L'amore che torna di Guido da Verona pagina 32

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per metà; i suoi occhi brillavano, ma la sua mente restava implacabilmente lucida. Pensai di tergiversare. — So che state coltivando un progetto magnifico... almeno se devo credere alle voci che corrono, — dissi con noncuranza, non mostrandomi affatto sorpreso dalle sue parole. — Progetti se ne hanno sempre, — egli rispose con ambiguità. — Ho l'intenzione di liquidare tutto: questo è vero. Sono vecchio e non ho più voglia di vivere in continue tribolazioni. Anche i figli crescono, e vanno accampando esigenze di troppo superiori al loro stato... Bisogna finalmente tirare le reti in barca. — Meno male che le chiamate reti anche voi! Poveretti, que' pesci che vi caddero dentro alla cieca! Voi non volete nemmeno usare un poco di carità nell'aiutarli a trarsi fuori dalla rete. — Per bacco! — egli rispose agitandosi: — un po' ancora e si direbbe ch'io vengo qui per saltarle al collo! — Eh, quasi, mio buon Michele! Se dovessi raccontarvi tutte le mie disgrazie, avreste certo un poco di tolleranza! — Ma se non posso, le dico! Vuole che mi trovi a mal partito io per lasciarle fare i suoi comodi? — Oh... voi! Siete una volpe fina, voi! Il vostro pozzo non ha fondo e volete farmi credere d'essere a secco. Dite piuttosto che, per il vostro egoismo, non vi importa nulla di sacrificare i vecchi amici. — Ma che parole son queste! Glieli ho dati o no questi denari? Ho diritto o no di farmeli rendere? Uno che viene a farsi pagare, lei lo chiama un egoista? Ma sa che lei ha certe trovate straordinarie! — Là, là... non fingete di non comprendermi! So quel che dico e mi risulta che state per entrare in Municipio. Allora, naturalmente... — Ma chi le ha detto questo? — fece l'uomo, animandosi, con una smorfia di compiacimento. — Oh Dio, ne discorron tutti; è una cosa che tutti sanno; me ne avran parlato in cento. Ed io, che avevo il torto di credervi un buon amico, mi ero già prefisso di sostenere a spada tratta la vostra candidatura. Voi che fate invece? Mentre state per conoscere il peso degli onori pubblici, siccome può seccarvi che qualcuno dica: «Sì, è un uomo di polso, lo si potrebbe mandare in alto... però ha in giro qualche affaretto così e così...» voi preferite evitare sùbito le chiacchiere, senza riguardi per nessuno. Ecco perchè vi dicevo che siete un egoista. — Ma tutto questo cosa c'entra? Sono fantasie, caro signor conte! Che in Municipio ci sia forse un posticino anche per me, può darsi, e credo anzi che starebbe tanto bene a me come ad un altro... — Non dico di no. — Ma questo non ha niente a che vedere con gli affari miei propri. Se domani mi eleggono, mi fanno un piacere; se non mi eleggono me ne fanno due, perchè sono tanti grattacapi di meno... Le pare? — Via, Michele, rispetto all'elezione, se le voci sono vere, non v'è più alcun dubbio. Per conto mio seguiterò ad aiutarvi con tutte le mie forze e voi, per venire ad una conclusione, mi farete il piacere di rinnovarmi questa ipoteca per tre anni ancora. — Impossibile! Impossibile. Non parliamone più. — Lasciatemi dire... per tre anni ancora. E se a quel termine non vi pagherò tutto, siamo intesi che voi farete il protesto e vi prenderete la terra. — Nemmeno per sogno! — interruppe il Rossengo eccitandosi. — Ma, Dio buono, lasciatemi dire un momento! Cosa rischiate facendomi questo favore? L'ipoteca non muore, la terra è lì, nessuno la tocca ed è una garanzia che non corre pericolo. Se si tratta degli interessi, aggiungeremo anche quelli, e nel frattempo io saprò mettere le cose a posto con tutta mia pace. Andiamo, Rossengo! Se rifiutaste, dovrei credere proprio che mi vogliate portar via la terra oggi, che ne avete il mezzo, per il timore che un'occasione simile non vi càpiti più! — Non è questo, non è questo! Gli è... — spiegò Michele con una lieve titubanza — gli è che fra un anno, fra due, fra tre, si tornerebbe sempre alla stessa canzone. — Ma se vi dico di no! — Caro signor conte, io so