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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 22vuole.» Lucia non aperse bocca; ma un rossore che le velò tutta la faccia parve ripetere parola per parola ciò che Fermo aveva detto. «Maritati che foste,» continuò Agnese, «coi pochi risparmi di Fermo, e coi nostri, colla nostra poca abilità, possiamo vivere anche via di qui: per me non ho che questa poveretta al mondo, e grazie al cielo non vi sarei di peso, giacchè il pane me lo guadagno. Lontani dalla persecuzione di questo tiranno senza timor di Dio, noi potremmo far casa, e vivere in santa pace, non è vero, figliuoli?» «Sicuro,» rispose Fermo, «ma tutto sta nell'essere maritati.» «Ebbene, come vi ho detto, coraggio e destrezza; fare quello che vi dirò io, e la cosa è facile.» «Facile!» dissero ad una voce quelli per cui la cosa era divenuta tanto stranamente, e dolorosamente difficile. «Facile, a saperla fare;» replicò Agnese. «Bisogna fare un matrimonio gran destino.» – La buona donna voleva dire clandestino. – «Cospetto!», disse Fermo: «mi par bene di avere inteso altre volte questa parola, ma non so che cosa voglia dire. Ma come fare il matrimonio se il curato non vuole? Senza il curato non si può fare.» «Bisogna che il curato ci sia, e questo è facile, ma non fa bisogno ch'egli voglia, che è il punto.» «Spiegatevi meglio.» «Ecco come si fa. Bisogna aver due testimoni, destri e ben informati. Si va dal parroco. Lo sposo dice: – Signor curato, questa è mia moglie: – la sposa dice: Signor curato, questo è mio marito: – il parroco sente, i testimonj sentono, e il matrimonio è fatto, e sacrosanto come se lo avesse fatto il papa. Ma bisogna che il curato senta, che non v'interrompa, perchè se ha tempo di fuggire prima che tutto sia detto, non si è fatto niente. Bisogna dire in fretta, ma chiaro, sentite: come faccio io: – questa è mia moglie: questo è mio marito: – (e faceva mostra di una volubilità di lingua che in verità possedeva in un modo singolare). Quando le parole son proferite, il curato può strillare, strepitare fare quello che vuole, siete marito e moglie.» «Possibile!» sclamò Lucia. «Oh vedete,» disse Agnese «che nei trent'anni che sono stata al mondo prima di voi altri, non avrò imparato niente. La cosa è certa e una mia amica che voleva pigliar marito contra la volontà dei suoi parenti, ha fatto così. Poveretta! che arte ha usata per riuscirvi, perchè il curato stava sull'avviso, ma ha saputo cogliere il momento, ha pigliato colui che voleva, e se ne è pentita tre giorni dopo.» «Se fosse vero, Lucia!...» disse Fermo, riguardandola con aria di una aspettazione supplichevole. «Come! se fosse vero,» ripigliò Agnese: «Io mi cruccio per voi, e non son creduta. Bene bene; cavatevi d'impiccio come potete: io me ne lavo le mani.» «Ah no! non ci abbandonate,» disse Fermo. «No no:» riprese Agnese: «me ne lavo le mani: sentite, io son donna che sopporto ogni cosa per quelli a cui voglio bene, ma non voler credere alle mie parole, e non voler fare quello che dico io; questo non lo posso sopportare.» Chi avesse tentato direttamente con preghiere di smuovere Agnese irritata, avrebbe facilmente avuto da fare per molto tempo: ma Lucia ottenne l'effetto in un momento, senza porvi astuzia, facendo una obbiezione: «Ma, perchè dunque,» diss'ella, «questa cosa non è venuta in mente al Padre Cristoforo?» Questa interrogazione impegnò la buona Agnese a rispondere, e a giustificare il suo assunto. «Bisogna saper tutto,» diss'ella. «Al Padre Cristoforo che ne sa molto più di me, la cosa sarà venuta in mente prima che a me: ma io so bene perchè non ne avrà voluto parlare.» «Perchè?» domandarono i due giovani. «Perchè? ... perchè... i religiosi dicono che è una cosa che non istà bene.» «Come possono dire che non istia bene, quando dicono che non si può disfare,» disse Fermo. «Se non istà bene,» disse Lucia, «non bisogna farla.» Per rispondere a Fermo era necessario un ragionamento troppo sottile per Agnese: si volse ella adunque a Lucia, e disse: «Non bisogna dirla prima di farla, perchè allora sconsigliano: ma quando sarà fatta, che cosa vuoi che ti dica il Padre Cristoforo? – Ah figliuola è stata una scappata, non me ne tornate a fare una simile! – Tu gli prometterai di non tornarvi: non