Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 145

Testo di pubblico dominio

ogni mascalzone aveva in quel tempo dovuto farsi l'occhio medico. «Ho bevuto, ho bevuto,» disse Don Rodrigo, che non potè non avvedersi di quell'atto e del pensiero nascosto; «siamo stati allegri: sto bene, benone, Griso: ho sonno: oh che sonno! Levami un po' dinanzi quel lume che mi abbaglia. Diavolo, che quel lume mi dia tanto fastidio! Debb'essere quella vernaccia certamente, che te ne pare? eh Griso? Domani sarò vispo come un pesce.» «Sicuro,» disse il Griso tenendosi sempre discosto: «ma si corichi presto, che il dormire gli farà bene.» «Hai ragione; ma sto bene ve' Griso: levami quel lume dinanzi.» Il Griso non se lo fece ripetere, e partì col lume, al momento che Don Rodrigo si gettava sul letto. Quando vi fu, la coltre gli pareva un monte, e se la rigettò da dosso: sentiva un sopore come invincibile, e quando stava per assonnare, si risentiva come se un importuno venisse a scuoterlo per non lasciarlo dormire: il caldo cresceva, cresceva la smania, e il terrore rispinto ritornava più forte: così passò qualche ora. Finalmente, presso al mattino s'addormentò. E tosto gli parve di trovarsi in quella chiesa dei capuccini di Pescarenico, dinanzi alla quale, se vi ricorda, egli sogghignò in passando, nella sua gita al Conte del Sagrato. Gli pareva d'essere innanzi innanzi nella chiesa, circondato e stretto da una gran folla; non sapeva come gli fosse venuto il pensiero di portarsi in quel luogo, e si rodeva contra se stesso. Guardava quei circostanti; erano sparuti e lividi, con gli occhi spenti, incavati, colle labbra pendenti, come insensati; e gli stavano addosso, e lo stringevano, quasi col loro peso, e sopra tutto gli pareva che o con le gomita, o come che fosse lo premessero al lato sinistro al di sopra del cuore, dove sentiva una puntura spiacevole, dolorosa. Voleva dire: «largo canaglia», faceva atti di minaccia a coloro perchè gli dessero passaggio ad uscire; ma quegli nè parevano muoversi, nè mutare sembianza, nè risentirsi in alcun modo: stavano tuttavia come insensati. Alcuni su la faccia, su le spalle che nude uscivano dalle vesti lacere, mostravano macchie, e buboni. Don Rodrigo si ristringeva in sè, ritirava le mani, le membra, per non toccare quei corpi pestilenti; ma ad ogni movimento incappava in qualche membro infetto. E non vedendo la via d'uscire, strepitava, ansava, l'affanno l'avrebbe destato; quand'ecco gli parve che tutti gli occhi si volgessero alla parte della chiesa dov'era il pulpito: guatò anch'egli, e vide spuntare in su dal parapetto, un non so che di liscio e lucido; poi alzarsi e comparir più distinto un cocuzzolo calvo, poi due occhi, una faccia, una barba lunga e bianca, un frate ritto ed alto: era Fra Cristoforo. Tanto più Don Rodrigo avrebbe voluto fuggire; ma la folla degli incantati era fitta ed immobile. Gli parve allora che il frate girando gli occhj su l'uditorio senza fermarli sopra di lui, sclamasse ad alta voce: «Per li nostri peccati, la fame! Per li nostri peccati, la guerra! Per li nostri peccati, la peste! La peste! Povera gente! ella vi rode tutti, dal primo fino all'ultimo: tutti avete i segni della morte in volto: beati quelli fra voi che sono preparati a riceverla. Ma...» e qui pareva a Don Rodrigo che il frate ristesse, come sopraffatto da un pensiero repentino e profondo: ed egli stava ansioso attendendo. Gli pareva che gli uditori non facessero pur vista di scuotersi, e che il frate tutto ad un tratto, guardando a lui, e come ravvisandolo, fermandolo col guardo e con la mano alzata, come un bracco sopra una pernice, dicesse ad alta voce: «Tu sei quell'uomo! Or ci sei giunto; ascolta. Quanto ti sarebbe costato il rinunziare a quel capriccio infame? Torna indietro con la mente e dillo. Un picciolo pensiero di pietà; ma tu non hai voluto. Tu hai messo da una parte su la bilancia l'angoscia, l'obbrobrio, il crepacuore, il terrore, d'un'anima innocente; hai pesato; e hai detto – non è niente: pesa più