Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 27

Testo di pubblico dominio

famiglie storiche guadagnino un tanto a rimaner sepolte nella storia, fasciate nelle loro bende imbevute di aromi. Già, i nomi che si perpetuano, corrono il rischio di seccare i posteri. E i posteri, caro mio, non hanno poi tutti i torti. Che cosa c'è più da fare, ai tempi nostri, se non piccole cose? Bisogna farsi piccini come esse, adattandosi a tutte le piccole leggi, a tutte le piccole consuetudini, che d'ogni parte stringono la nostra volontà, come i fili di seta degli abitanti di Lilliput stringevano il povero Gulliver sulla spiaggia dov'era naufragato. E non c'è pericolo che diventando piccoli uomini, i tardi rampolli delle grandi famiglie levino un po' di credito ai famosi antenati? — Dio, quanti pericoli! — aveva esclamato Raimondo. — E quanti guai vedi tu in una proposta di matrimonio! Basta, lasciamola lì. Ci penserai meglio, e ci sarà da discorrerne ancora. Ma intanto non aveva creduto opportuno d'insistere, e per un pezzo doveva essergli passata la voglia di ritoccare quel tasto. La signora Livia, dal canto suo, aveva riso di gusto; e dal canto suo si era man mano adattata all'amico di Raimondo. Almeno, pareva che fosse così, perchè non le era più accaduto di dirne male, o di trattarlo con troppa freddezza, nelle rare visite ch'egli faceva in casa Zuliani. Bisognava proprio che le antipatie ripigliassero allora, mentre Raimondo era sul punto di vincere le ripugnanze matrimoniali dell'amico! E quell'altra antipatia per le Cantelli! Quella, poi, era la più irragionevole di tutte. Dall'appoggio del banco Cantelli non ripeteva le sue fortune il banco Zuliani? Giunto a casa, Raimondo trovò la sua signora, non pure alzata, ma risanata del tutto, come ella diceva, e di buonissimo umore. Per contro, era imbronciato Raimondo, avendo in corpo quel po' di stizza che sappiamo. Certo, l'avrebbe smaltita, se Livia fossa stata ancora ammalata. Ma era sana, ilare nell'aspetto; ed egli, non potendo più digerirsi il suo malumore, non sapeva neanche dissimularlo. — Che cos'hai? — gli disse ella ad un certo punto, vedendolo mandar giù bocconi su bocconi, senza mai proferire una parola. — È calata la rendita? — No, anzi c'è un mezzo punto di rialzo. — O allora? — Allora, che? — Tu hai qualche cosa; ti si legge negli occhi. — Ebbene, sì; — rispose Raimondo; — sono in pensiero per quella povera fanciulla. — Povera fanciulla! — ripetè la signora. — Quale? — La signorina Margherita. È indisposta; e non dev'essere una cosa tanto leggera, perchè sua madre non me l'ha lasciata neanche vedere. — Ahi sei stato al Danieli. — Sì. — Qui, al monosillabo asciutto successe un breve silenzio. La signora Livia esplorava il volto di suo marito. Ma poco poteva vederne, perchè egli teneva il mento abbassato sul piatto. — E lo hai sentito, — riprese ella, — il gran caldo di quelle stufe? — L'ho sentito, e mi è parso tollerabile; — rispose Raimondo. — Del resto, facciamo a parlarci chiaro, bella mia; non è stato il gran caldo, quello che ha colpito la signorina Margherita, ma piuttosto certi discorsi fatti a sua madre, e che sua madre avrà dovuto riferirle. — Discorsi! di chi? — Tuoi, cara, a proposito del conte Aldini. — La signora Livia levò gli occhi al soffitto, come se volesse invocare quel di lassù a testimonio della sua innocenza. — Ma non può essere; — esclamò; — non può essere. Sua madre non può averle riferito nulla da alterarla, se Margherita si sentì male nella camera attigua, mentre io stavo ancora in salotto a discorrere colla signora Eleonora. — Allora diciamo che ti abbia sentita, ascoltando dietro l'uscio. E il tuo discorso era tale, certamente, da farle un senso spiacevole. Ne convieni? — disse Raimondo, studiandosi di dare alle sue parole la intonazione più delicata. La signora Livia ebbe l'aria di cascar dalle nuvole. — No, meno che mai; — rispose. — In che cosa, di grazia, qualche mia parola a proposito del tuo