Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 23

Testo di pubblico dominio

bisognava pensarci in tempo, quando si era ancora sulla via piana e sparsa di fiori. Perchè, dopo tutto, siamo giusti, anche quell'altra avrà ragione a dolersi, non lo crede? e meriterà un pochino di compassione. — Il ragionamento, che non faceva una grinza, poteva durare dell'altro. Ma fu interrotto da un grido soffocato, che veniva dalla camera attigua, accompagnato da un rumor sordo, come di una caduta. La signora Eleonora ne fu sbigottita. — Margherita! figliuola mia! — gridò ella, balzando in piedi e correndo ad aprir l'uscio. Per un istante aveva creduto di trovarla più vicina alla soglia, e già si pentiva di aver condotto il discorso su quell'argomento delicato, senza badare che qualche frase proferita a voce meno bassa poteva essere udita di là, e destar l'attenzione di Margherita. Ma la fanciulla si vedeva più oltre, colla persona abbandonata sopra un divano, a piedi del letto di sua madre. — Signorina, che è stato? che cosa si sente? — gridava a sua volta la signora Zuliani, accorrendo anche lei. — Niente, signora; niente, mamma; — rispondeva Margherita. — Un leggero stordimento improvviso, mentre venivo a domandarti d'una cosa da dire al babbo. Mi ero alzata dalla sedia, e tutto ad un tratto non ho potuto più reggermi.... Ma sarà una cosa passeggera, speriamo. — Se apriremo la finestra, sicuro; — riprese la signora Zuliani. — C'è troppo caldo, qua dentro. Ah, i caloriferi! — soggiunse, andando appunto a girare la spagnoletta delle imposte, e facendo entrare nella camera un'ondata d'aria fredda. — Ah, i caloriferi! invenzione diabolica! — Sì, difatti, era troppo caldo; — disse Margherita. — E quest'aria fredda mi ha fatto bene. Non ho più nulla; sorridi, mamma, non ho più nulla, davvero. — La signora Eleonora non era molto persuasa; ma finse di crederlo, anche per dar modo alla signora Zuliani di congedarsi più presto. La signora Zuliani non era meno desiderosa di andarsene che quell'altra di vederla andare; perciò, fatti ancora due vezzi alla cara Margherita, prese lestamente commiato. Ma la bionda signora non era forse guarita de' suoi nervi, o de' suoi vapori, come da principio pareva. Il tragitto dalla Riva degli Schiavoni al palazzo Orseolo le parve maledettamente lungo. Appena giunta a casa si mise a letto; e a letto la trovò Raimondo, quando capitò a casa per l'ora di pranzo. Effetti del caldo, diceva lei; troppo caldo in quell'albergo, dove era andata a visitare le signore Cantelli. Ma Venezia non aveva bisogno di tanto caldo, per bacco; non ne aveva bisogno con quel suo clima sempre uguale, temperato dai venti tiepidi della Laguna, specie negli appartamenti esposti a mezzogiorno. VIII. Tra due ammalate. Raimondo a tutta prima si sgomentò, e senza por tempo in mezzo mandò per il medico, sebbene prevedesse di sentirsi dire che erano cose da nulla, sperando, anzi desiderando, che fosse tale il responso. È sempre bene averlo favorevole, da uomini di dottrina e d'esperienza, se anche ve lo incartoccino di astruserie, o ve lo confettino di vocaboli greci. Il dottore Teodoro Dal Vago non era poi così ottimista come pareva, sentendolo discorrere al letto dei suoi ammalati. Era un medico esperto e consumato, che conosceva l'arte di non turbare lo spirito degl'infermi, nè delle loro famiglie; quelli sempre disposti ad aver nelle ossa tutti i malanni di cui si faccia il menomo cenno, queste sempre facili a spericolarsi per eccesso di tenerezza, e magari a lasciarsi sfuggire dagli occhi un segreto che l'ignoranza e la paura più facilmente ingrandiscono. Venne, osservò, tastò il polso, che in verità era poco regolare, sebbene non forte, nè teso, ma che egli ebbe la buona grazia di trovare eccellente; poi venne all'interrogatorio, che fu lungo, minuto, amorevole. L'ammalata accusava dolori qua e là, al capo, al petto, alle spalle. Forse reumatici? Ma sì, reumatici per l'appunto: non aveva ella finito di raccontargli come le fosse accaduto di restare un'ora buona a conversazione in un salotto