Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 98

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mancheranno occasioni. Così facessero tutti! Così Iddio toccasse il cuore a qualchedun altro e gli ispirasse di compensare anche me povero prete, delle spese che ho dovuto fare in medicine per quella maledetta...» Voleva dire – paura – ma ebbe paura di parlare imprudentemente e si fermò. «Vi ringrazio della vostra degnazione,» disse il Conte a Lucia, «e del vostro perdono. E se mai in qualunque caso voi credete ch'io possa esservi utile, voi sapete... pur troppo... dove io dimoro. Il giorno in cui mi sarà dato di fare qualche cosa per voi, sarà un giorno lieto per me: mi parrà allora che Dio mi abbia veramente perdonato.» «Ecco che cosa vuol dire avere studiato!» disse Agnese: «appena Dio tocca il cuore, si parla subito come un predicatore.» Lucia ringraziò pure il Conte, il quale dopo d'aver ripetute parole di scusa e di umiliazione e di tenerezza, si congedò, uscì con Don Abbondio, e sulla porta si divisero. Il Conte tra le acclamazioni della folla prese la via che conduceva al suo castello, e Don Abbondio tornò a casa. Appena le due donne furono sole, Agnese svolse il rotolo, e in fretta in fretta si diede a noverare. «Dugento scudi d'oro!» sclamò poi: «quanta grazia di Dio! Non patiremo più la fame certamente.» «Mamma,» disse Lucia, «poichè quel signore ci ha costrette ad accettare questo dono, e ha preteso che fosse una restituzione... quei denari non sono tutti nostri. Non siamo noi sole che abbiamo sofferti danni... non sono io sola che abbia dovuto fuggire, intralasciare i miei lavori. Io sono tornata finalmente... e se non istarò qui, ho almeno chi pensa a me, chi non mi lascerà mancare di nulla... Un altro è lontano, e che Dio sa quando potrà tornare. Mi parrebbe di aver rubati quei denari, se almeno almeno non gli dividessi con lui.» «Glieli porterai in dote,» disse Agnese, studiandosi di rotolare come prima gli scudi, che facendo pancia da una parte o dall'altra sfuggivano dalle sue mani inesperte. «Non parliamo di queste cose, mamma,» disse Lucia sospirando; «non ne parliamo. Se Dio avesse voluto... ah! le cose non sarebbero andate a quel modo. Non era destinato che fossimo... non ci pensiamo per carità.» «Ma s'egli torna,» voleva cominciare Agnese. «È lontano, è profugo, ramingo... ah! c'è altro da pensare: forse egli stenta, forse non ha pane da mangiare. Forse con questo ajuto, egli potrà collocarsi bene altrove, farsi un avviamento, uno stato...» «Ohe!» disse Agnese, «tu non pensi più a lui? ...» «Penso a toglierlo d'angustia, e di bisogno,» rispose in fretta Lucia. «Questo lo possiamo fare, al resto provvederà Iddio.» Agnese era onesta e buona, e per quanto le piacessero quei begli scudi giallognoli, non avrebbe potuto possederli con un contento puro e tranquillo quando le fossero divenuti in mano un testimonio di dura e bassa avarizia. Consentì ella dunque a destinarne la metà a Fermo, e promise a Lucia che avrebbe cercato tosto il mezzo di farglieli tenere sicuramente. Ma Agnese era rimasta colpita di quella nuova rassegnazione di Lucia all'assenza del suo promesso sposo, e non lasciò di tentarla con interrogazioni, dirette, tortuose, calzanti, subdole, per venirne all'acqua chiara. Lucia però seppe per allora e per qualche tempo schermirsi dal soddisfare alla curiosità materna, allegando sempre che era inutile il pensare a cose che le circostanze rendevano impossibili. Il Cardinale aveva risoluto di partire quella sera di là, per portarsi ad una parrocchia vicina; ma partiva col dispiacere di non avere ancora potuto provvedere Lucia d'un asilo; e quantunque tutto paresse ivi sicuro per essa, pure il cuore del buon vecchio non era abbastanza tranquillo. Per avere la certezza che desiderava, egli non si rivolse a Don Abbondio; perchè teneva per fermo (e nessuno dirà ch'egli giudicasse temerariamente) che Don Abbondio per rispondere «Monsignor sì» o «Monsignor no», avrebbe consultato piuttosto l'interesse e la sicurezza sua