amico, sua conoscenza casuale, e neanche di antica data, poteva dispiacere tanto alla signorina Cantelli? — Ma tu non sai.... Tu non hai dunque capito, mia cara, che c'era di mezzo un disegno.... un disegno mio, di nozze fra lei e Filippo Aldini? — Ah, sì? questo? — esclamò la signora, con accento di gran meraviglia. — E perchè non dirmelo prima? Avrei saputo come governarmi. Tu non hai dunque confidenza in me? Sei brutto, molto brutto. — A quelle moinerie non resisteva Raimondo; non aveva mai resistito. — Ma che! — diss'egli, confuso. — Ti avrei avvisata di questi giorni appunto. Era un negozio appena appena incominciato, e poteva risolversi in nulla. Volevo esser sicuro di non fare strada falsa; volevo sentir l'opinione del signor Anselmo. Capirai, sono lavori fini, che vanno maneggiati coi guanti, come gli affari di banco. Ti parlo io degli affari che faccio, quando sono appena imbastiti? Li sai, quando sono cuciti di sodo; e ne hai la tua parte, bella mia. Non ti dico questo per farmene un merito, ma solamente per ricordarti che io ti associo nel mio pensiero a tutto quello che faccio, essendo sicuro che tu mi porti fortuna. Ma tu, piuttosto, perchè fare quel discorso alla signora Eleonora? — Discorso! — rispose Livia. — Bisognerebbe sapere in che termini ti è stato riferito, poichè ella ha stimato di farne un gran caso. Del resto, ecco qua, se lo ricordo bene; si parlava di tante cose, e di tante persone, come è l'uso, senza dare importanza a nulla. È venuto in ballo il signor Aldini, e la signora Cantelli mi ha chiesto che uomo era. Le ho detto quello che ne sapevo io, quello che ne avevo sentito dire, quello che se ne è sempre raccontato nei salotti di Venezia, e meno, s'intende, assai meno di quello che avrei potuto. — Ma la signora Cantelli se ne è conturbata; — osservò Raimondo. — Si conturba di poco; — rispose Livia, alzando le spalle. — Ma già, dovevo ricordarmelo, che è un'oca. Sì, le ho detto che è un giovine alla moda; che ha fatto molto parlare di sè, pei suoi trionfi in società; che ora si è dato al tenebroso, al misterioso, come un eroe da romanzo, e che ci doveva esser sotto una grossa passione; quello che infine si dice da tutti. Ho aggiunto che tu lo ami molto, lo proteggi, lo difendi a spada tratta. E avrò anche detto, in risposta ad una domanda dell'oca, che non è ricco, vivendo egli d'una piccola rendita. — Male! — esclamò Raimondo. — Perchè, male, se è il vero? Dovevo io farlo passare per un milionario travestito? Che cosa voleva lei che gliene dicessi io? che glielo gabellassi per il più ricco, il più santo, il più meraviglioso degli uomini? — Ma tu sei crudele con quel poveretto! — notò malinconicamente Raimondo. — Speravo che conoscendolo meglio tu ti fossi oramai riavuta di certa antipatia primitiva, e lo vedessi un po' più di buon occhio. — Non l'ho da vedere nè di buono nè di cattivo; — replicò la signora. — Mi annoia sempre un pochino che tu t'innamori tanto d'altre persone. — Bambina! Ma non si tratta già di una bella signora! — Eh, non ci mancherebbe più altro! — conchiuse Livia, con accento di comico dispetto, che piacque maledettamente a Raimondo. — Basta, — diss'egli rimettendosi al grave, — ho aggiustato io ogni cosa. — Ah! e come? — Dicendo alla signora Eleonora che son tutte ciarle di scioperati. L'Aldini è un gentiluomo serio, che frequenta poco il bel mondo, e perciò gli hanno fatta riputazione di uomo misterioso, come, quando lo frequentava, gli avevano fatta quella di uomo leggero. — Scaricando lui, naturalmente, avrai caricata un tantino tua moglie; — notò la signora, con accento di sottile ironia. — No, me ne guardi il cielo; ho detto che potevi essere indotta in errore da ciarle di scioperati ed invidiosi, che nei salotti disgraziatamente son troppi, e confondono gli spiriti più elevati, come i cuori più nobili. Voi, donne care, non ci badate, a certe malignità, che possono anche parervi

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