Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 59

Testo di pubblico dominio

sdegnoso rifiuto di ragionare con lei, di perdonarle, di ascoltarla almeno. Venne Raimondo poco prima delle sette. E fu meravigliato, alla vista di sua madre; parve quasi sconcertato all'aspetto. Ma il sentimento figliale vinceva; si buttò nelle braccia della donna veneranda, reprimendo a tutta forza le lagrime. Non voleva piangere, no, non voleva dar saggio di commozione soverchia. — Figlio mio! figlio mio; — gridava la vecchia signora, non saziandosi di baciarlo, di guardarlo negli occhi, e di baciarlo ancora. — Eccolo qua; — rispondeva Raimondo sforzandosi di sorridere a quella effusione violenta di affetto materno. — Eccolo qua! Ma anche tu, mamma.... che bella improvvisata ci hai fatta, quest'oggi! — E non proseguì, vedendo negli occhi e nelle labbra di sua madre che quel plurale non tornava gradito. La fiera nemica delle nozze di lui non aveva ancora disarmato, non si era ancora piegata a consigli più miti. Ahi, come presaga, sette anni addietro, dei danni che quelle nozze avrebbero apportato al suo figliuolo infelice! Il pranzo riuscì freddo in tre, più che non fosse stato quello del giorno innanzi in due. La conversazione, ad onta degli sforzi evidenti di Raimondo, era impacciata e ad ogni tanto interrotta, segnatamente per la risoluzione della signora Adriana di non rivolger mai il discorso a sua nuora. Di ciò che venne in tavola, poi, la signora Adriana assaggiò a mala pena. Aveva fatto più che uno spuntino in viaggio, diceva lei, nella fermata di quasi un'ora a Treviso, dove il treno di Belluno aspettava il treno di Udine. Una scusa, certamente; e il fatto era questo, che la vecchia signora non aveva volontà di mangiare. Subito dopo il caffè la signora Adriana volle ritirarsi nel suo appartamento. Al terzo piano del palazzo Orseolo erano sempre due camere preparate per lei. Fece per saluto alla nuora un cenno del capo, e si mosse. Il figlio l'accompagnò, dandole il braccio. Livia rimase sola, in preda ad un'agitazione indicibile. Raimondo, da un quarto d'ora uscito di là per accompagnare sua madre, non discendeva. Senza dubbio si discorreva molto, lassù, si facevano liberamente tutti i discorsi che in presenza di lei non si erano potuti fare. E si sentiva fischiare gli orecchi di tutte le cose spiacevoli che in quel mentre si dicevano di lei. Il sangue le martellava alle tempie; vampate e brividi, alternandosi con frequenza, davano indizio di febbre crescente. A un certo punto non potè più resistere all'inquietudine che s'impadroniva di lei. Balzò in piedi, e corse alla scala interna che metteva al piano superiore; stette alquanto in ascolto; poi guardinga salì fino al corridoio che collegava parecchie camere dell'appartamento superiore. Arrivata ad un certo punto, di là da quelle che occupava la signora Adriana, poteva anche nascondersi dietro una svolta, caso mai fosse per uscir suo marito. Di servi, che capitassero lassù, non aveva timore. Quella era appunto l'ora che, sparecchiata la mensa dei padroni, la gente di servizio, tutta raccolta a pianterreno, si assideva tranquillamente alla sua. Così d'ogni parte sentendosi abbastanza sicura, si accostò all'uscio della camera in cui madre e figlio stavano parlando insieme, e tese l'orecchio. Erano frasi rotte da prima, e non era possibile intendere a qual punto delle loro confidenze già fossero i due; ma il nome suo ricorreva nel discorso più volte. “Livia„ diceva il figliuolo; “quella donna„ diceva la madre. Ma questa a grado a grado si veniva riscaldando, e la sua voce giungeva finalmente più chiara. — E per quella donna, infine, ti uccidi! Perchè? — incalzava la signora Adriana. — Uccidermi! Io? — rispondeva con accento turbato Raimondo. — Chi ve lo ha detto? Chi ve lo ha scritto? Quell'uomo? Sarà un'altra infamia sua. Il suo tradimento, il mio diritto di vita e di morte su lui, ne facevano il mio schiavo. Se la sorte, proposta generosamente da me, gli era stata propizia, egli tanto più doveva obbedirmi e tacere. — Non accusare quel disgraziato, — replicava la vecchia