tu non puoi vivere con me. Feci un rapido gesto di collera, ed ella mi contenne con soavità. — Forse ora ti parrà un sacrificio, ma dopo me ne sarai grato. Non è colpa tua, nè mia; vi sono ragioni che rendono questa vita insostenibile, almeno a te. Io, che da lungo tempo vedevo sopraggiungere la necessità di un simile colloquio, mi sentii ferito, quando le sue parole, con tanta fermezza, ne affrontarono l'argomento. Ebbi quasi bisogno di offenderla. — Fra noi, — presi a dire schernevolmente, — una sola ebbe coraggio; e questa sola sei tu — sei ancora tu. Oh, non v'è dubbio! La tua fermezza è ammirevole! Fra la Elena di Torre Guelfa e la Elena d'oggi sono passati, non due, ma dieci anni di vita. Con un bel raggiro mi offri il mio commiato. Bah... me l'aspettavo, quindi non me ne stupisco affatto. Ella mi fissò profondamente, senza rimprovero, senza collera. Sorrise; quel sorriso mi parve, su la sua bocca, una pietà generosa che venisse dall'anima d'una sorella. — Bisogna sempre difendersi, — rispose. — E tu, per difenderti, mi accusi. È umano, in fondo; ma sai benissimo che non è vero. La mia colpa fu in principio; se avessi avuta la forza di lasciarti allora, non saremmo giunti mai a queste umiliazioni. — Parole, parole! — feci amaramente. — So che da molti mesi nascondi nell'animo il pensiero di abbandonarmi. Questa sera me ne parli: ti ascolto. Bene: fissiamo il giorno. Tutto e sempre finisce così... Si era distesa in una poltrona profonda, e premendosi il petto respirava con ansia. — Come sei crudele! — mi rispose. Gli occhi suoi fissavano un punto invisibile nella oscurità della stanza. — Come sei crudele! Ancora, guardandola, mi sembrò che fosse tanto bella come nessuna cosa fu mai bella nel mondo, e un infinito smarrimento s'impossessò dell'anima mia. — Tu chiami crudele un uomo che si dibatte contro il suo destino, — dissi, cercando anch'io nell'ombra quell'ombra che i suoi occhi fissavano. Tra noi cadde un lungo silenzio; nella memoria e nell'anima passaron cose molteplici; un desiderio di lacrime ci soffocò entrambi. Allora, quasi continuando un mio sogno, le ripetei sottovoce: — Io ti volevo amare per sempre... — Ma non si può... — mi rispose con una voce rassegnata. — Quante cose belle non si possono avere nella vita! Noi stessi uccidiamo ogni giorno qualcosa del nostro amore. — Questo è vero. — Anche tu lo sai, Germano? — E come non lo saprei, se ti amo, se ti ho amata sempre con tanto dolore! — Un'altra pausa interruppe le nostre parole; lunghe torme di visioni attraversarono la memoria evocatrice. — Germano, — ella disse, — come tutto è triste qui! La mia voce stessa mi fa male. Vorrei tacere, tacere sempre... Portai una seggiola vicino alla sua poltrona e posando i gomiti sul bracciuolo, mi raccolsi la faccia nei palmi delle mani. Sentivo il suo respiro scorrermi su le falangi. — Ti ricordi? — le dissi; — a Torre Guelfa c'era una stanza... — Sì, una stanza grande... — E con la mano accennò la Tag: noi parole tutto sempre lacrime tanto sei vita nostre Argomenti: lungo tempo, tanto bella, donna forte, rapido gesto, dolce avventura Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Intrichi d'amore di Torquato Tasso Orfeo di Angelo Poliziano Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Il wedding planner Le Bahamas meta di un sogno Come piantare le rose Lisbona, città da vedere e da sentire Vacanze alle Piccole Antille
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