Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 57

Testo di pubblico dominio

coll'aiuto del tempo e svanire, avrebbe fatta la sua fine tranquilla, senza scatti d'orgoglio ferito, senza impeti d'ira selvaggia, e senza tutto l'altro che dobbiamo piangere insieme, e scongiurare, se ci verrà fatto, nella sua parte più triste per noi. — Signorina, — disse Filippo Aldini, profondamente commosso, — quell'uomo dabbene, quell'uomo di cuore, mi ha ripetuto tante volte: Margherita Cantelli è un angelo del paradiso. Come la conosceva bene! — Si era commossa anche lei, a quelle parole di Filippo; si era commosso anche il signor Anselmo, che diede prudentemente le spalle per asciugar di nascosto una lagrima. Il disegno, a semplici tratti, e senza indicazione di spessori, non richiedeva un lungo lavoro. In un quarto d'ora il destro disegnatore se n'era sbrigato, aggiungendovi ancora ai luoghi opportuni le indicazioni per iscritto, che Margherita gli veniva chiedendo via via. Verso le quattro entrò un cameriere, portando al commendatore Cantelli un messaggio sul vassoio di rito. Era un telegramma; il signor Anselmo, sbadatamente o pensatamente che fosse, lo aperse e lo lesse, facendo un atto di grande stupore. Ma lo chetò prontamente uno sguardo supplichevole di Margherita. — Le tue amiche.... milanesi; — diss'egli allora, porgendo il telegramma a sua figlia. — Sta bene, sta bene; sono tanto carine! — rispose Margherita, leggendo. E dopo aver letto, richiuse diligentemente il foglio giallo, lo ripiegò in quattro doppi, quanti ne occorrevano per farlo capire in una tasca del suo portafogli minuscolo. Frattanto, aveva levate le pupille al cielo, in atto di ringraziare il Dio delle misericordie. Filippo aveva finito il disegno. Margherita lo ringraziò della sua cortesia, e prese a parlar d'altro; ma a lui, dopo alcuni minuti di conversazione, parve di capire che la sua bella interlocutrice fosse alquanto disattenta. Anche il signor Anselmo, certamente per esser rimasto un pochettino stonato dal telegramma delle amiche milanesi, era disattento da parte sua, anzi, più che distratto, sovra pensiero. E Filippo, dopo essere stato un po' incerto di quel che dovesse fare, si alzò per prender commiato. Margherita intese il pensiero, di lui, e non volle lasciarlo così addolorato. — Mi trova un po' distratta, non è vero? — diss'ella, porgendogli la mano, e lasciandola amabilmente in quella di Filippo. — Non ci pensi; non è per Lei, ma per una faccenda che mi preme. Ad ogni modo, mi perdoni questo ed altro. Sì, ho dell'altro da farmi perdonare. Il suo segreto non sarà più conservato in due, ma in tre persone. Non tremi; — aggiunse, stringendogli più forte la mano; — sarà sempre ben custodito. L'essenziale sarà che ad ogni richiesta.... m'intende? ad ogni richiesta possibile, quantunque improbabile, Ella dica di non averlo confidato a nessuno. Soltanto per farle questa raccomandazione, le ho confessato il mio piccolo peccato, che non è neppur tale, e non avrà nessuna conseguenza, ora che possiedo il disegno del suo quartierino. Ella non capirà nulla in questo mio indovinello; ma non importa; capirà poi, e mi approverà. Ci rivedremo stasera? All'ora solita, signor conte; e le giuro che non sarò più distratta. — Così ebbe commiato Filippo Aldini, e ben dolce, poichè tanto a lungo la mano di Margherita era rimasta nella sua. — Ed ora mi dirai.... — incominciò il signor Anselmo, poichè furono soli. Ma la fanciulla non gli lasciò finire la frase. — Caro babbo; — diss'ella, abbracciandolo. — Dobbiamo noi vincere, sì o no, questa battaglia difficile? E salvare quel poveretto? Le armi che ho preparate sono di buona tempra, mi pare, e leali; speriamo che valgano. — Dio ti assista, donna forte! — esclamò il signor Anselmo. — Ma se Raimondo.... — Verrà da me, se mai; ed io saprò difendermi. Ora tu, si capisce, per debito di cortesia, vai incontro.... alle amiche di Milano. L'arrivo è per le cinque e quarantatrè. Si capisce ancora che tu mi conduci con te alla stazione. — Il signor Anselmo tentennò il capo e