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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 152poi al suo fianco a morire insieme; come la pianta s'inchina col fiore appena sbucciato, al radere della falce che, dove passa, agguaglia tutte l'erbe del prato. Fermo si mosse pur egli, più altamente compunto che non fosse mai stato in tutto quel viaggio, e per la prima volta, molle di lagrime. «O Signore!» diss'egli, «esauditela! pigliatela con voi, sarà una ventura per quella travagliata l'uscire di tanti guai... Una ventura! E Lucia!» Con questa parola in sul cuore egli s'affrettò su quella via, alla quale, se il cittadino lo aveva bene indirizzato, metteva capo quell'altra a cui egli agognava e tremava di arrivare. Ed ecco, da quella parte appunto venire un frastuono sordo, poi più risuonante, ma confuso, un suono diverso di voci alte, brevi, e imperiose, di fiochi lamenti, di guai lunghi, di singhiozzi femminili, di garriti fanciulleschi. A quel suono, al pensiero del luogo donde partiva, Fermo si sentì colpito d'una tristezza più nera che mai, d'una tristezza sospettosa, atterrita, tanto che non potè tenersi, e quasi smarrito andò a corsa verso il crocicchio che faceva la via nella quale egli si trovava con quella a cui era avviato. Quando fu presso, vide nella via a mano diritta, per quella appunto ov'egli doveva entrare, una torma di gente guidata o cacciata al lazzeretto da un commissario, e da molti monatti. A misura che quella trista processione passava dinnanzi a Fermo, il suo occhio inquieto, quasi appannato, correva e ricorreva per la moltitudine, trasceglieva e spiava con terrore ogni volto femminile, si spingeva verso quelli che arrivavano, tornava a quegli che erano passati... Lucia non v'era. Fermo su le prime respirò come uscito d'un grande spavento; ma tosto ricadde nella sua ambascia, pensando che egli andava non a veder forse, ma ad udire di peggio. Erano languidi che si strascinavano a stento, alcuni sostenuti dalle braccia di figli, di padri, di fratelli, di mogli, che per pietà o per disperazione sprezzavano il pericolo del contatto; alcuni spinti a forza, resistenti in vano, gridanti in vano che volevano morire sul loro letto, e rispondendo bestemmie impotenti alle bestemmie imperiose dei conduttori; altri che, appoggiati ad un bastone, andavano in silenzio dove erano comandati, senza dolore, senza speranza, insensati; donne coi pargoli in collo; fanciulli spaventati dalle grida, da quei comandi, da quello spettacolo più che dal pensiero oscuro della morte, i quali ad alte strida imploravano la madre, e le sue braccia fidate, e di restare nel noto soggiorno. Ahi! e forse la madre, che essi credevano d'aver lasciata addormentata sul suo letto, vi s'era gittata oppressa tutt'ad un tratto dal morbo, priva di senso, per esser portata sur un carro al lazzeretto, o alla fossa, se il carro giungeva più tardi. Talvolta, oh sciagura degna di lagrime ancor più amare! la madre tutta occupata dei suoi patimenti, si stava dimentica d'ogni cosa, anche dei figli, e non aveva più che un amore: di morire in riposo. Pure in tanta confusione si vedeva ancora qualche esempio di costanza; e di pietà: parenti, fratelli, figli, consorti che sostenevano i cari loro, e gli accompagnavano con parole di conforto; nè adulti soltanto, ma garzoncelli, ma giovinette appena adolescenti che facevano scorta a fratellini più teneri; e con senno e con misericordia virile li confortavano ad essere obbedienti, promettevano di accompagnarli in luogo ove si terrebbe conto di loro per farli guarire. Quando Fermo vide la processione quasi tutta passata, e sgombra la sua via, si volse ad uno dei monatti che chiudeva il corteggio, e gli chiese conto della casa di Don Ferrante. Il monatto non rispose se non: «va in malora, tanghero». Fermo aveva tutt'altro in testa che di risentirsi, e non replicò: guardò al commissario, gli parve un volto più cristiano; fece a lui la stessa inchiesta; e il commissario, accennando con un bastone la via dalla quale egli veniva disse: «l'ultima casa nobile, a destra»; e passò. Quelle parole per sè indifferenti, e che non esprimevano se non la nuda notizia che Fermo aveva desiderata, lo colpirono però, come se fossero una sentenza ambigua e temuta. Egli