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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 33caraffa, l'uomo parve man mano arrendersi a' miei ragionamenti. — Lei con tutto il rispetto, è sempre stato un gran briccone, signor Germano! — esclamò egli con allegra familiarità. — Se fossi certo che lei sposa la Laurenzano... eh, allora!... Ed i suoi occhi brilli splendevano di un luccicore intenso. — Lo credo io! con quel po' po' d'interesse a cui mi avete prestato il denaro... Bel mobile! Sopra una pietra da mulino, in vent'anni vi divorereste anche Roma! — Ah, si vuol lamentare adesso? — egli ribattè, vedendo le cose ora sotto una luce più gaia. — Metta insieme il rischio.... — Che rischio! — La paura.... — Che paura! — La pazienza... — Eh, via!... di pazienza ne ho dovuto aver io, e molta, per ottenere questa miserabile proroga! Se foste un uomo generoso, direste sùbito: Che mai! Al conte Guelfo tre anni farebbe schifo... Dieci gliene accordo, se vuole. — Ma io non ho promesso neanche un giorno! — egli esclamò con un riso triviale, battendo i due grossi pugni su la tavola, che traballò. — Su, Michele: chi ride consente. — No: chi tace, — egli corresse, un po' ebro. — Chi beve, dico io! Su bevétene ancora un goccio! È acquavite sincera. — Caro conte, lei vuol vedermi brillo perchè io rimetta le cambiali a dormire. Ma ho la testa divisa in due parti, io! Se m'ubbriaco da una, tutti i pensieri passano dall'altra. Il fatto è questo: se lei mi dà la prova che il matrimonio non è andato a monte, le concedo un anno, se no.... — Tre anni, ho detto. — Impossibile; allora niente. — Due? — Mettiamo pure due, ma ci vuole questa prova. — Sono più che disposto a darvela, però non saprei quale. — Ecco: non ci sarebbe il mezzo di ottenere una riga solamente, sia pure in carta semplice, ma di proprio pugno della fidanzata? Una specie di garanzia privatissima da mettere insieme con le cambiali? — Ma cosa dite mai, caro Michele? Dov'è il vostro buon senso, per Bacco! — Ebbene, allora mi lasci far due righe di conti, — egli disse, traendosi di tasca un taccuino. — Io le rispondo ben chiaro: se nel prezzo dell'ipoteca ci stanno anche gli interessi, le concedo i due anni, altrimenti non parliamone più. — Ma, se non altro per pudore, non dovreste nemmeno pronunziare questa parola «interessi» davanti a me! Vi ricordate la somma che ho avuta per quelle cambiali? Egli fece con le spalle un movimento ruvido. — Non ricordo nulla, — disse. — La somma che conta è quella scritta qui. — Va bene, va bene: continuate pure i vostri calcoli. E per cinque minuti egli non fece che scarabocchiare cifre sbilenche. — A stretto rigore, — concluse infine — mancherebbe qualcosa; ma fingerò di non essermene accorto, perchè, non si sa mai, al mondo si può aver bisogno di tutti ed un servigio reso al prossimo non è mai perduto. — Ah, per Iddio! avete un coraggio sublime! — gli gridai ridendo. — In ogni modo non importa, e vi ringrazio lo stesso. Dunque siamo intesi: parola di Rossengo... — Parola di re! — proclamò l'usuraio, tendendomi la mano un po' tremula. — Ancora un ultimo sorso, — proposi, ricolmando i bicchierini. — Volentieri: quest'acquavite mi facilita la digestione. — Allora ve ne manderò qualche bottiglia a casa, e intanto alla salute vostra, Michele! — Grazie; alla sua, signor conte! Bevve, poi gli venne un pensiero. — E alla sposa di Roma! — soggiunse. — Alla sposa di Roma! — ripetei senza esitare, con una incoscienza che stupiva me stesso. Finalmente il Rossengo si levò; era quasi del tutto brillo, aveva le guance rosse, il fiato greve. Ancora, su la soglia, si volse per ripetermi: — Dica, signor conte, non si dimentichi poi quelle certe bottiglie... — Sì, le bottiglie d'acquavite? Siamo intesi, le avrete. A rivederci, Michele. E uscì. VII. Una lettera di Fabio mi giunse alcuni giorni dopo, in termini brevi, senza un qualsiasi accenno intorno all'accaduto. «Io ti rendo la parola di Edoarda Laurenzano, — egli scriveva. — Prego il cielo che non ti faccia mai conoscere il rimorso dell'azione compiuta, e per il male che hai dato possa venirti una lunga felicità. È questo forse il voto e la speranza della donna che abbandoni, è questo l'augurio più sincero dell'amico di