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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 142contemporanee anche molti uomini colti si accontentino di ragioni che gli farebbero ridere applicate in una storia ad avvenimenti lontani. Nei nostri tempi in cui i fatti si sono affoltati con una terribile celerità, è incredibile l'influenza che hanno avuta in essi queste opinioni così leggermente ricevute: le più inverisimili son divenute spesso norma infallibile, impulso potente di condotta e di azioni: effetti terribili di cause immaginarie, furono poi cagioni di azione pur terribile, vasta, e prolungata. Su questa corrività non posso trattenermi dal trascrivere alcune parole d'oro da un libro d'un uomo singolarmente osservatore, il quale si trovò ravvolto in avvenimenti d'una terribile complicatezza: «Si je ne l'avois pas vu moi-meme, et plusieurs fois, je ne le croirois pas: il a été fait par des hommes de bien à des hommes atroces, des inculpations qui n'ètoient ni vraies ni vraisemblables.» Tornando al nostro proposito, v'ebbe pure alcuni i quali pensarono, e dissero che tutto quell'infardamento doveva essere una burla; e l'attribuirono a scolari dello studio di Pavia. Ma questa opinione non fece presa: quella che supponeva una intenzione più rea, una intenzione atroce era troppo conforme alle altre idee dell'universale: e del resto nelle grandi sciagure gl'ingegni si pascono volentieri di supposizioni orribili. Quegli che opinavano per la burla non osarono troppo insistere, per non esser presi essi stessi in sospetto di complici o di fautori dell'attentato. Dal non credere un delitto all'approvarlo il salto è grande; ma la logica delle passioni è agile, e sa farne senza difficoltà anche dei maggiori. Il suo modo di procedere in questo caso è tale. Quando a persone inebbriate d'odio e di indegnazione contra il supposto autore d'una grande iniquità contra il pubblico, voi negate che quegli ne sia colpevole, l'idea che rimane nei vostri uditori è che voi intendete di scusarlo. Ora nelle menti loro, atrocità del delitto, certezza del delitto, reità del tale o dei tali sono idee affatto indivisibili; e quindi scusare la persona è per essi scusare la cosa. Scusare poi, approvare, favorire, esser complice, esser capo, sono salterelli, che la logica fa quasi senza avvedersene. Ma ciò che reca maraviglia anche a chi avendo letti i libri di quel tempo ha potuto avvezzarsi al ragionare dei loro autori, si è l'udire taluno di quei medici stessi che avevano sostenuto, insegnato, osservato alla giornata come il contatto trasmettesse e diffondesse rapidamente la peste, udirli dico poi attribuirne la diffusione alle unzioni. Ai 19 di Maggio, il tribunale della sanità con publica grida, offerse premio ed impunità a chi rivelasse gli autori delle unzioni. Altre consimili furono poi publicate d'ordine del governatore e del senato. In mezzo alle suspicioni, ai furori, alle accuse avventate e crudeli, in mezzo pure alla licenza che nè le sventure, nè le ire avevano frenata, sorse una smania generale di placare la collera di Dio con una processione publica nella quale si portasse per la città il corpo di San Carlo. Il Vicario e i Dodici di Provvisione, i sessanta decurioni fecero di ciò richiesta al Cardinale Federigo; il quale ricusò da prima, adducendo motivi, che da un tal labbro pare che dovessero portare la persuasione; ma talvolta la ragionevolezza, o l'opportunità delle parole toglie ogni forza anche alla autorità. Allegava l'uomo savio che il popolo aspettava da quella supplicazione solenne la liberazione dalla peste, non con una speranza condizionata e rassegnata, ma con una certezza superstiziosa; e che a questa, quando fosse delusa, succederebbe una incredulità egualmente superstiziosa, una indegnazione empia. Un altro motivo da lui addotto era anche conforme ai più cari pregiudizj del publico: e pur non valse. «Una tale ragunata di popolo», diceva egli, «potrà essere una troppo comoda occasione per questi untori, quando sia pur vero che ve n'abbia.» Giacchè Federigo, quantunque fosse lontano dall'ammettere tutte le ragioni che persuadevano su quel punto la maggior parte dei suoi contemporanei, quantunque anche in iscritto abbia mostrato la frivolezza, e l'illusione di alcune, e segnate le cagioni e i modi dell'errore, pure sbalordito da tante grida, sopraffatto