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Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 32discorsetto erudito, che già la signora Livia si era dileguata con la sua busta di velluto azzurro tra mani. Raimondo aveva creduto lì per lì che fosse andata a riporre il suo gioiello; e non fu poca la sua maraviglia, quando la vide ritornare col diadema in fronte. Proprio così; la bella donna aveva voluto fare, a benefizio di pochi eletti, la prova generale della sua rappresentazione a teatro. — Serata di gala! — diss'ella, avanzandosi con incesso di dea in mezzo al salotto, maestosa, trionfante, sotto quel luccichìo di gemme, con quel pennacchio di piccoli brillanti, che tremolavano ad ogni suo passo, mandando attorno bagliori di fiamme azzurrine e rossiccie. Il cavaliere Lunardi gettò un grido di ammirazione. — Questo divino spettacolo è per noi, solamente per noi; — soggiunse egli tosto. — Tutti possono invidiarcelo; nessuno ce lo leva più. — Raimondo gongolava. La sua Livia non poteva fargli davvero un regalo più prezioso del comparire innanzi agli amici col suo bel diadema in capo, che la faceva rassomigliare ad una regina antica, della leggenda o della storia, ad Elena, per esempio, a Cleopatra; a questa, soprattutto, che parve creata a bella posta per dar risalto ai più costosi ornamenti. Un pensiero di quella fatta balenò certamente alla fantasia del cavaliere Lunardi. — Chi oserebbe negare, — diss'egli, — che le pietre preziose siano state fatte per accompagnar la bellezza? Tutto, in natura, ci si mostra ordinato ad un fine. Lo smeraldo, lo zaffiro, il diamante, sono fatti per le donne belle; se così non fosse, a che servirebbero? — La trionfante signora sorrise a quella scarica di complimenti, e passò, avviandosi al pianoforte, per dire al maestro di musica: — Un altro duetto, la prego; per me e per Raimondo, mi capisce? — Il maestro di musica assentì prontamente con un cenno del capo; e subito attaccò il duetto dei Puritani: “A te o cara amor talora.„ Era la passione di Raimondo Zuliani, che giurava e spergiurava esser quello il motivo melodico più bello che fosse mai passato per la mente di un musicista. Così pensando in materia di musica, era naturale che Raimondo si accostasse anche lui, e ritto lì dietro la cassa armonica del pianoforte prendesse a battere il tempo con la punta delle dita sul coperchio, canticchiando tra i denti il suo motivo prediletto. Ma non canticchiava più, cantava a dirittura, quando veniva a frammettersi nel duetto la parte del coro: “Senza occaso questa aurora Mai null'ombra o duol vi dia; Santa in voi la fiamma sia, Pace ognor v'allieti il cor.„ — Ed eccoti, Lunardi mio; — diss'egli, alla fine del pezzo, — il duetto di due che si sono sposati. — Sì, sì, hai ragione, Arturo; ed ha ragione Elvira; — rispose il cavaliere Lunardi. — Potrei ribattere ancora che le eccezioni non contano; ma già mi son dato per vinto, “campione senza valore„, come ti ho detto in linguaggio postale. — Infine, si era allegrissimi. La signora Livia, rutilante, sfavillante, di gioie e di gioia, trionfava accanto al suo Raimondo, che era diventato il re della festa, e che in cuor suo ripensava i versi indimenticabili del coro nuziale. “Santa in voi la fiamma sia, Pace ognor v'allieti il cor.„ Il re della festa non lasciò partir quella sera i suoi fedeli, senza aver fatto saltare il turacciolo a due bottiglie della Vedova incomparabile. Ottimo signor Cliquot, voi mancavate a quell'altro duetto; ma si ricordò di voi il cavaliere Lunardi, che bevve alla vostra pace e alla gloria del vostro casato fino alla consumazione dei secoli. Filippo Aldini se ne andò quella sera abbastanza consolato dal palazzo Orseolo. Si era festeggiato un santo matrimonio, e non si era fatto il menomo cenno del suo. Un altro giorno guadagnato, frattanto; ed egli giunse a casa sua, oltre il corso Vittorio Emanuele, colla illusione di non esser più lui, ma un altro essere, sciolto di pensieri, di cure, di malinconie d'ogni specie, padrone di sè, padrone del mondo. XI. La testa di Medusa. Filippo Aldini ebbe modo, nella pace notturna del suo quartierino, di almanaccar lungamente su quello che per calmarne le apprensioni gli aveva detto Raimondo. Margherita era dunque ammalata per il caldo soverchio di una