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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 127riserbate ai loro bisogni, e uscivano; e assaliti da richieste superiori alla liberalità ed alle facoltà loro, guatavano, per discernere tra miseria e miseria, tra angoscia e angoscia quelle a cui era dovuto più pronto il sovvenimento. Appena il muovere della mano manifestava una intenzione di liberalità, una gara tumultuosa e incalzante di grida, di sospinte, di mani levate si faceva intorno a loro; gli estenuati e stupidi dall'inedia pigliavano come una forza istantanea dalla nuova speranza, e si pignevano innanzi con violenza; i più robusti gli rigettavano con furore, alle preghiere alla invocazione dei nomi più santi si mescevano le bestemmie della disperazione; i vecchj rispinti tendevano da lontano le palme scarne; le madri alzavano i fanciulli scolorati, male ravvolti nelle fasce stracciate, e ripiegati per languore nelle loro mani. Quei caritevoli dovevano lasciarsi rapire più tosto che distribuire i soccorsi; e spogliati in un momento di ciò che avevano portato con sè, fra le benedizioni, e le rampogne, rovesciando le tasche vuote, uscivano a stento dalla folla più contristati del male irrimediabile, che soddisfatti del poco bene che avevan potuto fare; e se ne tornavano non avendo più altro da dare in risposta a nuove richieste che un aspetto di commiserazione, un cenno delle mani che esprimeva una buona volontà inutile, una ripulsa dolente. In mezzo ad una tanta confusione di guaj, e ad una tanta insufficienza d'ajuti, si mostrava però a luogo a luogo un ajuto più generale e più ordinato che annunziava una grande copia di mezzi, e una mano avvezza a profondere con sapienza. Era la mano del nostro Federigo. Oltre le elemosine in vitto e in danaro, ch'egli distribuiva (il Tadino afferma che nel suo palazzo due mila poveri ricevevano ogni giorno una capace scodella di riso) aveva l'ingegnoso compassionatore deputati sei preti che girassero a coppia per pigliar cura dei poveri sfiniti per le vie. Ad ogni coppia aveva assegnato un quartiere della città tripartita; ogni coppia era seguita da facchini che portavano grandi corbe con pane, vino, minestra, uova fresche, brodi stillati, aceto medicato d'aromi. S'accostavano quei preti ai poverelli che giacevano abbandonati sul pavimento, e soccorrevano ad essi secondo il bisogno: a questo esinanito dal digiuno il cibo era il più necessario ed efficace rimedio: quell'altro svenuto per più antica inedia, e già presso al morire, non avrebbe avuto vigore abbastanza per patire nè per prendere il cibo; e faceva mestieri di più sottili e potenti ristorativi per richiamarlo alla vita, e rendergli a poco a poco le forze. Quando alcuno d'essi era rinvenuto o riconfortato, uno dei preti gli amministrava i sacramenti, e le consolazioni della religione, quindi guardava intorno a sè per vedere in qual casa del vicinato avrebbe potuto procurargli un ricovero, trovatolo ve lo faceva portare. Se il padrone era dovizioso, il prete in nome del Cardinale lo supplicava che volesse ricettare, collocare in qualche angolo della casa, nutrire quel derelitto che Dio gli mandava; ma quando il languente era portato in una casa, dove non sembrasse che in un tale anno potessero sovrabbondare provvisioni per usi di carità, quivi il prete pregava il padrone a ricogliere e ad ospiziare per prezzo colui che vi era presentato; e sborsava il prezzo generoso anticipatamente. Notava poi il luogo, e tornava a visitare il raccomandato, a curare che nulla gli mancasse; così mentre l'un prete soccorreva i giacenti nella via, l'altro percorreva le case dove erano raccolti quegli altri. La riverenza dell'abito sacerdotale, l'autorità di Federigo come presente a quegli uficj prestati per suo ordine, e la santità degli uficj stessi, contenevano la folla tumultuosa, in modo che quei preti potessero esercitarli tranquillamente e ordinatamente. Era questo per certo un alleggiamento ai pubblici mali, e grande se si consideri che veniva da un solo avere e da una sola volontà, ma rispetto ai bisogni scarso e inadeguato. Intanto che in tre angoli della città alcuni pochi erano levati da terra, e ravvivati, in cento parti cadevano le centinaja, e molti per non esser più rialzati che sulle spalle dei sotterratori. Nè le morti continue diradavano quella