L'amore che torna di Guido da Verona pagina 84

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nessuna commissione? — Nulla, nulla! È cosa finita. La vedrai? — Probabilmente, se non ha lasciato Parigi. — Qualora tu le parlassi, non raccontarle nulla di me. Se poi ti chiedesse mie notizie, — cosa improbabile, — dille semplicemente che vivo una vita tranquilla. — Era necessario che tu me ne avvertissi perchè le avrei detto proprio il contrario, e cioè che impieghi molto bene il tuo tempo, — esclamò con intendimento. — Che vuoi dire? — obbiettai sorridendo. — Eh, via! Posso ammirare il tuo riserbo senza lasciarmi però ingannare. Poi, francamente, non ci vuole molta penetrazione; credo anche di sapere con chi... — Forse te l'ho lasciato supporre io stesso: ma tu, per fortuna, sei un uomo discreto. — E guai se non lo fossi! Hai cambiato colore: una bruna. C'è la legge dell'equilibrio anche in questo. Era del resto inevitabile. Si torna sempre. Tutta la vita è un ritorno verso quello che poteva essere, mentre invece non fu. Che vuoi?... l'uomo è un bizzarro animale pieno di controsensi! Del resto io non posso che invidiarti. Una deliziosa creatura, un tipo diverso dal comune; poi, quella sensualità romana... — Scusa, dove l'hai veduta? — Non ti ricordi d'avermi una sera mostrato in teatro una signora, nel terzo palco a destra, in seconda fila? Era vestita di velluto nero. — Ah, sì! Ma tu arguisci troppo!... — Ebbene, se mi sbaglio, pazienza! Io lasciai cadere il discorso ed invece gli dissi: — Mi sembri oggi un uomo soddisfatto; devi certo aver condotto a buon termine gli affari che ti conducevano a Roma. — Quali? — Questo poi lo ignoro. Chi mai può sapere qualcosa di te? Gli affari che ti premevano, insomma. — Era una perlustrazione, credimi, e nulla più. — Su che terreno? — Oh, su tutti! Ogni terreno è buono per chi sappia scavare. — A Roma poi gli scavi dànno sempre qualcosa... — Già, dicono. Ma dovevo anche trovare due persone: una di queste ora è assente; ma tornerà fra poco, ed anzi t'incaricherò di farle una commissione. — Volentieri; purchè non si tratti d'una commissione, come direi? troppo delicata! — Tutt'altro; sai che le indelicate non uso affidarle a te. — D'accordo. E ora usciamo; sono pronto. Vedi come ho fatto presto? — Un lampo! E sei tuttavia d'una eleganza irreprensibile. Hai quell'aria «grand seigneur» tanto necessaria all'uomo che non lo è più. Non so davvero perchè ti ostini a voler trascinare questa mediocre vita del gentiluomo decaduto. È un lusso, mio caro! Il gentiluomo si fa quando se ne hanno i mezzi. — Via, buffone! Scendemmo le scale chiacchierando. Stavamo per uscir dal portone, quando una carrozza, che veniva impetuosa, si fermò di colpo, lo sportello s'aperse e ne balzò fuori il Capuano, ansante, col viso terreo, esterrefatto. — Eh, non sai!... — mi gridò. — No, cosa? — esclamai trasalendo. — S'è ammazzato Piero De Luca! Tutto il mio sangue si rimescolò. — Ammazzato?... ma come? dove?... — Oggi, a Torino, al Concorso Ippico. È caduto, è rimasto sul colpo. Lo hanno telefonato or ora al Circolo perchè si avverta la moglie. Sono corso a casa sua: non c'è. Giro da mezz'ora per cercarla, e non la trovo... Che non glielo dicano in istrada, per l'amor di Dio! Sai dov'è? — Non so, — balbettai, tutto agghiadato e fuor di me stesso. — Via, non fare commedie! Se lo sai, dillo. — Non lo so... — Bene, va, cercala tu pure. Io corro di nuovo al palazzo. Saltò nella vettura e scomparve. Rimasi lì, sul marciapiedi, inebetito, intontito. Alcuni passanti, all'udir quello scambio di parole, si erano fermati all'intorno, ed Elia d'Hermòs, che non aveva compreso bene, mi prese per un braccio domandandomi: — Cos'è accaduto? Chi è quel tale che s'è ammazzato? Mi passai le mani sugli occhi come per riprendere conoscenza, e poggiandomi al suo braccio lo trassi via. — Andiamo, andiamo... La mia voce usciva in esclamazioni di maraviglia, confuse, interrotte. — S'è