Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 18

Testo di pubblico dominio

disegnavano le labbra stupende, nobilmente ferme nella gravità dell'atteggiamento pensoso, amabilmente morbide nella soavità del compiacente sorriso; lei quasi alta della persona come lui, tutta leggiadra, fatta a pennello; ricco il volume della capigliatura nerissima su quel candore abbagliante della carnagione, che spirava intorno a sè come un alito di cose fresche e profumate; e non meno stupenda bellezza in lei quelle ciglia lunghe, che toglievano forza, ma aggiungevano grazia al baleno degli occhi. Infine, era illusione o verità? Gli occhi morati di Margherita e gli azzurrognoli del conte Aldini si socchiudevano volentieri nell'istesso modo, come se ci fosse stata una parentela tra loro, e rendevano in vista la medesima espressione, di dolcezza diffusa e di profonda bontà. Queste le doti fisiche dei due giovani; bisognava veder poi le morali. Ella era un angelo, come bene l'aveva definita in una parola il signor Zuliani; seria, senza apparato, innocente l'anima, tra tanta cultura d'ingegno; sempre l'istesso umore, amabilmente giocondo, e il senso della misura in ogni cosa perfetto. Egli, poi, così nobile di sentire com'era di nascita, cortese negli atti, inappuntabile nei modi, affabile con tutti, riguardoso colle signore fino allo scrupolo, garbato ed attento colle attempate come colle giovani; e ciò senza contare tutto il bene che alla signora Eleonora ne aveva detto Raimondo Zuliani, un galantuomo di ventiquattro carati, alla cui parola si poteva fidare ogni altro galantuomo suo pari, e prima e più di tutti il signor Anselmo Cantelli. Infine, se quel soggiorno prolungato delle signore a Venezia doveva portare una conseguenza come quella, non c'era da ascriverlo a grande fortuna? Le mamme, si sa, vedono sempre e dappertutto un marito; si può dire che non hanno occhi per altra cosa nel mondo. Un uomo incontrato a caso, presentato loro in un salotto, ai bagni, o in altro ritrovo di società, vale o non vale, secondo che è un marito possibile, o meno. Povere mamme, vanno compatite: l'hanno trovato esse una volta, perbacco, e pensano volentieri che la vite ha bisogno dell'olmo, e alla peggio deve contentarsi d'un palo. Ubbìe, sciocchezze, follìe; spesso anche errori, che si pagano cari; ma non c'è rimedio, le mamme son fatte così; pigliarle come sono, o lasciarle. Considerando il caso particolare della signora Eleonora, non è da credere che ella pensasse così, per non aver trovato un partito conveniente alla sua cara figliuola; che anzi, già si erano dovuti dire parecchi no, e senza una ragione plausibile; tanto che il banchiere Anselmo e la sua signora si erano fatta una riputazione di schifiltosi, d'incontentabili, e perfino, diciamo la parola, di matti. Figurarsi, che i partiti offerti erano di quei tali che appunto potevano e dovevano capitare alla figliuola d'un ricco; rampolli di famiglie ben quotate a milioni, che prima di muovere all'assalto avevano cura di sapere a quanto ascendesse la dote, o fin dove potessero giungere le conseguenti speranze; e poi, a vederli! prendevano fuoco come tanti zolfini. Che cari figliuoli! E quando si arriva a combinare uno di questi contratti, è un parlarne in città, un rallegrarsene, un esaltarsene, come d'un vero miracolo. “Sapete il gran fatto? Non si direbbe, ma è proprio così; matrimonio d'amore! Si erano visti alle regate di Livorno, alle acque di Recoaro, ai freschi di Gressoney. Quel povero ragazzo non ha avuto più pace, ha perso a dirittura la testa„. Sì, eh? Ma almeno, fortuna sua, aveva conservata in tasca la tavola pitagorica. Quanto ai suoi pretendenti, Margherita era sempre stata chiamata ad esprimere la sua opinione. Il babbo l'amava moltissimo, per tutte le ragioni che sarà inutile dirvi, e ancora più la stimava per il suo retto criterio. Così ella era messa a parte di tutto, e sorrideva ad ogni nuova richiesta. — Lo conosci, quest'altro? — Io no, babbo; l'avrò forse intravvisto, ma non ne ho tenuto memoria. — È di buona famiglia; ricco, e figlio unico. Si fanno