signora. — Vi ha uditi una coraggiosa fanciulla; Margherita Cantelli. — Margherita!... E come? come ha potuto?... — Non so, ma certamente era lei. In compagnia di suo padre, voglio credere.... Non hai tu, ad un certo punto del tuo orribile colloquio col signor Aldini, non hai tu sentito un rumore, che veniva da una cameretta vicina?... un rumore d'uscio che si chiudeva?... — Sì, ebbene?... — Quella fanciulla, attratta da un suo capriccio donnesco nel quartierino del suo fidanzato, non volle esser colta là dentro da estranei; si era rifugiata in quella cameretta, presso una porticina di servizio, donde poteva trafugarsi. Prima di uscire per quell'altro passaggio, volle ascoltare, sapere chi fosse il visitatore del suo fidanzato. Curiosità? gelosia? Comunque fosse, ascoltò, udì il vostro patto feroce. Sbigottita, non volle udire più altro; aperse l'uscio segreto e fuggi. Se tu la inseguivi, eri in tempo per vederla, e per riconoscerla. — Raimondo era rimasto muto, certamente pensando alla stranezza del caso. E Livia frattanto pensava: — Ella ha dunque voluto sostituirsi a me.... in ogni cosa? Ma infine, perchè? Non forse per salvare Raimondo? Coraggiosa!... — Ed accolse nell'animo un raggio di speranza. Era Margherita, che aveva così prontamente avvertita la madre di Raimondo, chiamandola in soccorso. Quella madre avrebbe certamente adoperata tutta la sua autorità. E lei, Livia, lei, cagione di tutto il male, non era stata capace di una così buona ispirazione, di un così felice ardimento! Ma il raggio di speranza che era penetrato nell'anima di Livia, impallidì tosto, fu per ispegnersi alle parole di Raimondo. — O madre, madre mia, tutto è vano oramai. La maledizione del cielo si è aggravata su me, dal giorno che ho disobbedito alle tue esortazioni, resistito ai tuoi consigli amorevoli. Ma tu lo vedevi bene.... ed avresti dovuto perdonarmi.... amavo quella donna.... e l'amo ancora, odiandola, con tutte le forze dell'anima. Per me, dunque, è finita. E come vuoi tu ch'io possa vivere? Separandomi da lei? Sarebbe uno scandalo. Voglio morire da gentiluomo, rispettando le donne, anche quando tradiscono. Ho giuocata la mia vita con quell'uomo, nel modo più leale e prudente. Poichè tu sai ciò che la sorte ha deciso preparati. Io non posso più vivere. — Prepàrati! — ripetè la signora Adriana, con accento di profonda amarezza. — Prepàrati! E sei tu che parli così? Quella infame ti ha dunque guastato a tal punto l'anima e il cuore? Prepàrati! Quando mai potrà prepararsi a questa angoscia un cuore di madre? Ho saputo il patto terribile; e perchè l'ho saputo, son corsa a gridarti: no, per una disgraziata, per una impura, traditrice della fede giurata, non si fa ciò. Il tuo amico pentito.... sappilo; quella animosa fanciulla me lo ha giurato con le lagrime agli occhi, venendomi incontro, all'arrivo.... si ucciderà egli pure, se tu manterrai quel patto dissennato. E tu, illuso, credevi di poter condannar lui alla vergogna di vivere, di esser felice, a prezzo della tua morte! Ma già il primo a non voler più la felicità di quell'uomo, sarà il padre di lei, un vecchio onorando, che tu avrai profondamente addolorato, fors'anche accorciandogli il vivere. E speri di evitare gli scandali? Ma tu li aggraverai, uccidendoti. — Mamma! — gemette Raimondo, supplichevole, — Sì, fammi il tenero, con quel cuore di sasso! Ucciderai altri, per intanto; e prima di tutti tua madre. Morirò, sì, maledicendoti, allora. Ma che cos'è questo vostro furor di morte? — gridò la povera donna, animandosi sempre più. — La vita è vostra, forse? Non di chi ve l'ha data? Non delle vostre famiglie? Non del vostro paese e del mondo, che aspettano opere virtuose e nobili esempi da voi? Vigliacchi, che avete solamente il coraggio di sottrarvi ad una piccola pena! Sì, piccola, e vergognosa ancora, come è sempre una forte passione per una

Tag: madre    signora    figlio    donna    prima    vivere    due    patto    occhi    

Argomenti: sdegnoso rifiuto,    orribile colloquio,    capriccio donnesco,    forte passione

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