stufa? Strano ripensandoci allora, strano che quel gran caldo, magari con tutte le esalazioni capaci di ingombrare il cervello, egli non lo avesse neanche avvertito! E proprio, nello spazio di tempo assegnato, ad una visita di cerimonia, ne era rimasta offesa la signora Zuliani che aveva dovuto in giornata mettersi a letto anche lei! Bizzarra coincidenza di indisposizioni! E quella ottima signora Eleonora così impacciata con lui, quando era andato a far visita! Un vago sospetto passò per la mente di Filippo. Che la Zuliani avesse fatto qualche colpo di testa con le signore Cantelli? Ma in che modo? e perchè? La signora Zuliani, egli l'aveva ben veduta la sera antecedente, guarita affatto della sua emicrania, tutta gaia, felice, raggiante e scintillante, tutta fiori e baccelli col suo Raimondo più caro che mai. Ah, restasse ella sempre così! Anzi, fosse restata sempre così! Perchè infine, considerando i suoi falli, Filippo Aldini poteva confessare a sè stesso che erano gravi, ma non suoi. Si era trovato involto senza pensarci, travolto nell'abisso, prima di vedere il pericolo. Ne scampava ora, dopo tanti vani ma onesti tentativi? Lode al cielo, e dal profondo dell'anima. Solo dalla sera antecedente, tra diademi sfavillanti e duetti maritali, il povero Aldini incominciava a ricogliere il fiato. E intanto, gli premeva di aver notizie più chiare intorno alla salute di Margherita. Ne sentiva il bisogno, insieme con l'obbligo; cortesia voleva ch'egli andasse, per chieder di lei, foss'anche ogni giorno, al Danieli. Andando di mattina, e perciò senza mostrar desiderio di fermarsi, non correva pericolo di dar noia, oltre quella che è comandata dalle buone creanze, e che perciò gli uni debbono dare, come gli altri accettare. A che ora, la visita? Non troppo presto, certamente; ma neanche troppo tardi. Alle dieci? Sì, e forse alcuni minuti dopo. Dunque, alle dieci sarebbe partito da casa, aspettando per l'appunto nel suo studio che le dieci scoccassero. Era già vestito di tutto punto per uscire, col cappello e la mazza tra mani, ad ogni tanto guardando le lancette dell'orologio sospeso alla parete, davanti alla sua scrivania. Ma ecco, che è, che non è, un improvviso rumore, come di chiave che giri in una serratura, di là da un uscio a vetri opachi, nel fondo della parete a sinistra. Il quartierino di Filippo aveva due ingressi; il nobile e da tutti conosciuto come quello di casa sua, e un altro di minor conto, quasi uscio per la gente di servizio, che metteva ad una scaletta, la quale riusciva al cortile di un vicino edifizio. Da quel cortile, per una scala a collo, cioè fiancheggiata per una parte sola da un muro, per l'altra da una balaustrata interrotta qua e là da colonne, e tutta sormontata da una tettoia risalente, si ascendeva all'abitazione della contessa Galier di San Polo. Si è già detto che la contessa e l'Aldini erano vicini di casa, abitando in due palazzi contigui da tergo. Lo scricchiolio dell'uscio segreto fece sobbalzare Filippo Aldini sulla scranna. Tutto poteva egli aspettarsi quel giorno, fuorchè la visita che quel rumore annunziava. Avrebbe voluto essere in tempo a sbiettare di là, riuscire in anticamera e trafugarsi per lo scalone, come uno che non s'aspettasse di aver gente dalla scaletta. Ma non era più in tempo. L'uscio di servizio, per chiamarlo una volta così, appena aperto si era richiuso; si apriva in quella vece la vetrata che metteva allo studio dell'Aldini, e nel vano appariva la testa di Medusa, anzi tutta la persona di lei. Che se quella non era proprio la Gòrgone antica, dai bei capelli d'oro tramutati per l'ira di Minerva in orribili serpenti, pareva essere ancora investita del triste privilegio di tramutare in pietra chiunque si Tag: signora filippo duetto due pace cavaliere tempo casa sera Argomenti: divino spettacolo, prova generale, menomo cenno, triste privilegio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Decameron di Giovanni Boccaccio La divina commedia di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare soldi e contare, possibilmente, su un piccolo reddito passivo Come gestire una serena convivenza Ultime tendenze nei trattamenti di bellezza Regali e busta per il matrimonio Offerte Capodanno Les Deux Alpes
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