è vero? non son cose che si facciano due volte. E allora il Padre Cristoforo ti assolverà.» Lucia non si mostrava convinta di questo raziocinio; ma Fermo tutto rincorato disse: «Ebbene quand'è così la cosa è fatta. Lucia, voi non mi verrete meno, non mi avete voi promesso d'esser mia? Non abbiamo noi fatto ogni cosa da buoni cristiani? E se non fosse stato questo... non saremmo noi marito e moglie?» «Fatta! fatta!» disse Agnese: «adagio. E i testimonj? E trovare il modo di acchiappare il signor curato, che da due giorni se ne sta rincantucciato in letto, e che quando vi vedesse comparire a un miglio di distanza, scapperebbe come il diavolo dall'acqua santa?» «Ho trovato il modo; l'ho trovato,» disse Fermo, battendo il pugno sulla tavola e facendo trasalire e fremere le stoviglie apparecchiate pel desinare: «l'ho trovato. Vado, e torno. Bisogna ch'io parli con Toni; e se posso acconciare la faccenda con lui, l'è fatta; e vengo subito ad informarvene.» «Ma ditemi prima quello che intendete di fare» disse precipitosamente Agnese, alla quale pareva pure di dover esser consultata la prima. «Non ho un momento da perdere: bisogna ch'io lo colga in casa a quest'ora: altrimenti, chi sa se potrei trovarlo. Vado e torno, per sentire il vostro parere; senza il vostro parere non si farà nulla. Cara Agnese, io vi considero come se foste la madre che ha patito5: sono nelle vostre mani. Persuadete Lucia.» Così detto sparì. Non ci voleva meno di queste parole perchè Agnese perdonasse a Fermo di farle aspettare una confidenza e di intraprendere qualche cosa senza il suo consiglio. «Ragazzo!» diss'ella quando fu partito «purchè non me ne faccia una e non mi guasti tutto. Basta: mi ha promesso di non far nulla senza la mia licenza.» Necessità, come si dice, assottiglia l'ingegno: e Fermo il quale nel sentiero retto e facile di vita che aveva percorso fin allora non aveva mai avuto occasione di far molto uso della sua penetrazione, ne pensò in questo caso una, che avrebbe fatto onore ad un giurisperito. Corse alla casetta di Tonio, la quale era nel villaggio dove risiedeva il parroco, a forse trecento passi di distanza dalla abitazione di Lucia. Quando Fermo entrò nella cucina, la moglie, la vecchia madre di Tonio stavano sedute alla mensa, e tre o quattro figli ritti intorno aspettando il desinare che Tonio stava cucinando. Ma non si vedeva sui volti quell'allegria che ordinariamente anche i poverelli mostrano in quel momento: la carestia aveva costretti i poverelli ad una sobrietà ancor più rigida che per l'ordinario, e tutti cogli occhi fissi sulla pentola nella quale Tonio tramestava accidiosamente una bigia polenta di fraina (o se volete di poligonum fagopyrum) pareva che invece di rallegrarsi della vista del desinare pensassero tristamente a quella buona parte di appetito che rimarrebbe intatta dopo sparecchiato. In quel momento Tonio riversò la polenta sulla tafferia di faggio che stava appronta a riceverla, e il largo orlo che rimase vuoto all'intorno fece ancor più chiaramente risaltare la povertà del convito. Nullameno le donne rivolte cortesemente a Fermo, gli dissero se voleva restar servito: complimento che il contadino di Lombardia non lascia mai di fare quando mangia seduto sulla sua porta a chi s'abbatte a passarvi quand'anche stesse mangiando l'ultimo boccone del suo piatto. «Vi ringrazio,» rispose Fermo: «io vengo per dire qualche cosa a Tonio; e se vuoi Tonio, per non incomodare le tue donne vieni a pranzar meco all'osteria, e parleremo.» La proposta fu per Tonio tanto gradita quanto meno aspettata; e le donne che in un'altra occasione forse avrebbero avuto che dire su questa partita videro con piacere Tag: fermo curato fare lucia dire fatto bene prima marito Argomenti: trecento passi, lucia ottenne, ragionamento troppo, sentiero retto, largo orlo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Libro proibito di Antonio Ghislanzoni Fior di passione di Matilde Serao Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come affrontare con fiducia un colloquio di lavoro in azienda Come riconoscere i sintomi di una gravidanza Come affrontare la paura del tradimento Come fare il profumo in casa Cosa fare all'arrivo di un cucciolo a casa
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