sorrise. — Non ci mancherebbe altro che ci andassi da solo! — rispose. — Con tanta carne che hai messa al fuoco, Dio sa come mi troverei impacciato! — Erano suonate le quattro, e con le quattro era di ritorno all'albergo la signora Eleonora, accompagnata dal suo Federigo. — Vi potevamo aspettare! — diss'ella. — Sì, hai ragione; — rispose placidamente il signor Anselmo. — Come disse quella gentildonna ai suoi convitati: “perdonino, mi ero dimenticata in biblioteca„, così noi ci siamo dimenticati in chiacchiere. Ma non dubitare, ci rifacciamo subito anche noi. — Dove andate? — Alla stazione, incontro ad un amico di babbo;-entrò a dire Margherita. — Saremo di ritorno, ad ogni modo, per l'ora del pranzo. — Uscirono, padre e figliuola, presero una gondola, e si fecero cullare sulle acque del Canal Grande, che a lume di tramonto erano bellissime. Ammirarono i bei palazzi, così degni di osservazione, nella diversità delle forme architettoniche e nella varietà degli stili. Di là dal ponte di Rialto, Margherita sporse il capo fuori del felze, e tese lo sguardo cercando il palazzo Orseolo, uno dei più graziosi di Venezia, notevole per la eleganza delle sue cornici, delle sue modanature, e più per le sue finestre ad arco acuto, dai terrazzini sporgenti, vagamente intessuti di pilastrini ornati a fogliami e di rosoni traforati, nello stile del Quattrocento. — Povero signor Raimondo! — mormorò la fanciulla, quasi parlando a sè stessa. — Che vita, la sua! — La gondola guizzò oltre, leggera leggera. Poco prima delle cinque erano già alla stazione. Ci avevano da aspettare un bel pezzo, e spesero il tempo passeggiando. Il signor Anselmo, che quel giorno era rimasto così lungamente seduto, non ebbe certo a dolersene. Margherita, per contro, aveva da infastidirsi non poco, vedendosi fatta argomento di tante ammirazioni d'una turba di peripatetici aspettanti. Non è poi vero che a tutte le donne belle piaccia di essere ammirate, specie con troppa insistenza. Quelle che n'hanno fastidio pensano di sicuro che ad una dose più scarsa di ammirazione potrebbe accompagnarsi benissimo una dose più abbondante di reverenza, o di tatto. Il treno delle cinque e quarantatrè arrivò miracolosamente puntuale. Margherita l'ebbe per un segno di buon augurio. Tra le poche persone che scendevano dalle vetture di prima classe, indovinò quella che aspettava, e le corse incontro, indovinata a sua volta: si ricambiarono i nomi, si presero per braccio, e si trassero in disparte sulla calata, discorrendo animatamente sottovoce. Parecchie cose dovevano essere state già dette per lettera; ora la signorina Cantelli aggiungeva utili ragguagli, o colmava lacune. La stazione si era già tutta vuotata di viaggiatori e di aspettanti, quando Margherita e la sua nuova compagnia si decisero ad uscire. Sul ponte si separarono; la persona misteriosa strinse la mano al signor Cantelli, presentato in quel punto; poi quella discese in una gondola; Margherita e suo padre nell'altra, che li aveva portati, e che doveva restituirli alla riva degli Schiavoni. Giunsero all'albergo prima dell'ora di pranzo; alquanto sollevati di spiriti, come chi si conforta nella coscienza di aver fatto il debito suo; ma pensosi, come chi, arrivato al punto della prova, dubita istintivamente della bontà d'un suo ritrovato, ond'era poc'anzi ben certo. Son quelli i momenti che il facile incomincia a parervi difficile, e il difficile vi diventa impossibile. Ahimè, non son tutti sicuri, i meglio architettati disegni, come non son tutte rose nel giardino della vita; il qual giardino è troppo spesso una landa. Per nascondere la sua ansietà, Margherita tirò accortamente i discorsi di tavola sulle compere fatte dalla mamma in quei giorni, pel corredo del suo Federigo; quel famoso corredo che doveva accordarsi nelle sue parti con tanti climi e temperature differenti sulla faccia del globo. La signora

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Argomenti: destro disegnatore,    sguardo supplichevole,    famoso corredo

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