tanti anni, che non ti dimentica in quest'ora tristissima della tua vita... Conserva una memoria indulgente per la creatura che ti ha troppo amato e sconterà in silenzio il suo destino irreparabile; fa del bene a molte anime per quella che hai dovuto sacrificare. Noi ti seguiremo col pensiero, dovunque tu vada e qualsiasi cosa tu faccia, come una volta e sempre, desiderosi anche di soccorrerti se mai ti sorprenda un pericolo contro il quale tu non possa lottare. Resta lontano da Roma, per qualche tempo almeno, e ricordami e scrivimi sempre.» Questa lettera mi parve un'umiliazione, e nell'attimo stesso in cui finalmente mi vedevo libero, un senso quasi di sgomento, di solitudine m'invase. Mi parve per un istante che mi avessero lasciato solo, di fronte ad un precipizio, a mille precipizi continui, dove sarei caduto inevitabilmente come una preda oscura. Una immagine fissa mi teneva la mente. Il portone, quel gran portone marmoreo del palazzo Laurenzano, casa di principi una volta, ove nella corte scalpitavano i cavalli e facevano ala i domestici gallonati, quel portone che tante volte avevo passato quasi ormai da padrone, ora mi si chiudeva in faccia ostinatamente, come ad un servo scacciato. E insieme tutte l'altre soglie ch'ero solito varcare si chiudevano a lor volta, quasi per dividermi da una gente alla quale non appartenessi più. In quella società ov'ero entrato splendidamente, sotto l'auge del mio gran nome e del mio denaro, nessuno ignorava i miei dissesti, le noie che mi davano i creditori e i pesi che si andavano accumulando sui pochi avanzi delle mie campagne. Ciò che mi salvava dalla decadenza e dal disprezzo altrui non era infatti che il mio fidanzamento con Edoarda. Anzi al pubblico piaceva, come in genere piacciono, tutte le cose teatralmente immortali, questa mia figura di scialacquatore spensierato, che, al termine delle sue scioperatezze, trovava una ereditiera innamorata e otteneva di sposarla per ricominciare il suo fasto. Insomma dovevo solamente alla mia sposa futura se ancora le belle dame romane mi serbavano qualche sorriso procace nell'iniziarmi alle intimità profumate dei loro salotti, se gli usurai mi davano denaro, se i negozi mi vendevano a credito, se alle caccie potevo cavalcare i migliori cavalli, giocare spensieratamente al Circolo, e persino fra le donne galanti godere di molte predilezioni; il che sembrerebbe forse paradossale, se anche in questo, come in tutti gli altri rami dell'eleganza e del piacere, non dominasse una divinità molto frivola, molto capricciosa: la moda. Nella così detta «grande società» v'è un numero infinito d'intrusi: quelli che vennero dal nulla e quelli che si ridussero al nulla. Io stavo per contare tra questi ultimi e v'ero tollerato nel modo più cortese, perchè possedevo il mezzo di ripristinare al mio nome la sua necessaria grandezza. Invece, da un momento all'altro e per mia volontà, il che forse appariva più grave — rinunziavo a questo mezzo, lanciavo quasi una sfida od un rifiuto alla mia casta e mi ritraevo in disparte da essa, disdegnandone le ambizioni per l'amore d'una donna straniera. Di questo non avrei potuto certo sperare il perdono. L'usuraio di Terracina non sarebbe stato in ciò per nulla diverso dalle dame di Roma, le quali sognavano a palazzo Materdomini una sala di più dove danzare, dove amoreggiare, dove splendere, nè dagli amici dei teatri, dei Circoli e degli ippodromi, che certo non avevano dimenticate le mie liberalità di un tempo. E costoro, indistintamente, oltrechè non perdonarmi, avrebbero anche vendicate le loro speranze deluse, insieme con le antiche invidie. Essi certo non avrebbero giudicata l'azione mia secondo il suo giusto valore, nè con indulgenza, Tag: due conte insieme certo nulla anni parola sposa mezzo Argomenti: numero infinito, conte guelfo, qualsiasi accenno, resta lontano, portone marmoreo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Garibaldi di Francesco Crispi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Produzione di cosmetici e controllo del regolamento Protesi mammarie in silicone molto popolari Offerta capodanno a Dublino Offerta Capodanno a Los Angeles Offerta capodanno a Sidney
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