parecchi milioni a suo padre. — Buon per lui; ma io non lo conosco. La solidità della sua casa, come si dice, puoi saperla tu, con qualche approssimazione, non è vero? Ma il suo modo di pensare, il suo cuore, la sua istruzione, non puoi, come non posso io. Dire di no, può parere orgoglioso; ma come si fa a dire di sì? — E si rideva. Il signor Anselmo finiva sempre col dar ragione a sua figlia. In fondo, non gli dispiaceva di tenersi in casa quella cara fanciulla, che intanto era giunta ai ventiquattro anni, non accennando punto di voler così presto sfiorire, e che del resto non sentiva il desiderio di far mutamenti nel suo stato civile. In questo modo, ricusa oggi, ricusa domani, si dava materia d'almanacchi a chi aveva voglia e costume di farne. E il signor Anselmo, poi, dopo aver dato ragione a sua figlia, muoveva abitualmente dai particolari agli universali, sentenziando a un dipresso così: — Perseverate, bambine, e state volentieri coi vostri parenti. A rompervi il collo ci sarà sempre tempo; mentre una vita come quella che fate in casa vostra, senza pensieri, senza cure, senza affanni, senza rimpianti, non la farete mai più. — Pensava veramente così anche la signorina Margherita? Certo; se no, lo avrebbe detto, o lasciato capire; perchè simulazione e dissimulazione non erano il fatto suo. La vita era per lei tanto bella! Amava i suoi studi e non isfuggiva i divertimenti: il babbo, quante volte aveva ragione di muoversi, la conduceva con sè. Era stata in giro per quasi tutta l'Italia; aveva anche veduto Parigi e Londra, osservando dappertutto e studiando a suo modo, con quel babbo compiacente, che prendeva gusto a tutto quanto occupasse la mente o attirasse la curiosità di sua figlia. Sarebbe stato lo stesso con un altro uomo, più o meno innamorato, in quella vagabonda luna di miele, che dura poi come tutte le lune, ventinove giorni, dodici ore, quarantaquattro minuti, e, crepi l'avarizia, tre secondi e undici terzi? Aggiungete che quella dolce luna, come tutte le altre, è per gran parte scema. A queste cose, del resto, Margherita non aveva mai pensato, nè troppo, nè poco. Si contentava di non gradire i matrimonii combinati come contratti; degli altri non sapeva, nè avrebbe voluto figurarseli con uno sforzo d'immaginazione, e col rischio di non indovinarci. Venisse il giorno e l'uomo; l'avrebbe trovata. Ma certo bisognava toccarle il cuore, perchè ella rinunziasse alla sua libertà invidiabile, e a quella bella spensieratezza che ne era la conseguenza legittima. Pensierosa, per altro, e per la prima volta, appariva nell'uscire dal museo Correr. Pensierosa, è forse un dir troppo; mettiamo pensosa, mettiamo raccolta in sè stessa, senza mostrar più quel desiderio di ridere, di voltarsi qua e là, prendendo gusto al chiacchierìo della strada. Quel raccoglimento era forse il frutto d'un po' di stanchezza dello spirito, per tante cose osservate. Comunque fosse, appariva egualmente bella, forse più bella dell'usato, venendo via con quell'aria composta e tranquilla, accanto alla mamma ed al conte Aldini; il quale era tutto attenzioni e riguardi per la signora Eleonora, e poc'anzi le aveva premurosamente aggiustata la pelliccia sulle spalle. — Ora poi la godrà; — le aveva detto egli. — L'aria incomincia a farsi frizzante. — La signora Eleonora lasciava fare, sorridendo amabilmente alle cortesie del suo cavaliere. Intanto, si spegneva la luce del giorno, si accendevano i lampioni, e la buona signora pensava con un senso d'intima allegrezza al pranzo che l'aspettava al Danieli. — Senta — diss'ella tutto ad un tratto, — dovrebbe quest'oggi venire a far penitenza con noi. — Con che piacere, signora! — esclamò Filippo, reprimendo un moto violento del cuore. — Ma ho gente sulle braccia, due vecchi amici, che mi son capitati l'altro giorno da Verona.... — E li ha lasciati per noi! Mi rincresce.... — Oh, non si dia pensiero di questo. Sono uomini,

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Argomenti: povero ragazzo,    caso particolare,    moto violento

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