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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 78confessione del vero; non gli chiamiamo cattivi cittadini, ma uomini veggenti, candidi, imparziali. Ricordiamoci adunque che l'adoprar peso e peso, misura e misura, è cosa abbominevole; e siamo coi nostri così giusti e indulgenti come siamo con gli stranieri; senza pregiudizio però, giova ripeterlo, delle buone ragioni, che si potranno dire quando a Dio piaccia, per provare a questi nostri che pigliano un granchio. Per vedere una volta quale di queste due opinioni sia la più ragionevole, bisogna esaminare due gran fatti, o due serie di fatti. La prima; in che consistesse principalmente la corruttela delle lettere nel seicento, se questa corruttela sia stata una deviazione forzata dalla via tenuta nel cinquecento, quali idee si siano perdute, quali pervertite da un secolo all'altro; giacchè la corruttela delle lettere non può essere altro che smarrimento, o pervertimento d'idee, a meno che non si voglia ammettere una letteratura che non sia composta d'idee. L'altra; quali, dopo quella abbominazione del seicento siano state le idee introdotte negli scritti italiani, le quali hanno riprodotta una letteratura ragionevole e splendida, hanno avvertita l'Europa che le lettere in Italia non erano più come lo erano state per un secolo, una buffoneria, un mestiere guastato, l'hanno costretta a rivolgersi con attenzione a questa parte per udire con la speranza di una istruzione, d'un diletto razionale, quali siano le idee uscite dall'Italia e ricevute in parte del patrimonio comune della coltura Europea. Raccolti i sommi capi di queste idee della letteratura italiana risorta, bisognerà ancora cercarne la sorgente; vedere se sieno state riprese, svolte dagli scritti del cinquecento, o da che altra parte sieno venute a fare impeto nella letteratura italiana. Quanto alla prima questione... ma qui una buona ispirazione ci avverte che siamo fuori di strada; che musando così in ciarle di discussione mentre si tratta di raccontare, noi corriamo rischio di perdere, abbiamo forse già perduti i tre quarti dei nostri lettori; cioè almeno una trentina; tanto più che questa fatale digressione è venuta appunto a gettarsi nella storia nel momento il più critico, sulla fine d'un volume, dove il ritrovarsi ad una stazione è un pretesto, una tentazione fortissima al lettore di non andar più innanzi, dove è mestieri di una nuova risoluzione, d'un generoso proposito per riprendere e quasi ricominciare il penoso mestiere del leggere. Noi tronchiamo dunque subitamente questa digressione, pregando quei pochi i quali l'avessero letta fin qui a fare le nostre scuse a quelli che per noja avranno gettato il libro a mezzo di questo capitolo, pregandoli anche di assicurarli che saltando tutto il capitolo avrebbero la continuazione della storia, e di prometter loro in nostro nome, che noi vi ci getteremo in mezzo a piè pari al principio del prossimo volume, che la continueremo senza interruzione, seguendo fedelmente il manoscritto, e mescolandovi del nostro il meno che sarà possibile. Fine del secondo volume Note 6. Un giovane Gesuita prese a dimostrare in un discorso detto pubblicamente che Racine non era nè cristiano nè poeta. I Gesuiti biasimarono quella insolenza, e per mezzo di Boileau fecero sapere a Racine che avrebbe soddisfazione. Ecco un passo della risposta di Racine: « Vous pouvez assurer le Père Bouhours que, bien loin d'être fâché contre le régent qui a tant déclamé contre mes pièces de théâtre, peu s'en faut que je ne le remercie d'avoir prêché une si bonne morale dans leur collège. » 7. Paul. ad Philipp. Cap. IV, v. 8. Tomo 3 29 novembre 1822. cap. 1 Il Cardinale Federigo, secondo il suo costume in tutte le visite, stavasi in quell'ora ritirato in una stanza, dove dopo aver recitate le ore mattutine, impiegava quei momenti di ritaglio a studiare, aspettando che il popolo fosse ragunato nella Chiesa, per uscir poi a celebrarvi gli uficj divini, e le altre funzioni del suo ministero. Entrò con un passo concitato ed inquieto il cappellano crocifero, e con una espressione di volto tra l'atterrito e il misterioso, disse al Cardinale: «Una strana visita, Monsignore illustrissimo.» «Quale?» richiese il Cardinale con