ammazzato... capisci!... il marito... è caduto sotto il cavallo... — Ma di chi? — Di lei... di lei!... Oh, Dio santo, che notizia! Ma sì, ne parlavamo poco fa, di sopra... non ti ricordi?... — Ah... pazienza! E tutto lì? — egli fece candidamente. — Avevo paura che fosse accaduta una disgrazia a te. — Come, è tutto lì?... Ma tu non comprendi allora?... — Ma sì comprendo benissimo! Anche troppo! — Allora, senti, fammi un piacere: tu non partire questa sera; puoi? — Oh, Dio... veramente non mi è comodo, ma insomma, se è per farti piacere... se proprio hai bisogno di me? — Sì, rimani, ti prego. Ed ora, ch'io la cerchi è inutile: rincaserà. Prendiamo una vettura e corriamo al Circolo per aver notizie. — È inteso: non parto e andiamo dove tu vuoi. Ma prima riméttiti un poco, perchè mi hai l'aria d'un uomo bastonato, e con quel viso farai molto ridere. — Sì, hai ragione. Ma è stato un colpo sai!... — Che colpo, ragazzo mio!... Sono cose che capitano a chi monta a cavallo. N'ho vedute io d'assai peggiori nella mia vita. Fin che toccano agli altri... pazienza! Che ci vuoi fare? — Eh, via!... Tu scherzeresti anche dinanzi ad una bara! — Caro Guelfo, sii giusto. Io non lo conosco nemmeno! Me ne duole, se vuoi, ma non posso piangerne. A me questo caso provoca invece un'ordine d'idee del tutto diverso, che mi sembra inutile spiegarti ora. — Ma, sai, la cosa ha dell'inverosimile... Io non me ne capàcito! E dire che oggi stesso, un'ora fa... — La vita, mio caro!... E c'è chi la prende sul serio! — Pover'uomo!... — balbettavo a me stesso; — cade da cavallo, s'ammazza sul colpo... È una cosa orrenda! E lei? Ora certo partirà sùbito. Io dovrei parlarle, vederla, scriverle almeno; ma come fare? S'è ammazzato... non c'è più!... poveretto!... non c'è più... all'età sua! — Scusa, — fece il d'Hermòs con una voce piena di candore, — ma non riesco ad intendere bene se la cosa proprio ti addolori, o se invece, in un certo qual modo... — Via, non essere così cinico! M'indisponi. E vedo bene che lo fai apposta. Capirai: ho qualche rimorso... — Ma che colpa ne hai tu? — Nessuna; questo però non toglie... — Ah, baie! Tu sei nato con quattro camice indosso! Ecco quel che vedo io. Mi fermai di schianto: — Perchè dici questo? — Eh... perchè... lo so io il perchè! Inutile per ora dedurre troppe conseguenze. Ma in fondo mi stupivo già che non capitasse qualcosa per mettere la fortuna dalla tua. — Su, via, sei pazzo! Prendiamo piuttosto una vettura e andiamo al Circolo. — Volentieri, ma fatti animo, perchè, ti ripeto, se vi entri a quel modo farai ridere. Salimmo in vettura; mi prese un senso di vertigine, sentii che nel petto il cuore mi batteva con veemenza e più non potei disuggellare la bocca. Dietro le palpebre, in una visione rossa, vedevo il corpo del barone giacere a terra, esanime, sotto il suo cavallo; mi pareva che i suoi occhi spenti si fissassero ancora ne' miei. Al Circolo v'era un tumulto insolito; si parlava concitatamente; stavano tutti in piedi. Quando entrai, ammutolirono. Poi nacque un bisbiglio, e tutti mi guardarono. — Dunque che è stato? — domandai a' primi che vidi. — Il povero De Luca... — disse uno. — Ma è vero? — Eh, purtroppo! La notizia è confermata. Siamo stati al telefono sinora. — È proprio morto? — E mi lasciai cadere sopra una seggiola, non riuscendo a vincere il mio turbamento. — Morto immediatamente, senza dire una parola. — E come fu? Si fece innanzi Camillo Ainardi: — Mah?... il destino! Montava Califourchon, quel magnifico saltatore, ma caparbio. All'ultima altezza del muro gli si rifiutò tre volte. Sai che bel cavaliere, intrepido, era il De Luca! Piuttosto che cedere avrebbe stroncato il cavallo. Califourchon, quando si rifiuta, si mette su le difese e ci vuol fegato per tenergli testa. Aveva saltato splendidamente fino allora, ed erano rimasti nella gara in tre. A forza di sproni, di braccia, lo buttò sotto l'ostacolo: il

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