Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 73

Testo di pubblico dominio

alzatevi; non voglio farvi male... lasciatevi vedere.» Lucia non si mosse. «Peggio per voi,» disse il Conte; «se volete fare il bell'umore. Ah! ah! non sapete dove siete. Pretendereste voi di resistermi? Abbassate subito quelle mani ch'io voglio vedervi.» Queste parole furono dette con un tuono così minaccioso, che le mani di Lucia obbedirono quasi senza il comando della volontà: e Lucia lasciò vedere la sua faccia spaventata e dolente. Alzò ella allora gli occhi al volto del Conte che la stava guardando attentamente; e dopo un momento, gli disse con una voce, in cui al tremito dello sgomento era mista la sicurezza d'una indignazione disperata: «Che male gli ho fatto io?» «E che male voglio io fare a voi, scioccherella?» rispose il Conte, con voce più mite. «Credete forse d'essere condotta al macello? Verrà un giorno che riderete di tutto questo vostro spavento, e riderete forse anche di me, che vi rispondo ora così sul serio.» «Ridere! oh Dio!» rispose Lucia «ridere!» e guardando un momento come smemorata, diede in un nuovo scoppio di pianto. «Sì sì, tutte voi altre fate così,» replicò il Conte. «Ma perchè,» riprese Lucia, «mi fa ella patire le pene dell'inferno? Mi dica che cosa le ho fatto? Oh non mi faccia più patire così: Dio glielo potrebbe rendere un giorno...» «Dio: Dio: sempre Dio coloro, che non hanno niente altro: sempre rinfacciar questo Dio, come se gli avessero parlato. Dov'è questo vostro Dio?» «È da per tutto, è qui,» rispose Lucia: «è qui a vedere s'ella si muove a pietà di me, per usarle pietà in ricambio un giorno. Oh abbia misericordia d'una poveretta, mi lasci andare, lasci ch'io mi ricoveri in qualche Chiesa, su le montagne, in un bosco. Oh lo vedo; tutto dipende da lei: con una parola ella mi può salvare: dica questa parola. Non so dove sono, ma troverò la strada per andare da mia madre. Oh Dio! non è forse lontana: ho visto i miei monti: oh s'ella sentisse quel ch'io patisco! non conviene ad un uomo che ha da morire, far tanto patire una creatura innocente: mi lasci andare; oh se pregherò Dio per lei! la benedirò sempre.» E animata nel suo discorso si levò da sedere, si pose in ginocchio, giunse le mani al petto, e continuò: «Che cosa le costa dire una parola? Non iscacci una buona ispirazione, un sentimento di pietà. Oh Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia!» – Che pazza curiosità ho avuto di venirla a vedere – pensava tra sè il Conte. – Dugento doppie! ne ho bisogno. Costoro vogliono esser ben pagati; eh! hanno ragione: espongono la loro vita: ma vorrei piuttosto toglierne cinquanta a quattro usuraj, e farli scannare tutti e quattro. – «Non mi dica di no,» continuava Lucia, sempre singhiozzando, «sono una povera figlia. S'ella provasse a pregare, a pregare, a cercar misericordia senza poterla ottenere! E se le accadesse una disgrazia! ... ma no, no io pregherò per lei il Signore e la Vergine... mi lasci andare...» «State di buon animo,» rispose il Conte, senza intenzione di nulla promettere, senza sapere egli stesso che senso avessero le sue parole, ma spinto da un bisogno di far cessare quell'angoscia e quel lamento, di consolare quella creatura. «Oh,» disse Lucia, «Dio la benedica, ella mi lascia andare.» «State di buon animo,» ripetè il Conte, «cercate di riposare... domani... parleremo...» «E voi,» rivolto alla vecchia, «voi», disse, «fate ch'ella non abbia da lagnarsi pure di una parola torta. Ora vi si allestirà la cena... ristoratevi, e dormite tranquilla.» «No, no,» rispose Lucia, «mi lasci andar subito...» «Domani... domani ci parleremo,» replicò il Conte, e con un rapido movimento andò verso la porta, ed uscì. Lucia, tutta piena della speranza di ottenere la sua liberazione si alzò, e volle correr dietro al Conte, ma quando si trovò sull'uscio non ardì movere un passo più in là, nè chiamare: tornò indietro come spaventata, e si raccosciò di nuovo nel suo angolo. «Volete dunque cenare?» le disse la vecchia. «No no; badate bene a non