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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 29sopra, a mazzi, a ghirlande, a fasci, o disseminati, giuncando l'intero anfiteatro. Pareva così di entrare, per una conca verde, nel recesso di un tempio leggendario, dove i colori ed i profumi componessero insieme un'apoteosi della primavera. Un antico salice, ch'era sorto a fianco della chiesa, con le radici sotto la pietra, era naturalmente investito e soffocato quasi dai viluppi di un glicine, che, due volte abbracciandone il tronco, s'arrampicava nella foltezza dell'albero ed emergendo fin sopra la vetta, sciorinava giù per la curva dei rami le sue lunghe propaggini fiorite, spiovendo come il salice, con indolenza magnifica, sin quasi a toccare la terra. E nessuna composizione di tinte appariva così mirabile a guardarsi, come, sul verde acquatico del salice, la delicatezza di quelle fioriture turchine, simili ad un'aggregazione di piccole ali, o forse ad un alveare d'api raccolte in grappoli. Intorno tutti i colori sfoggiavano, componendo in una maraviglia unica la loro molteplice diversità. Pareva che una schiera di uomini scorazzanti avesse invasi tutti i giardini, disfatte le aiuole, vuotate le serre, depredati gli orti, mietuto nelle campagne, tagliato nelle selve, divelto dall'argine dei fiumi, nel grembo delle valli e su l'aprica montagna per raccogliere in quella piazza tutto ciò che la primavera ed il sole avevano saputo esprimere di colorito e di olezzante dalla instancabile generazione della terra. Era come un risorgere di que' giochi floreali che un lascito di cortigiana aveva elargito al popolo di Roma, nel giorno di Calendimaggio e che venivano celebrati nel più leggiadro fra gli otto circhi, al di là dalle mura, in una valletta oziosa tra il Viminale e il Colle dei Giardini. Seminude, le danzatrici s'inghirlandavano e tessevano danze dionisiache alla concorde musica dei flauti e delle arpe; le attrici simulavano drammi floreali; poi, di notte, al chiarore delle fiaccole, sovra un palco addobbato, le mime figuravano scene di sfrenata licenza, mentre dai parapetti si curvavano, accesi di voluttà negli occhi dipinti, i giovini patrizi decadenti, e saliva su le labbra delle matrone un languido sorriso d'impudicizia. Davanti alla chiesa, come in un giorno di grande sagra, tutta la piazza era ingombra di giuncature primaverili; fiori ed aiuole d'ogni varietà l'abbellivano e la colmavano di magnificenza. Amico ai pascoli rideva il pandicúculo cavalleresco per l'elmo ch'esso porta e per lo sprone, là dove i mirti bianchi e l'aralda porporina socchiudevano lentamente i cálici delle lor campanule stanche. Bocche di lupo e bocche di leone, prímule, biancospini, fior di primavera, marruche, arse dalla gran vampa, si addormentavano, sognando forse l'ombra delle lor siepi natie. Dai fiori si conosceva l'origine dell'offerta. Il boscaiolo era venuto con i mughetti, le cesarelle, i gigari, gli allori, l'abbracciabosco, i gerani di bosco e la barba di bosco; il falciatore con l'erba cipressina, l'erba di vinca, l'erba trinità; le seminatrici coi fiordalisi, le spadacciole, i cinquefogli, e dalla montagna erano scese le pastorelle, dai paschi le pascolatrici, portando, insieme coi bucaneve solitari, le genziane di tutti i colori, le belledonne dei semplici e le araldiche insegne dei gigli fiorentini. Tutti questi fiori, e gli altri mille cui non era possibile riconoscere un nome, parevano irradiare nell'aria circostante i riflessi dei loro infiniti colori, aspirando ad essere più belli della loro bellezza ed avendo singolarmente una diversa guisa di vivere e di morire. Nel tripudio e nel sole di quella piazza invasa un'anima vasta e quasi umana pareva espandersi da quelle innumerevoli agonìe, dicendo con una suprema estasi di profumo l'ansia che i fiori avevano di suggere le linfe della terra, di accogliere più sole, più rugiada, più vento, per palpitare, per aprirsi e ridere, per generare un seme fecondo. E quel profumo, ch'era quasi una voce, quel profumo di corolle moriture, dilagava in alto per l'azzurrità immensa come una suprema invocazione alla vita, come una bella ed inutile volontà di fiorire. Anime anch'essi, avevano il loro attimo di smarrimento presagendo l'orrore del perpetuo silenzio, della irrevocabile