da tante testimonianze non ebbe il coraggio di pensare che il delitto era tutto immaginario: e con tutta la nostra riverente propensione per quell'uomo, non possiamo dargli una tal lode, che pur fu meritata da alcuni suoi contemporanei, dei quali non già i nomi, ma una memoria confusa ci è stata conservata dagli scrittori. E, cosa singolare! tutti quegli scrittori, meno il Ripamonti, insorgono contra quei pochi increduli; di modo che se noi posteri sappiamo che alcuni uomini furono esenti da un funesto errore comune, lo sappiamo soltanto per l'accusa di cecità e di stranezza che gli scrittori credettero di portare contro di quelli al nostro riverito tribunale. Un'altra ragione, e savia davvero, allegava il buon vescovo: che un pericolo ben più certo, e ben più funesto sarebbe la frequenza, l'addensamento, e la mistura di tante persone: e che era troppo da temersi che un mezzo cercato per ottenere la liberazione della peste, ne divenisse un terribile propagatore. Ma le insistenze, le importunità furono tali ch'egli acconsentì. Su di che noi non osiamo nè assolvere, nè censurare la sua memoria: perchè non possiamo sapere quali sarebbero state le conseguenze d'una ripulsa diffinitiva. Quegli uomini avrebbero potuto fare a furore la loro processione senz'altro permesso; e farla meno ordinata e di più funesto effetto, avrebber potuto fare Dio sa che. A chi volesse giudicare a rigore il nostro Federigo, noi non auguriamo di aver mai a competere con un qualche migliajo di furiosi ostinati. Tre giorni furono spesi in preparamenti: si ornarono in fretta le vie per cui doveva passare la processione: i ricchi cavarono fuori le più preziose suppellettili; le fronti delle case povere furono addobbate dai vicini doviziosi, o per cura del publico. Il tribunale della sanità bandì che nessuna persona di terra sospetta potesse entrare quel giorno in Milano; anzi per accertare l'esecuzione del bando, fece chiudere le porte della città. E parimenti, perchè nessuno dei cittadini infetti o sospetti potesse in quel giorno uscire e mischiarsi alla folla, fece inchiodare le porte delle case già sequestrate. Con questi ordini si credette che fosse bastantemente ovviato ai pericoli di una accolta così numerosa. Un momento di riflessione avrebbe dovuto bastare a sbandire una tale fiducia da qualunque intelletto umano: e tanto più fa stupore come ell'abbia potuto prevalere in coloro i quali avevano dovuto vedere e sperimentare quanto rapidi, facili, moltiplici fossero i modi per cui il contagio si comunicava; e quanto scarsi in paragone i mezzi di riconoscere tosto le persone, le cose a cui si era comunicato. Certo non potevano nutrire la pazza lusinga di aver saputo discernere e sequestrare tutti gli infetti; dovevano anzi tenersi pur troppo certi che molti giravano liberamente, molti si sarebbero trovati in quella folla i quali avevano già nei loro corpi, o nelle vesti appiccato il contagio; non ignoravano che un solo di questi sarebbe bastato ad infettare una città intera: e si fidarono a quei loro provvedimenti. All'alba del giorno 11 di giugno, festivo a quei tempi nella diocesi milanese pel nome di San Barnaba, il clero e il popolo, ragunatosi parzialmente nelle diverse chiese, convenne in drappelli al Duomo, donde tutti poi insieme si mossero a processione. Andava innanzi una gran troppa di popolo misto di età, di condizione, e di sesso; quali portando un cero, quali un rosario; molti in segno di penitenza, scalzi. Venivano quindi con ceri le confraternite vestite di fogge varie di colori e di forme, poi le arti distinte, e precedute ognuna dal suo confalone; poi le varie congregazioni dei frati, neri, bigi, e bianchi, poi il clero secolare, distinto Tag: troppo delitto processione terribile tutti tante uomini peste mezzo Argomenti: impulso potente, intenzione atroce, grande iniquità, smania generale, supplicazione solenne Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Garibaldi di Francesco Crispi Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Marocco di Edmondo De Amicis Decameron di Giovanni Boccaccio Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerta capodanno a Lussemburgo Storia e carattere del criceto comune La farfalla monarca e la sua spettacolare migrazione I profumi per l'inverno Come curare il pelo del gatto
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