partire di qua» rispose Lucia, «ricordatevi di quello che vi ha detto il vostro padrone: chiudete la porta.» La vecchia obbedì, e tornata: «mettetevi a letto e dormite dunque», disse. «No: io non mi voglio movere di qui» replicò Lucia. «Che pazzie? ...» «Non voglio,» replicò di nuovo Lucia, risolutamente: quel coraggio di disperazione ch'ella si sentiva da quando a quando era stato accresciuto e corroborato da quella compassione ch'ella aveva veduta nel Conte, dalle parole di speranza che egli le aveva date, e dagli ordini ch'egli aveva lasciati con impero alla vecchia. – Ih! ih! che fummo ha costei, – disse tra sè la mala vecchia. – Maladette le giovani che hanno sempre ragione e quando sono svergognate e quando fanno le smorfiose. – «Badate a non ispegnere quella lucerna,» disse Lucia. «Sì sì,» rispose la vecchia, e senza più rivolger la parola a Lucia si coricò brontolando. Lucia rimase nel suo angolo. Era questo per lei, in quella orrenda giornata il primo momento di riposo; ma quale riposo. I pensieri che l'avevano assalita tumultuosamente, ad intervalli nel giorno, tornarono tutti in una volta ad assediare la povera sua mente. Le memorie così recenti, così vive, così atroci di quelle ore, di quel viaggio, di quell'arrivo, si affollavano alla sua fantasia; l'avrebbero oppressa se fossero state memorie d'un pericolo trascorso: e che dovevano fare, nel mezzo del pericolo stesso, nella durata, nella orribile incertezza dell'avvenimento! Qual passato! e qual presente! quel silenzio, quella compagnia, quel luogo. Qual notte! e per giungere a qual domani! L'infelice intravedeva ben qualche cosa della orditura spaventosa del laccio dove era stata tirata, ma rifuggiva dal pensiero di scoprirne più in là. Di quando in quando le parole di speranza del Conte la rincoravano: le andava ripetendo fra sè, s'immaginava di essere l'indomani fuori di quell'antro con sua madre, ma un altro avvenire possibile rispingeva questa immaginazione, e a tutta forza veniva a collocarsi nella sua mente. Tremava, si faceva animo, sperava, disperava, pregava: le forze del corpo finalmente cedettero ad un tale combattimento dell'animo, e Lucia fu presa da una febbre violenta. Le sue idee divennero più vive, più forti, ma più interrotte, più mescolate, più varie, si urtarono più rapidamente, e la confusione togliendole una parte della coscienza, rese sofferibile una angoscia che altrimenti ella non avrebbe potuto sofferire e vivere. Nel calore della febbre, le parve ad un tratto che la preghiera sarebbe stata più accetta, certamente esaudita, se con la preghiera ella avesse offerte in sagrificio quelle che altre volte erano state le sue più liete speranze. L'unica speranza di quel momento, quella di uscire da quel pericolo, le parve con questo divenire più fondata, più ferma: aperse gli occhj, li girò con sospetto e con ansietà nel barlume di quella stanza; tese l'orecchio, e non udì altro che il russare della vecchia; si levò chetamente, stette ginocchioni; e votò alla Vergine di viver casta, senza nozze terrene, s'ella poteva uscire intatta da quel pericolo. Proferito il voto, o, quello che a Lucia parve tale, ella si sentì come racconsolata; si raccosciò nel suo angolo, e passò il resto della notte in un letargo febbrile, interrotto da sussulti, e da vaneggiamenti. Il Conte partito da quella stanza andò secondo il suo costume a visitare i posti del suo castello, a vedere se le guardie erano poste ai luoghi stabiliti, se tutto era in ordine, e si chiuse nella sua stanza. Ma l'immagine di Lucia non l'aveva mai abbandonato nel suo giro; ma quando egli si trovò solo nella sua stanza, senza più nulla da fare che d'ascoltare i suoi pensieri, e di dormire se avesse potuto, quella immagine più viva, più potente si pose a sedere nella sua mente, e vi stette. – Che sciocca curiosità da femminetta, m'è venuta, – andava egli pensando,

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Argomenti: rapido movimento,    nuovo scoppio,    orribile incertezza

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