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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 86dunque! A rivederci: prendo una vettura perchè voglio giunger prima di lei. Ci rivedremo al Colonne. — C'è un proverbio che dice: — «Mors tua, vita mea». Sai il latino? A rivederci. Giunto alla stazione, mi fermai davanti all'entrata per attender Edoarda. Lì, davanti a quella piazza folle di lumi, dove, nel fondo, biancheggiava la fontana come uno straordinario fiore, mentre per l'aria solcavano i fischi delle impazienti locomotive, e la gente frettolosa e le vetture pigre si confondevano in una specie di affaccendata ridda, mi rammentai tutte le partenze, tutti gli arrivi che per me si erano variamente compiuti, lì, su quella piazza medesima, durante la mia così diversa vita. Ricordai una mattina di sole, splendidissima, ed una sera quasi tragica, nel chiarore dell'autunno, quando la città neroniana esalava nell'aria pesante il lezzo della sua grave antichità, e la patria mi suonava esilio, poichè avevo sacrificato per sempre ad una donna straniera tutto ciò che nel mondo può essere poesia. Mentre mi smarrivo in questi pensieri, d'un tratto vidi sbucar nella piazza la pariglia dei De Luca, ed appena la carrozza fu giunta, m'avvicinai, tenendomi rispettosamente a qualche passo dallo sportello. Sùbito ne saltò fuori il Capuano, e dietro lui una cameriera già vestita a lutto. Fabio dette qualche ordine alla donna, parlò rapidamente allo sportello e mi passò davanti frettoloso, borbottando: — Ah, sei qui?... Bravo! Ci rivedremo fra un paio di giorni... — E si allontanò. Mentre il domestico ed il facchino scaricavano le valige, la cameriera si pose accanto allo sportello, mentre appoggiandosi al suo braccio Edoarda ne uscì. Era vestita di nero, con un velo di crespo su la faccia pallida. Il cocchiere si scoverse il capo, e, curvatosi, le mormorò qualche sillaba, cui ella rispose con un cenno. Forse il buon uomo le affidava un saluto per il padrone morto. Un po' tremando, anch'io m'avvicinai; le tesi la mano: ella strinse le mie dita, forte, forte, senza guardarmi, e sùbito ritrasse la mano, quasi con paura. Non seppi cosa dirle, o troppe frasi, che non osai profferire, mi vennero insieme alle labbra. Ella rimase perplessa un attimo, poi si mise a camminare. L'accompagnai fin nell'atrio della stazione; vidi allora, nella piena luce, che il suo viso era straordinariamente bianco e negli occhi aridi le sue pupille splendevano con una fissità quasi d'allucinata; i suoi lineamenti eran fermi nella tensione di uno sforzo visibile; coi denti si teneva l'orlo del labbro inferiore, quasi per frenarne il tremito. Fabio, ad uno sportello, stava comperando i biglietti. — Volevo almeno vederti... — le dissi piano. — Ora ti lascio. — Sì, lasciami; è una cosa orrenda... — ella rispose con una voce priva d'accento, senza quasi muovere le labbra. E chinando ancor più la fronte soggiunse, in un modo appena intelligibile: — Ti scriverò poi... Mi strinse di nuovo la mano, a lungo, più forte... Un pensiero mi venne, subitaneo, brutale: «Quella stessa mano, poche ore innanzi, mi aveva prodigate le carezze più folli, e certo le sue labbra smorte sapevano ancora de' miei baci...» — Tutto nella vita è così: un'irrisione, un gioco; ed il peccato, il dovere, la volontà, il ribrezzo, l'amore, la morte, si mescon necessariamente insieme, come nell'intreccio di una commedia imprevedibile. A capo scoperto mi ritrassi, ed ella rimase nel mezzo della sala, immobile come un'erma, sotto il velo nero. Andai vicino a Fabio con un po' di titubanza e gli dissi: — Posso aiutarti a far qualcosa? Egli aveva due biglietti fra i denti, un altro in mano, i guanti, il portafogli ed una borsetta posati davanti allo sportello. — No, no, grazie — rispose mordendo i biglietti; — faccio tutto da me. — Dopo essersi bisticciato non so a qual proposito con l'impiegato, cacciò tutto alla rinfusa in una tasca, e con la spolverina da viaggio aperta, che gli sventolava intorno alle gambe, corse a spedire il bagaglio. Lo seguii con una specie di obbediente umiltà. Gridò al domestico, ai facchini: — Su dunque, fate presto! portate qui la roba! — Ma spedisce anche questo, il signore? — obbiettò