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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 65«Ella sa pure che siamo amici, e fra noi non si deve parlare politicamente. Io sono informato molto bene che questo religioso è un po' inquieto, ama di comprarsi le quistioni, e di cozzare con le persone di qualità. Cose che non vanno bene, non vanno bene, Padre molto reverendo: Ella conosce il mondo, e m'insegnerà che queste cose non vanno bene.» – È tutta mia colpa, – disse sempre in soliloquio il Padre; – doveva pensare che quel benedetto Cristoforo con quel suo fuoco mi avrebbe strascinato in qualche impiccio: lo sapeva che era un uomo da far girare di pulpito in pulpito, e da non lasciar mai quieto per tre mesi in un convento vicino a case di signori. Ma vediamo in che stato è la cosa, e come si può rimediare. – E per pigliar tempo, rispose al Conte: «Se Vostra Eccellenza è informata di qualche mancamento di questo padre, Le sarò grato di farmene partecipe, acciò ch'io possa mettervi rimedio.» «Pensieri degni della sua prudenza, padre molto reverendo: principiis obsta. Ecco il fatto, senza andirivieni. Questo religioso ha preso a cozzare con mio nipote, e la cosa potrebbe farsi più seria. Senza parlare di me, che ho troppa venerazione per Vostra paternità e per tutta la compagnia, per fare nulla senza sua intelligenza in questo proposito; mio nipote ha molte aderenze. Quand'anche io non me ne volessi impacciare, i parenti di padre e di madre... sono persone... sono famiglie...» «Cospicue» disse il padre. «E accreditate,» continuò il Conte: «e mio nipote ha il sangue caldo. Io le parlo da buon amico. Mio nipote è giovane, e questo religioso, da quel che sento» e qui cavò la sua vacchetta, l'aperse, vi diede un'occhiata per lasciar supporre al padre che vi erano notate di gran cose, e continuò con un'aria misteriosa: «questo religioso ha ancora tutte le inclinazioni della gioventù. I giovani non hanno giudizio, e tocca a noi che abbiamo i nostri anni... pur troppo eh? ...» «Eh! pur troppo,» disse il padre. Chi fosse stato presente a quel dialogo avrebbe potuto scorgere in quel momento una mutazione curiosa nel volto dei due personaggi, che per la prima volta prendeva l'espressione d'un sentimento sincero: qui non avea luogo la politica, e il cuore parlava. «Ella è così, padre,» continuò il Conte. «Tocca dunque a noi il rappezzare gli sdruciti che i giovani fanno.» «Tra me e lei (così disse il signor Conte) tra me e lei si potrà sopir l'affare.» Queste parole furono molto gradite al Provinciale. È vero, ed ognuno lo sa, che a quei tempi i membri d'una congregazione religiosa erano affatto indipendenti da ogni podestà secolare, e non avevano quindi nulla a temere da essa. E quando questa si trovava in collisione con alcuno di loro, e voleva prescrivere qualche cosa, la più forte, la sola minaccia che usasse e che potesse usare si era che avrebbe richiesto al papa che i renitenti, quelli che avessero contrafatto agli ordini fossono mandati fuori dello stato come diffidenti di S.M.; il che si può vedere nelle gride contra gli omicidi, banditi, i bravi, dove questa minaccia è fatta ai regolari che gli ricoveravano, e ponendoli così in luogo d'asilo gli involavano dalle mani della forza secolare. In un'epoca posteriore fu pensato al modo di render più forte questa minaccia, e di estendere la pena; e questo sforzo merita d'esser ricordato e come un attestato insigne della impotenza della forza civile a raggiungere gli ecclesiastici, e come un esempio notabile di stolta e feroce iniquità. L'onore di questo trovato appartiene al Signor Don Luigi de Revavides, Marchese di Fromista e Caracena Conte di Pinto. Estese egli questa minaccia d'esser trattati come diffidenti di S.M. anche ai parenti più prossimi di quegli ecclesiastici, che avessero raccettati nei luoghi sacri ed immuni certi banditi. 