il mio capriccio –. Ora le bilance sono rivolte: l'angoscia si versa sopra di te: prova se è niente.» A queste parole Don Rodrigo, voleva gridare, nascondersi, fuggire, e si destò spaventato. Stette un momento a ravvisarsi; vide che era un sogno; ma aprendo gli occhi sentì ancor più vivo il ribrezzo e il dolore della luce; forzandosi di guardare intorno, vide il letto, le scranne, i travicelli della soffitta confondersi in forme strane; sentì nelle orecchie un ronzio nojoso e violento, al cuore un battito accelerato, affannoso; si sentì più spossato e più arso che alla sera antecedente, sentì più viva quella puntura che aveva provata in sogno; esitò qualche tempo, senza osare di vedere che fosse; finalmente sorse a sedere, scoperse tremando la parte dogliosa, cercò di fissarvi lo sguardo, e a stento, ma con qual raccapriccio Dio 'l sa, scorse un sozzo gavocciolo, d'un livido pavonazzo; il segnale manifesto del contagio. L'uomo si vide perduto: il terrore della morte lo invase; ma con un senso ancor più vivo, il terrore di cadere in balìa altrui, d'essere preso, maneggiato, tratto intorno come un cencio, senza potersi far sentire, d'essere portato al lazzeretto, gittato e confuso fra tanti oggetti d'orrore, oggetto d'orrore egli stesso. Voleva deliberare sul modo di evitar questa sorte toccata a tanti altri; ma sentiva le sue idee confondersi e intenebrarsi, divenir tanto più incerte quanto più erano atterrite; sentiva avvicinarsi sempre più il momento, in cui egli avrebbe avuto sol tanto di coscienza, quanto bastava a disperare: provò un bisogno di soccorso istantaneo; afferrò un campanello che teneva presso al letto, e lo scosse con violenza. Ed ecco comparire il Griso che stava all'erta. Si fermò egli presso all'uscio, guatò attentamente il padrone, e il sospetto divenne certezza. «Griso,» disse Don Rodrigo sollevandosi, «tu sei sempre stato il mio fido.» «Signor sì,» rispose il Griso, col laconismo, e col tuono ambiguo del tristo che dal preambolo s'accorge che l'uomo avvezzo a proteggerlo, gli vuol domandare protezione, e fargli far qualche cosa per riconoscenza. «Sto male, Griso.» «Me ne accorgo, Signore.» «Se guarisco, ti farò star meglio che tu non sia mai stato.» Il Griso non rispose nulla, ed aspettò che Don Rodrigo continuasse. «Non voglio fidarmi d'altri che di te. Fammi una carità, Griso.» Erano forse anni che Don Rodrigo non aveva proferita questa parola. «Vediamo,» disse il Griso. «Sai tu dove abita il Chiodo, chirurgo?» «Lo so benissimo.» «È un galantuomo, che se è ben pagato, tien segreti gli ammalati. Vallo a cercare; digli che lo pagherò bene, meglio di chi che sia, quanto vorrà, e fammelo venir qui segretamente, che nessuno se ne avvegga.» «Ben pensato,» disse il Griso: «vado e torno.» «Senti, Griso, dammi prima un bicchier d'acqua: mi sento arso che non ne posso più.» «No, signore,» disse il Griso: «niente senza il parere del medico; non c'è tempo da perdere: stia quieto, aspetti un momento, son qui col Chiodo.» Così dicendo, tolse la chiave dalla toppa, uscì, chiuse Don Rodrigo in istanza e se ne andò. Don Rodrigo rimase in una agitata aspettazione, in una incertezza sospettosa, e iraconda, col terrore crescente. L'abbominevole Griso aveva già fatto nella notte i suoi conti pel caso che ora si era avverato. Allontanò tosto di casa con un ordine finto del padrone, l'altro servo; e corse al posto più vicino di monatti. Ivi, tratti in disparte due che erano suoi conoscenti e insieme dei più scellerati, propose ad essi una occasione di dividere spoglie opime. Quegli accettarono prima d'intendere le condizioni: ma il Griso le espresse tosto; non si trattava d'altro che di venire a prendere Don Rodrigo, e di portarlo al lazzeretto. Dieder tosto di mano ad una bussola, delle quali era provvigione a quel posto, se la caricarono, e seguirono il Griso. Don Rodrigo stava con l'orecchio teso, spiando ogni romore per sentire se il chirurgo giungeva; e questo sforzo d'attenzione

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