ombra; e, forse per non conoscere quello spavento, gettavano a fiamme di colore, a turíboli di profumo, le ultime giocondità vitali, e morivano sperduti nell'ebbrezza della fine, sublimando il colore come un'anima in uno sforzo eroico verso la luce. Nella chiesa lo spettacolo cresceva di bellezza. Non v'era più marmo, non v'erano più altari, nè seggi nè cori nè pulpiti nè colonne: tutto scompariva sotto un ammanto unico di fiori, lasciando solo una via diritta e sgombra che si partiva dalla soglia fino ai gradini dell'altar maggiore. Filtrava per le vaste invetriate una chiarità contemplativa nel tempio, e tra i vapori degli incensi aromatici una lama di sole fendeva obliquamente lo spazio come un'evangelica spada. La turba, genuflessa tra i fiori, elevava un sommesso mormorìo di preghiere. «Beato colui che ha l'Iddio dei Fiori in suo aiuto — la cui speranza è nell'Iddio dei Fiori. «Il suo Regno è un Regno di tutti i secoli — la sua Signoria vive per ogni età. «Deh, apri la tua mano e spanda la tua mano il seme abbondevole su la terra pingue; — e il frutto rida in allegrezza sul ramo fortificato. «Alleluia Vergine Maria! Immacolata Vergine dei Fiori!» — cantava il sacerdote officiando, mentre il chierico agitava i turiboli e la turba ripeteva «Alleluia!» Ed ecco il sacerdote, apprestandosi a compiere il rito, coglieva dalle più vicine offerte alcuni fiori e li deponeva sopra un vassoio d'argento, trattando le corolle con delicatezza, quasi fosser ostie benedette. E con un gesto abbracciando tutte le ghirlande che ammantavano la chiesa: «Ogni fiore è fiore, su questo vassoio ch'io porto!» — disse, alzando il bacile ricolmo. Allora tutti gli occhi dell'ansiosa moltitudine si rivolsero alle mani del celebratore. L'immagine della Madonna sorrideva nella nicchia inaccessibile, adorna de' suoi ori antichissimi, la veste intessuta di gemme, i polsi carichi di braccialetti, la fronte serrata in una mitria, dove all'apice splendeva un rubino di favolosa bellezza. Due cori di vergini biancovestite, con le braccia incrociate al seno, eran genuflesse ai fianchi dell'altare, immobili, con una rigidezza di statue. Fra i due cori una monaca penitente stava quasi bocconi sul primo gradino dell'altare, le due braccia protese innanzi, come per intercedere supremamente. Pareva morta, uccisa dal soverchio profumo. «Il fiore è simile a vanità; i suoi giorni son come ombra che passa,» — ammoniva il sacerdote dall'alto dell'altare, fra il fumo ceruleo dell'incenso che vaporava per l'aria santificata. «Fa che i semi si diffondano al vento numerosi, i granelli dell'arena, o Maria che conosci da lungi!» E sollevava il vassoio di fiori davanti al tabernacolo scintillante. «Non abbassare i tuoi cieli; non toccare i monti perchè fumino di nubi; non avventare saette; non mandare la grandine che smiete i raccolti come una spada scellerata.» E, nella turba, le mani dei coltivatori, aduste, incallite nella fatica di guidare il vómero per il solco profondo facevano scorrere concitatamente i rosari, perchè la Vergine della primavera e dell'estate li preservasse da tanti flagelli. — «Fa che i nostri greggi moltiplichino a migliaia nelle fertili campagne. «Fa che non venga la secchezza sopra la terra e sopra i monti e sopra il frumento e sopra il mosto e sopra l'olio e sopra tutto ciò che la terra produce; e sopra gli uomini e sopra le bestie e sopra tutta la fatica delle mani.» E coloro che avevano seminato a piene ciòtole nei solchi fervidi e nei prati maggesi, coloro che avevano potate le viti, mondata la canape, veduto mignolar gli ulivi, coloro che avevano una vacca sterile, od il frutteto invaso dal mal del verde, od i prati aridi, od i virgulti restii dal germogliare, tutti coloro che Tag: fiori tutti terra profumo colori primavera chiesa sole due Argomenti: solco profondo, instancabile generazione, concorde musica, languido sorriso, inutile volontà Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Marocco di Edmondo De Amicis Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Garibaldi di Francesco Crispi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come piantare le rose Significato della primula Come fare il profumo in casa Legami tra personalità e profumi Il trucco giusto per gli occhi celesti
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