Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 24

Testo di pubblico dominio

secolo? Ora, vedi, più si è deboli, e più facilmente si soggiace alle conseguenze di queste sovreccitazioni; onde i cardiopalmi, i fenomeni stenocardici, le dispepsie.... Ah, dimenticavo che tu non vuoi parole greche; diciamo dunque palpitazioni, stringimenti di cuore, digestioni difficili. — Ed ora non mi spaventi più, mi atterrisci. — Calma; siamo appena ai principii, e tutte queste brutte cose sono ancora in proporzioni ristrette. Ma poi, chi non provvede in tempo, va soggetto a convulsioni, alle contratture muscolari, ai trismi.... voglio dire alle contrazioni persistenti dei muscoli elevatori della mascella inferiore. Seguono o precedono, secondo i casi, le allucinazioni, le insonnie, le anestesìe sensorie.... voglio dire i mancamenti temporanei, le diminuzioni di sensibilità; nella vista, per limitazione del campo visivo, essendo resa insensibile una porzione periferica della retina; nella voce, nell'udito, e via discorrendo. Alle anestesìe, poi, si alternano le iperestesìe .... cioè, diciamo pure gli eccessi di sensibilità, come accade per l'appunto nelle allucinazioni, quando l'isterico, in uno stato di mezza incoscienza, vede ripresentarsi alla sua mente più scene della vita passata, e ti mostra di riviverle, negli atteggiamenti diversi del viso, o nei fenomeni ipnotici, nel sonnambulismo, ad esempio, quando egli risponde macchinalmente alle tue domande imperiose. Bada, — soggiunse il buon dottore, vedendo la cera contraffatta di Raimondo, — io ti parlo così, contro l'uso mio, perchè siamo lontani da questi pericoli, e vogliamo e dobbiam prendere in tempo le nostre precauzioni. Principiis obsta.... E questo lo intendi benissimo. — So anche il resto: sero medicina paratur; — disse Raimondo. — Ma i rimedii? — In farmacia non ne mancano; — rispose il dottore; — ma sono pei casi urgenti e in fondo in fondo son palliativi e non altro; calmanti, tonici, narcotici, ipnotici, non valgono certamente la cura diretta dello spirito, sussidiata dalla dietetica e dalla climatica. Distrarre la mente, nutrire e corroborare l'organismo, ecco il punto. Lo stomaco si adatta mal volentieri ad una nutrizione ricostituente, lo so; ma appunto per questo il cambiamento d'aria è raccomandato. Potrai tu lasciare per un po' di tempo i tuoi affari? — Per lei, figùrati, farò questo ed altro. — Alla buon'ora. Stazioni climatiche invernali non mancano; in Liguria, per esempio, da Nervi a San Remo, e più in là, se ti piace. Si fa doppia cura, dello spirito e del corpo; ed anche è doppia quella dello spirito, perchè alle distrazioni moderate e sempre piacevoli della vita nuova, si aggiunge il benefizio dello avere abbandonata la vecchia, con tutti i suoi turbamenti. — Qui, per altro, — osservò Raimondo, — la mia Livia fa una vita abbastanza quieta. — Sì, va bene; ma le visite, i teatri, i balli, le conversazioni; son tutte cagioni di esaurimento nervoso, per una costituzione così delicata. — Come si fa, buon Dio? — esclamò Raimondo. — Come si fa a romperla con tutte le consuetudini sociali? — Eh, lo so bene; restando, non si può; ma andando?... Del resto, hai tempo a pensarci, poichè i disturbi della tua signora sono nello stadio iniziale. Forma leggera di una malattia molto seccante, si possono, si devono domare in tempo, per non aver noie più tardi. — Fatto questo po' di chiacchiere, coll'amico Zuliani, il dottor Teodoro Dal Vago lasciò il palazzo Orseolo, e fuori di là il dialogo si restrinse in monologo. Sempre così, il buon dottore; un discorso al malato, un altro alla gente di casa, e il terzo a sè. — “Donne, donne! eterni Dei!