benissimo come stanno le cose. Non le vorrei far torto, mi creda, ma noi ci teniamo al corrente per forza... — Dunque mi credete un uomo rovinato? È questo che volete dire? — Oh, questo, perdoni sa, lo si dice da un gran pezzo! Ma non è tutto lì. — Ah, non è tutto? Cosa c'è di nuovo? Se vi affermo che alla nuova scadenza potrò pagare, vuol dire che so press'a poco dove procurarmi la somma necessaria. — Ecco il punto grave! — diss'egli con un ridere grossolano, esaminando traverso la luce un altro bicchierino d'acquavite. — Sembra che non vogliate credermi, caro Michele! — feci, senza mostrare di adontarmene. — Oh, Dio, signor conte, sono cose delicate, cose che non mi riguardano... — egli osservò perplessamente. — Non fa nulla; dite pure. — Ma poi non se ne avrà per male, signor conte? — Perchè avermene a male? Dite, dite pure. — Ecco... — egli spiegò, cercando le parole. — Noi sapevamo da molto tempo, anzi lei stesso me ne aveva parlato... che il signor conte, a Roma, era fidanzato con una signorina ricchissima, e noi, naturalmente, conoscendo come stanno le cose, si contava molto su questo, perchè la terra insomma è sempre terra, e con le crisi agricole... Egli fece una pausa, mi guardò con i suoi occhi penetranti e riprese: — Invece ora è corsa voce che il matrimonio non si faccia più. In paese ne parlano come di cosa certa, ed allora, mi capisce, siccome fra noi si può parlar chiaro... — Ah, si dice questo? — esclamai, simulando una grande maraviglia. — Toh, questa mi piace! Compresi di non aver salvezza fuori dalla menzogna, e seguitai con sarcasmo: — Vorreste dirmi chi è quell'anima pietosa la quale avrebbe raccontata questa buona favola? E comica, sapete! Ma, già che siamo in argomento, parliamone pure a viso aperto. Ditemi per lo meno da che parte giunse fino a voi questa notizia sorprendente. — Un po' da tutte le parti, signor conte. Il mondo mormora, si finisce con saper tutto e non si ricorda mai da che bocca sia venuto il primo pettegolezzo. Il fatto è questo: dicono che per molte ragioni il matrimonio non si faccia più. — Sentiamo allora queste ragioni. In fede mia ne sono curioso. L'uomo tentennò il capo, si grattò la fronte, poi disse: — Chi ne racconta una, chi un'altra. La ragione prima sarebbe quella bella signora che lei ha condotta qui da Roma. Bella davvero! È francese, dica un po'? — È ungherese, ma fa lo stesso. — Per Dio, che creatura! che occhi! — Quando l'avete veduta voi? — A Fondi, alla Festa dei Fiori. — Bene, ma vediamo un po', Michele, e sia detto in confidenza, fra noi uomini... Quand'eravate fidanzato, voi, non vi siete permesso proprio nessun capriccio? Siate sincero, veh! — Oh, certo, prima e dopo, quanto a questo! — Dunque, non vorreste permettere anche a me la stessa cosa? Quand'un uomo è alla vigilia di prender moglie, talvolta si sente opprimere da una certa malinconìa... Bisogna farla passare. Insomma, lasciando gli scherzi, dite pure in città che la notizia è falsa. Non voglio darvene la prova, naturalmente, quantunque potrei anche sùbito mostrarvi le ultime sue lettere. Ma informàtevi meglio. Ed inoltre, sia detto fra noi, mettendo a parte ogni questione di amore o di non amore, vi sembra mai possibile che un uomo ridotto a mal partito come son io trascuri per un capriccio tutti quei milioni, con insieme una brava, una bella ragazza che domanda solo di offrirmeli? Bisognerebbe esser pazzi, vi pare? — Mah... questo l'ho sempre detto anch'io! — rispose il Rossengo, alzando le spalle. — No, credétemi — proseguii, battendogli una mano su la spalla, — queste sono malignità e gelosie di gente cattiva. Sentite: non fra un mese o due, ma domani se volessi! Ed io, lo dico a voi, Michele, già che ne parliamo, io vado un poco per le lunghe, perchè il matrimonio, come vi dicevo, è sempre una catena. Fosse la convinzione o l'effetto dell'acquavite che diminuiva sempre più nella

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Argomenti: lieve titubanza

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