23 Agosto 1651, ed altre. Ma i modi di nuocere non erano quegli soli che le grida prescrivevano, e la inimicizia di un uomo, e di una famiglia potente era un semenzaio di pericoli, d'incertezze, e di disturbi. Il Provinciale si trovò dunque d'accordo col Conte nel desiderio di sopir l'affare; non si trattava più che del modo di farlo, con la convenienza delle due parti. E siccome la cosa non aveva fatto grande scandalo, e si trattava più d'antivenire che di riparare, così la cosa non era difficile. Dopo che i due sorboni ebbero ancora molto interrogato, poco risposto, mercanteggiato, e giuocato di scherma, il Padre Provinciale disse al Conte che per considerazione della persona di Lui, per amor della pace egli trasmuterebbe il Padre Cristoforo di quel convento in un altro lontano, con la condizione che nessuno si vantasse di questo come d'una vittoria: e il Conte lo promise; l'affare fu conchiuso, e i due contraenti si separarono contenti l'uno dell'altro, e ognun d'essi di se medesimo. Gran cura ponevano quei vecchj pensatori in un negozio, di gran parole spendevano, ci pensavano assai, andavano per le lunghe, v'impiegavano il tempo conveniente; ma bisogna anche confessare che facevano poi cose grandi. In fatti questo abboccamento produsse l'effetto di fare trottare il nostro povero Padre Cristoforo da Pescarenico a Palermo, che è un bel passeggio. Fu dunque spedita al Guardiano l'obbedienza da intimarsi al Padre Cristoforo, e con l'obbedienza l'ordine di farlo tosto partire, la direzione della strada da farsi per non toccare Milano, e l'avviso di dargli un compagno nella missione, che nello stesso tempo osservasse tutte le sue azioni. Mentre il nostro povero Frate pensava ai mezzi di soccorrere i suoi protetti, il guardiano lo chiamò a sè, e con molta consolazione gl'intimò l'obbedienza, gli comandò di prendere il suo bordone, gli presentò il compagno che era già avvertito, e gli disse «vade in pace». Cristoforo non pensò nemmeno a domandare un rispitto che era certo di non ottenere: pensò alla povera Lucia, e si accorava; ma tosto si accusò di aver mancato di fiducia in Dio, e di essersi creduto necessario a qualche cosa; alzò gli occhi e il cuore al cielo, si abbandonò alla provvidenza; salutò umilmente il guardiano, prese la sua sporta, si cinse le reni con una correggia di pelle come usavano i cappuccini viaggiatori, disse una parola cortese al padre compagno, uscì del convento, e si pose su la via che gli era stata prescritta. cap. 9 Quando Egidio si avvenne nella nostra povera Agnese, andava appunto fantasticando sul modo di soddisfare al più presto ai desiderj del suo degno amico, e di dargli con la prontezza del servizio una prova di audacia e di destrezza singolare; e nei varj disegni che ruminava il pensiero, questa Agnese gli si gettava sempre a traverso come il maggiore impedimento. Come staccare da essa Lucia che le stava sempre appiccata alla gonnella? Rapire Lucia quando fosse in compagnia della madre era esporsi ad un vero scandalo: la resistenza che la madre avrebbe tentato di opporre poteva render necessaria qualche violenza che avrebbe renduto l'affare più serio, o almeno avrebbe fatto perder tempo, forse sfuggire l'opportunità; le sue grida potevano attirare dei guastamestieri, o almeno dei testimonj; e ad ogni modo essa rimanendo in Monza avrebbe sclamato, ricorso, parlato e fatto parlare. Al contrario quando Lucia non avesse in paese persona a cui calesse di lei particolarmente, i discorsi sarebbero stati d'un giorno, ed era molto più agevole dare all'avventura quella spiegazione che fosse convenuta e che nessuno avrebbe potuto smentire. Si andava dunque Egidio risolvendo ad aspettare che Agnese si fosse allontanata da Monza, ma non sapendo quando ciò fosse per accadere, si rodeva di dover rimettere ad un tempo non ben determinato l'impresa e l'onore dell'impresa. Ma alla vista di Agnese che tornava a casa, Egidio si sentì libero d'una grande incertezza, risolvette di por mano al disegno appena sarebbe giunto a Monza, e continuò a maturare il suo disegno: i suoi pensieri camminavano più spediti, e per mettere del paro ad essi il suo cavallo gli diede una Tag: padre avrebbe conte tempo fatto cose religioso due nipote Argomenti: povero padre, famiglia potente, padre provinciale, povero frate, convento vicino Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Decameron di Giovanni Boccaccio Il colore del tempo di Federico De Roberto Rinaldo di Torquato Tasso Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come coltivare i lamponi Allergie alimentari Bastano 3 minuti per dimagrire Offerte Capodanno Les Deux Alpes Come recuperare il matrimonio
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