„ — incominciò, canticchiando tra i denti, sull'aria conosciuta del Barbiere. — Eccone una che non me la dice giusta, colla impressione del freddo all'aperto, dopo essere stata in un salotto troppo riscaldato. Dio sa che altro sarà stato, per metterle i nervi in combustione. Ed è più malata che non sembri. Quella tosse spasmodica! quella respirazione accelerata! Già incominciamo dal dire che questa storia è vecchia; e di forma ereditaria, ci scommetterei la testa. La madre, a quel modo nevrotica, come è finita! Quanto a lei, è stravagante, a dirne poco. Capricciosa è sempre stata, dacchè la conosco, ed è ancora una bambina, a trent'anni, se non li ha passati d'un bel poco. Età climaterica, direbbero gli astrologi. Basta, se l'amico Zuliani si decide a tirarla via da Venezia, e lei si lascia condurre, che mi pare il più difficile, possiamo rimediarla ancora. Ma occhio alla penna! — Così conchiuso il suo ragionamento, se ne andò il buon dottore Dal Vago a visitare altri ammalati, a fare altri dialoghi, per finire con altri monologhi. I medici l'hanno ancora, la consolazione di questi piccoli sfoghi, dopo essere stati costretti a dir le cose per metà, ed anche a non dirle affatto. Raimondo Zuliani aveva bene inteso che tutta la serie dei mali minacciati alla sua Livia risguardava il futuro, e un futuro abbastanza remoto da lasciar tempo a provvedere e fondata speranza di scongiurarli. Perciò era presto uscito d'apprensione, non restandogli altra cura nell'animo se non quella di obbedire ai consigli del medico. Una cosa era ben risoluta, che sul finir di gennaio, o sui primi di febbraio, alla più lunga, avrebbe condotta la moglie in un clima più confacente alla sua salute. La gita in Liguria gli sorrideva: quanto agli affari del banco poteva fidarsi del signor Brizzi, uomo pratico, accorto, ed onesto a tutta prova. Del resto, pei casi ordinarii avrebbe provveduto il carteggio, e per gli straordinarii il telegrafo. In questi pensieri, aveva finito di calmarsi. Ed anche si calmava la signora, che la mattina seguente non aveva più nulla, nè dolori vaganti, nè tosse, nè agitazioni, nè ardori alla pelle. Certo, per quella volta, i fenomeni isterici non c'entravano affatto; il guaio era tutto venuto dal gran caldo nel salotto delle signore Cantelli. Anche i medici, poveracci, qualche volta la sbagliano. Oh, a proposito, una visitina alle signore Cantelli non era mica da tralasciare. Gli premeva la felicità dell'amico, e prima di muoversi da Venezia voleva anche per quel rispetto aver messe le cose a buon termine. Per intanto occorreva sapere se la signora Eleonora avesse ricevuto lettere dal marito, e notizia del giorno ch'egli sarebbe capitato a Venezia, come prometteva di fare. Andò dunque al Danieli, e di mattina, per esser sicuro di ritrovare le signore in casa; se no, ad aspettare dopo colazione, c'era rischio che col “felice mortale„ fossero andate a fare qualche artistica passeggiata. Salito all'appartamento delle signore Cantelli, trovò in salotto la signora Eleonora sola, accigliata e più taciturna del solito. — E la nostra bella Margherita? — chiese egli, guardando attorno, dopo aver fatto i suoi convenevoli. La signora Eleonora scosse la testa, e battè un pochettino le labbra. — Incomodata; — rispose poi asciuttamente. — Oh, senti! E da quando? — — Da ieri. — Strano! E mia moglie, che è stata qui, non me ne ha detto nulla! — Era appunto da noi, — replicò la signora Eleonora, — quando la mia figliuola si sentì venir male. — E la cagione? — domandò Raimondo. — Forse il troppo calore dei camini.... — Diciamo il troppo calore; — mormorò la signora Eleonora, assentendo a mezza bocca. — Dico questo, — riprese Raimondo, un po' sconcertato, — perchè mia moglie, appena ritornata a casa, si è messa a letto con dolori per tutta la persona, accennando al freddo della strada dopo il gran caldo che aveva sentito qui. Ma il riposo assoluto e i pronti rimedii del medico le hanno fatto bene, tanto che ora ha potuto alzarsi un pochino. — Non così la mia Margherita; — disse la signora Eleonora, sospirando. — È ancora molto debole. — Che pena! — esclamò Raimondo. — Ella non può immaginare come io ne soffra. — Voleva chiedere se avessero chiamato un medico, e che cosa avesse egli

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