la sua solita placida compostezza. «Quel famoso bandito, quell'uomo senza paura e che fa paura a tutti... il Conte del Sagrato... è qui... qui fuori, e chiede con istanza d'essere ammesso.» «Egli!» rispose il Cardinale: «è il benvenuto, fatelo tosto entrare.» «Ma...» replicò il cappellano, «Vostra Signoria Illustrissima, lo debbe conoscere per fama; è un uomo carico di scelleratezze...» «E non è egli una buona ventura,» disse il Cardinale, «che ad un tal uomo venga voglia di presentarsi ad un vescovo?» «È un uomo capace di qualunque cosa», replicò il cappellano. «E anche di mutar vita,» disse il Cardinale. «Monsignore illustrissimo,» insistette il cappellano «lo zelo fa dei nemici, sono arrivate più volte fino al nostro orecchio le minacce di alcuni che si sono vantati...» «E che hanno fatto?» interruppe Federigo. «Ma se costui, costui che tiene corrispondenza coi più determinati ribaldi, costui che non si spaventa di nulla, venisse ora... fosse mandato, Dio sa da chi per fare quello che gli altri...» «Oh! che disciplina è questa,» interruppe ancora sorridendo serenamente il vecchio, «che un officiale raccomandi al suo generale di aver paura? Non sapete voi che la paura, come le altre passioni, ad ogni volta che le si concede qualche cosa, domanda qualche cosa di più? e che a questo modo, di cautela in cautela, bisognerebbe ridursi a non far più nulla dei doveri d'un vescovo?» «Ma questo è un caso straordinario,» continuò il cappellano caparbio per premura: «Vostra Signoria non può così esporre la sua vita. Costui è un disperato, Monsignore illustrissimo; lo rimandi; troveremo qualche onesta scusa...» «Ch'io lo rimandi?» rispose con una certa maraviglia severa il Cardinale. «Per farmene un rimprovero per tutta la vita, e renderne poi conto a Dio? Via via. Già egli ha troppo aspettato. Fatelo entrar tosto, e lasciatemi solo con lui.» Il cappellano non ebbe più coraggio di replicare, e fatto un inchino partì per obbedire, dicendo in cuor suo: – non c'è rimedio: tutti i santi sono ostinati –, epiteto che nel senso in cui l'adoperiamo il più sovente significa uno che non vuol fare a modo nostro. Uscito nella stanza dov'era il Conte, qui pure solo in un canto, mentre tutti gli altri presenti si stavano raggruppati in un altro, a guardarlo e a parlare sommessamente, il cappellano gli si accostò, e gli disse che Monsignore lo aspettava; facendo nello istesso tempo, in modo da non essere veduto dal Conte, un cenno delle spalle e del volto agli altri, che voleva dire: – Quell'uomo benedetto; accoglierebbe Satanasso in persona. – Il Conte allora prese tosto una cintura con la quale teneva appeso l'archibugio, e facendolosi passare sul capo se lo tolse dalla spalla, si cavò dalla cintura dei fianchi due pistole, si staccò uno spadone, e fatto un fascio di tutto, si accostò ad uno dei preti che si trovavano nella stanza, gli consegnò quel fascio dicendo: «sotto la vostra custodia». «Signor sì,» disse il prete, e, non senza impaccio, allargando ben bene le mani, e ponendo cura che nulla ne sfuggisse, lo prese con delicatezza come avrebbe fatto d'un bambino da portarsi al Fonte. Restava ancora un pugnale, di cui il manico d'avorio intarsiato d'oro sporgeva tra il farsetto e la veste: e gli occhi erano rivolti sul Conte, per osservare se egli compisse la buona opera di disarmarsi e desse anche questo al curato: ma il Conte non n'ebbe pure l'immaginazione: togliersi il pugnale era un pensiero troppo strano per lui: gli sarebbe sembrato di andar nudo. Il cappellano aperse la portiera, ed introdusse il Conte; il Cardinale si alzò, gli si fece incontro, lo accolse con un volto sereno, e accennò con gli occhi al cappellano che partisse; ed egli partì. Il Conte Tag: cappellano cardinale conte idee due paura letteratura fare essere Argomenti: due serie, uomo capace, piè pari, letteratura ragionevole, patrimonio comune Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Corbaccio di Giovanni Boccaccio La divina commedia di Dante Alighieri Fior di passione di Matilde Serao Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza Come reagire ad un annuncio di gravidanza Far vivere a lungo le rose Consigli per fare dei bei braccialetti Come dichiararsi ad una persona
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