impallidì dopo d'averle intese, e tremò d'esser giunto al termine che aveva tanto bramato, pel quale aveva intrapreso quel viaggio doloroso, e sostenuto di passare per tanta gramezza. S'avanzò per quella via a passo interrotto, giunse dinanzi alla casa, la distinse tosto fra le case vicine più umili, e più disadatte, si appressò alla porta che era chiusa, pose la mano al martello, ve la tenne sospesa, come avrebbe fatto se la tenesse in un'urna, prima di cavarne la polizza dove fosse scritta la sua vita, o la sua morte. Finalmente alzò il martello, e bussò. Si apre una finestra, e vi compare una donna: era la signora Ghita, che guardò con sospetto se fossero monatti, malandrini, qualche cosa di tristo, di quello che girava in quel tempo: vide quello sconosciuto, e prima ancora d'intendere che egli volesse, disse, o rispose: «Qui non c'è niente.» «Signora,» disse Fermo con voce tremante, «sta qui una forese, che si chiama Lucia Mondella?» «Non c'è più; andate,» rispose la Signora Ghita. «Non c'è più!» gridò Fermo, spaventato da quella ambigua risposta. «Dov'è ella? per amor del cielo.» «Al lazzeretto grande.» «Con la peste!» «Con la peste: che maraviglia? andate.» «Da quando v'è ella? e come si può trovarla? Oh Dio! era ella molto aggravata?» «Non è tempo da rispondere a tante cose,» disse col suo tuono agro la signora Ghita. «V'ho detto anche troppo pel tempo che corre. Vi replico, andate.» E così dicendo, fece vista di chiudere la finestra. «No, no,» disse Fermo: «che carità è questa? voglio saper nuove di questa creatura; non parto di qui se prima...» Ma mentre egli parlava, la finestra era stata chiusa. «Quella signora! una parola, una parola!» gridò Fermo, ma non ebbe risposta. Costernato da un tale annunzio di sventura, smanioso del non aver potuto nè pur conoscere quanta ella fosse, incerto qual fosse il più pronto mezzo per trovar conto di Lucia, se insister quivi con preghiere o con minacce, o andare a dirittura al lazzeretto, Fermo stava appoggiato alla porta, tenendo la mano sul martello, talvolta lo alzava, per picchiare alla disperata, poi pentito, lo riteneva, lo stringeva nella mano come se volesse storcerlo, come per isfogare la sua passione. In questa agitazione, egli per quell'istinto che in qualunque angustia muove l'uomo a cercar soccorso all'uomo, si rivolse alla strada, per vedere se mai gli cadesse sott'occhio qualche vicino, a cui chiedere informazione, indirizzo, consiglio. Ma quel che vide fu una vecchia, dietro a lui forse a venti passi, la quale con un volto che esprimeva terrore, odio, impazienza e malizia, sbarrando la bocca come se volesse gridare, ma tenendo anche il respiro, sollevando due braccia scarne, allungando e ritirando due mani grinze e adunche, come s'ella traesse a sè qualche cosa, accennava manifestamente di voler chiamar gente in modo che un qualcheduno non ne fosse avvertito. Alla guardatura della vecchia, Fermo s'accorse tosto ch'egli era quel tale; e più stupito che atterrito dal vedersi oggetto di tante passioni, voleva gridare: «che diamine...», quando la vecchia, vedendo ch'egli s'era accorto di lei, e disperando di poterlo sorprendere, lasciò uscire il grido che aveva compresso fin allora: «Ajuto! Ajuto! L'untore! L'untore! dalli! dalli!» «Taci, bugiarda strega,» sclamò Fermo alla vecchia, e le si mosse incontro per farle paura e metterla in fuga. Ma nello scostarsi dalla porta vide che la fuga diveniva necessaria per lui: lo strillo della vecchia era stato inteso, e dalla parte verso la quale ella lo aveva mandato, usciva gente, e guardava dove fosse l'untore, gente, che forse a qual fosse più pietoso chiamar di soccorso non sarebbe uscita dalle tane dove si stava rimpiattata per paura; ma per graffiare e per prendere un untore era Tag: fermo vecchia signora gente forse untore mano lazzeretto lucia Argomenti: due mani, pensiero oscuro, suono diverso, misericordia virile Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni L'amore che torna di Guido da Verona Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Caracas Passaggio Pedonale di Breslavia Glasgow, capitale della vita notturna scozzese Il cavallo arabo: antichità, bellezza e forza Offerte Capodanno Vienna
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