il domestico, mostrando una sacca di tela grezza. — Sì, tutto si spedisce! Tutto, meno la borsa della signora. E tu, — disse alla donna, — stalle vicino! Cosa fai qui? Edoarda era sempre nella medesima positura, con la fronte china, la borsetta che le pendeva dal polso, le mani congiunte, immobile. Alcune persone, ferme, l'osservavano bisbigliando. Quando il Capuano ebbe terminata la sua faccenda, si volse a me rapidamente: — Cosa ne dici dunque? Nulla, è vero? Sono i casi della vita. Bah!... fammi un piacere: va tu dall'amministratore dei De Luca — sai, l'Agostini — e digli che provveda per le partecipazioni sui giornali. Combina tu stesso l'annunzio, ti prego. Me ne è mancato il tempo. Credo che torneremo sùbito, portando il morto con noi. A rivederci. E corse vicino a Edoarda, la prese dolcemente sotto braccio, come un padre, parlandole piano. Io rimasi finchè il treno fischiò, e non ebbi l'ardire di seguirli dentro la stazione. Ma dovunque mi volgessi, m'appariva la faccia pallida, supina su le zolle arrossate, che nell'ánsito estremo cercava di fissarmi con i suoi occhi pieni di morte. X Questa è la lettera che m'inviò Edoarda, tre giorni dopo il suo ritorno, quando già il corpo dell'infelice barone giaceva sotto la terra e su la fossa recente si andavano sfogliando le corone appassite: «È forse orrendo quello ch'io faccio — amore mio, — ma sei la sola persona che me lo possa perdonare, la sola che possa guardarmi nell'anima senza provarne un senso di paura. Metterò questa lettera in buca nell'andare domattina, come ogni giorno, al cimitero... Vedi: è atroce. Ma come fare altrimenti? Mi disprezzerai anche tu, Germano? Io, dentro di me, ne son tutta rabbrividita. Non pensiamo, non pensiamo a quello che è stato! Vi son coincidenze che atterriscono... Mi ripeto senza requie: «Dov'ero, dov'ero mentr'egli moriva?...» E se credessi molto in Dio ne dovrei temere una grande vendetta. Cerco invano di persuadermi ad un cinismo che non sento, e mi dico: «Egli forse mi ha sposata solamente per il mio denaro; forse non mi amava, nè in fondo gli dovevo alcuna gratitudine...» Eppure, che vuoi?... queste incerte parole non bastano; la coscienza, ribelle a tutte le vane parole, mi si lacera dentro. Poi, non scompare così tragicamente un uomo, del quale si è pur stata la moglie, senza che se ne provi un'angoscia viva, come se lo si avesse veramente amato. Una voce interiore mi assilla di continui rimproveri, e mi dice: «Anche tu l'hai sposato per opportunità, perch'egli almeno ti rendesse una vita fittizia, quando l'altra, la vera, te l'avevano spezzata.» E infatti è stato buono con me. Senza darsi la pena di troppe indagini, forse per un naturale istinto, aveva indovinato il mio cuore, aveva compreso che anima ero, cosa potevo dargli ancora di me stessa, e per indifferenza o per bontà se n'era contentato, studiandosi di rendermi la vita serena e dolce. Quindi a lui, come uomo, non debbo che riconoscenza. Per questo avrei voluto serbare intatto il suo nome, vivergli vicino tranquilla, chiusa ne' miei sogni, senz'amore ma senza inganno. Ti giuro che, sposandolo, il mio proponimento era ben questo; e di te pensavo: «Nemmeno se tornasse a ginocchi... mai! mai!...» Pensavo così, e per rimanergli fedele ho lottato... sì, con tutte le mie forze ho lottato! Ma, che vuoi?... mi avevi conosciuta fanciulla, sapevi com'ero, mi avevi tanto fatto soffrire... per te dev'essere stato facile riprendermi, facile, quanto era per me impossibile il non abbandonarmi. Anzi, più lottavo, e più, con uno sguardo solo, annullavi tutta la mia volontà. Ti vedevo tornare come una volta e mi pareva che in ogni cosa, nel mio respiro medesimo, ci fosse una forza irresistibile che mi trascinasse verso di te. Io son nata per volerti bene, per Tag: vita tutto sportello mano forse uno vicino dentro donna Argomenti: forza irresistibile, voce interiore, piazza folle, fossa recente Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi La via del rifugio di Guido Gozzano Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Bali Le Bahamas meta di un sogno Maldive, immersi in paradiso Il serpente del grano Vacanze in Portogallo
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