troppo riscaldato, e di uscir poi all'aria pungente della Riva degli Schiavoni? Si trattava dunque di una infreddatura; e bisognava star riguardati, riposare, riposare e ber caldo. Del resto, passando dal caso particolare, che in sè non aveva nessuna gravità, alle condizioni generali del vivere signorile, specie nella stagione fredda, o troppo variabile, il buon dottore aggiungeva le sue riflessioni tra il serio e il faceto. — Se lo lasciano dire, mie belle signore? Sacrificano troppo alla moda, troppo agli usi del bel mondo; non pensano che la salute è un dono del cielo, e un dono a noi fatto, come quello della vita, per una volta sola; donde la grande necessità di tenerselo caro. — Oh brutto dottore! — mormorò la signora Livia, con quell'accento di bambina scorrucciata, che soleva adoperare col suo Esculapio. — Che cosa faccio, finalmente? Non dovrò andare più neanche a teatro? — Non dico questo; ma andandoci.... si lasci dire anche questo, meno scollato, e più bavero. — Ah, per questo, — saltò su a dire Raimondo, che il primo responso sul caso particolare aveva levato d'ansietà, — ti dirò anch'io come mia moglie: brutto dottore! ed anzi aggiungerò: “sior Tòdaro brontolon!„ Passi pel bàvero, per la pelliccia, per la mantellina ovattata, per quell'altro che tu vorrai, e che raccomando sempre all'uscita. Ma un po' di scollato, Dio buono, quando si è dentro, un po' di scollato!... È così bella, mia moglie! — Raimondo! — esclamò la signora, con una languida intonazione di rimprovero. — Ebbene? — ribatteva egli, animandosi. — È ciò, che dicono tutti. Quel po' di scollato ti va così bene! Non si sente infatti ripetere che la tua linea, dal collo alla spalla, ricorda appunto la Venere Capitolina? — Il buon dottore sorrideva, avendo l'aria di partecipare a quei maritali entusiasmi. — Sì, sì, — riprese egli, — è l'opinione generale. Ma appunto per ciò mi raccomando. Pensate, ragazzi miei, che la Venere Capitolina ha ricco il platisma micoide. — Platisma? — ripetè Raimondo, interrogando. — Micoide; — ribadì il dottore Dal Vago. — Ma già tu vuoi la moneta in ispiccioli: diciamo dunque pannicolo carnoso, quello che scende da qui fin qua, dal mento al petto, e vi si sovrappone e segue amabilmente il pannicolo adiposo; cioè a dire quel buon tessuto cellulare sottocutaneo, che conferisce grazia alla persona, proteggendo anche gli organi respiratorii. La Venere Capitolina, se ben ricordo, ne ha quanto occorre. Il troppo stroppia; ma per mantenersi in quelle giuste proporzioni, bisogna aversi riguardo, e nel caso nostro non esporsi a perdere, cercare anzi di guadagnare. Dunque, dico io, preservativi, e ricostituenti. Ella è di complessione sana, ma delicata, signora mia bella; voglia guardarsi adunque dai troppo forti cambiamenti di temperatura, ed anche assoggettarsi ad una piccola cura che la rinvigorisca. Tutto ciò che riguarda la salute va fatto; tutto ciò che riguarda la bellezza non va trascurato. Dico bene? — Così, tra raccomandando e celiando, il dottore Dal Vago lasciò la camera della bella inferma, per andare nello studio di Raimondo a scrivere quelle due righe di recipe, senza cui non pare che il medico abbia adempito a tutti gli obblighi suoi. Rimasto solo con Raimondo Zuliani, il buon dottore parlò in un modo alquanto diverso da quello di prima. — Fenomeni isterici, mio caro; e qui prima di tutto, vogliono esser rimedii calmanti. — Isterici! — esclamò Raimondo. — Tu mi spaventi, dottore. — Perchè? Leggeri, anzi tutto. Non creder poi che questo sia soltanto il caso di tua moglie. Son tutte isteriche, più o meno, le signore dei nostri giorni. Ed anche gli uomini, infine.... — Anche gli uomini? Ho sempre creduto che l'isterismo.... — Eh sì, — interruppe il dottore, — che cos'è l'isterismo, se non una sovreccitazione del sistema nervoso, e una forma della nevrosi, che è il gran male del

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Argomenti: caso particolare,    salotto troppo,    grande necessità,    leggero stordimento

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