folla miserabile, la fame incalzava da tutte le parti del territorio nuova folla alla città; le vie che vi conducono qua e là segnate di cadaveri, brulicavano sempre di nuovi pellegrini che dal piano circostante, dai colli meno vicini, dai monti lontani venivano strascinandosi; diversi d'abito, e di pronunzia, oggetto l'uno all'altro non più di pietà ma di orrore, luridi tutti, ognuno più sbigottito dal trovarsi in mezzo a tanti compagni di disperazione, a tanti rivali d'accatto. Attraverso costoro passavano pure altri non meno luridi pellegrini che fuggivano dalla città, non già sperando di trovare in altra parte più facile sostentamento, ma per morire altrove, per mutare un cielo divenuto odioso, per non veder più quei luoghi dove avevano tanto patito. Così crescendo sempre il numero dei poveri a misura che la popolazione s'andava scemando era trascorso l'inverno e già avanzata la primavera. E quei poveri si andavano sempre più condensando nella città; accorrevano la più parte negli alberghi; e avrebbe dovuto essere bene spietato, ma anche ben sicuro il padrone che negasse loro quella ospitalità: quivi giacevano le notti ammucchiati su la paglia, sul letame: le case, le vie si riempivano di malati, di cadaveri, di cenci, e di puzzo: dimodochè si cominciò a temere che alla fame tenesse dietro la contagione. Il tribunale della Sanità instava presso quello della Provvisione perchè si antivenisse questa nuova sciagura; e proponeva che seguendo l'esempio e dilatando l'opera di Federigo, raccolto tutto ciò che poteva esser destinato al pubblico soccorso, si distribuisse nutrimento a quelli che ne mancavano, e gl'infermi si raccogliessero, e si collocassero in diversi ospizj per rendere più facile il servizio, e per evitare i pericoli di una troppo grande riunione. Ma nella Provvisione prevalse il partito di raccattare tutti gli accattoni validi e infermi nella fabbrica del Lazzeretto. I medici conservatori del Tribunale della Sanità, protestarono contra questo disegno, allegando che in una tanta turba ammassata in un luogo e costretta in picciole stanze l'epidemia sarebbe stata inevitabile; ma alle proteste non si diede retta, come afferma il Tadino uno di quei medici. E se vogliamo credergli in tutto, la cagione principale di far prevalere quel partito fu il desiderio di servire ad un interesse privato, o a quello che alcuni privati credevano il loro interesse. Erano nel Lazzeretto deposte molte merci venute da paesi sospetti di peste, e si ritenevano quivi per le purghe e per le prove; coloro a cui quelle merci appartenevano brigarono perchè il Lazzeretto fosse destinato ad un altro uso, e con questo pretesto le merci fossero loro rilasciate: e furono esauditi. Il Lazzeretto (se mai questa storia venisse alle mani di chi non sia mai stato a Milano) è una fabbrica quasi quadrata: i due lati maggiori tirano a un di presso cinquecento passi andanti; gli altri due poco meno; un fossato scorre e volta intorno all'edificio: ogni lato ha nel mezzo una porta, e un ponte sul fossato: tutti i lati dell'edificio nella parte rivolta al di fuori sono divisi in camerette, che sono in tutto 296: nell'interno gira per tre lati un porticato: lo spazio interiore è sgombro; fuorchè nel mezzo, dove sorge un tempietto ottangolare. All'aprirsi dell'estate il Lazzeretto fu sgombro dalle merci, disposto pel nuovo uso, ed aperto ai mendicanti. Da principio vi accorsero volonterosi i più famelici e desolati: ma altri, che dal trovarsi in più picciol numero ad accattare speravano più frequenti soccorsi, e ai quali ad ogni modo era meno amaro lo stentare in libertà che campacchiare rinchiusi, non risposero all'invito. Dall'invito, come è l'uso, si venne alla forza, si Tag: lazzeretto luogo mani poveri folla poco mezzo altri casa Argomenti: cinquecento passi, cagione principale, grande copia, palazzo due, capace scodella Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Marocco di Edmondo De Amicis Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo La divina commedia di Dante Alighieri I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come adottare un furetto Aggressività e comportamento del furetto Marsa Alam: immersioni, pesca e kite-surf da non perdere Allergia da sensibilità ai profumi Toronto e le sue attrazioni principali
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