propria che quella di Lucia. Commise egli adunque al suo Cappellano crocifero di aggirarsi fra il popolo, e di osservare lo stato delle cose, la disposizione degli animi, di vedere se v'era rimasta in paese gente di mala intenzione, se insomma si poteva partire col cuore quieto, lasciando Lucia nel luogo, dove alcuni giorni prima non era stata sicura. Il Cappellano fece ciò che gli era stato imposto; parlò al sagrestano, agli anziani, al console, e da tutti fu accertato che nulla v'era da temere. Anzi appena si ebbe sentore di questa inquietudine del Cardinale, in un momento giovani e vecchi s'offersero di guardare la casa di Lucia; con quella risoluzione, con quell'ardore con cui si veggono offrire le alleanze ad un principe vittorioso. «Son qua io», diceva l'uno... «tocca a me», diceva l'altro: «io son cugino», gridava un terzo: «io io che non ho paura di brutti musi», schiamazzava il quarto, e così fino al centesimo. Non si sarebbe potuto credere che Lucia pochi giorni prima avesse dovuto fuggire segretamente da quello stesso paese. Perchè costoro non si presentavano quando v'era il bisogno? Eh! perchè v'era il bisogno. Avuta questa sicurezza, il Cardinale partì, facendo ancora ripetere a Lucia, ch'egli non si sarebbe scostato da quei contorni prima d'aver provveduto alla sua sorte. Infatti egli andò sempre in quei giorni ripensando al modo di compire questa sua opera, e ricercando in ogni persona, in ogni circostanza se poteva farne un mezzo al suo benefico intento. A forza di attendere e di ricercare, l'occasione si presentò. Visitando una di quelle parrocchie, ricevette Federigo fra le altre visite che accorrevano da ogni parte, quella d'una famiglia potente di Milano che villeggiava in quelle vicinanze. Don Valeriano, capo di casa, Donna Margherita sua moglie, Donna Ersilia loro unica figlia, e Donna Beatrice sorella del capo di casa, rimasta vedova nel primo anno di matrimonio, e ritornata a vivere ritiratamente in casa. Dei primi tre il Cardinale non aveva conoscenza molto vicina: sapeva soltanto che la famiglia benchè molto distinta, pure non faceva terrore, che Don Valeriano non aveva riputazione di soverchiante e di tiranno; e questo merito negativo bastava in quei tempi a conciliare ad una famiglia potente la stima e la fiducia dei più savj. Oltre di che, Donna Beatrice era nota a Federigo assai più da vicino; le abitudini di una vita tutta consecrata alla pietà e alla assistenza dei poveri le avevano data senza ch'ella se ne curasse, una riputazione di santità, e il Cardinale in più occasioni incontrandosi con essa nelle stesse intenzioni, e nelle stesse occupazioni aveva avuto campo di accertarsi che quella riputazione non era menzognera. Quando adunque questa visita gli fu annunziata, propose egli di trovare il modo che Lucia andasse in quella casa; ma non dovette studiar molto a condurre il discorso dov'egli desiderava; perchè l'affare di Lucia era stato tanto clamoroso che Don Valeriano non mancò di parlarne per fare un complimento al suo liberatore. Questi allora dopo d'aver modestamente rifiutate le lodi ch'egli sapeva di non meritare, raccontando semplicemente il fatto, e togliendone tutto ciò che la fama vi aveva aggiunto in suo onore, aggiunse che però tutto non era finito, che quella povera giovane uscita da un tanto pericolo non era pure in sicuro, non aveva un asilo, e che certamente avrebbe compiuta una opera incominciata da Dio chi l'avesse raccolta. Don Valeriano guardò in faccia a Donna Margherita, la quale assentì con una occhiata: Donna Beatrice, non guardata da loro, gli guardò entrambi con ansietà per vedere se avevano inteso, se avrebbero fatto vista d'intendere: Donna Ersilia continuò a guardare la croce del Cardinale, la porpora, a seguire con l'occhio la mano per osservare l'anello, che erano le cose per le quali s'era fatta una festa di venire a far quella visita. Don Valeriano offerse al Cardinale di prendere Lucia al servizio della casa, o come il Cardinale avrebbe

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