Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 26

Testo di pubblico dominio

io, rimangiarmi l'offerta. Un'anima rara, signora mia; anime tali non ce ne sono molte nel mondo. — Con che ardore ne parla! — esclamò la signora Eleonora, che si sentiva scossa a suo malgrado da quella foga eloquente. — È l'ardore con cui va difesa e sostenuta la causa della verità. Ne intenda l'accento, mia buona signora. Ella ha senno e prudenza; non creda niente. Mia moglie ha raccattato ciarle d'invidiosi, e, senza pensarci più che tanto, le ha riferite. Che follia! l'Aldini indegno!... Non creda niente, e dica alla cara Margherita di non creder niente neppur lei. Del carattere di Filippo Aldini, del suo modo di vivere, della sua fortuna, non grande, ma neppur disprezzabile, possono prendere informazioni da altri, se la mia testimonianza non basta. No? l'accolga adunque piena ed intiera; è quella di un uomo d'onore. Che interesse avrei io a mentire? L'Aldini non mi può certo far ricco. Ciò che io valgo in piazza lo sa benissimo il signor Anselmo, con cui ho relazioni d'affari da dieci e più anni, con cui ho tante operazioni in corso, ad utile suo non meno che mio! — La signora Eleonora fu sollecita a chetarlo e colla voce e col gesto. — Ma non si riscaldi per questo, signor Zuliani. Ella ora mi fa pena, lasciandomi credere che le mie parole contenessero qualche allusione amara per Lei. Non ho messa in dubbio la sua probità, la nobiltà del suo carattere. Son madre, ecco tutto; e forse ho dato corpo alle ombre. Ella mi giura che il conte Aldini è degno di Margherita; si figuri come son lieta di crederlo! E se sarà destinato in cielo, se Anselmo vorrà, non sarò io quella che farò il menomo ostacolo. Sappia bene, signor Raimondo, che il conte Aldini, a Lei tanto caro, io l'ho per così e per così. — E tutta commossa, parlando, la buona signora faceva colla mano distesa una gran croce di Sant'Andrea sovra il petto. Raimondo afferrò quella mano e la baciò con devozione d'animo grato. — Dunque, — ripigliò ella, conchiudendo, — crederò a Lei. E dirò a Margherita di credere con me. Oramai non si può, non si deve tacerle più nulla. — Raimondo se ne partì consolato, e la signora Eleonora si mosse per recarsi nella camera di sua figlia. Ma non andò oltre la camera attigua al salotto, che era la sua. Margherita era là, dietro l'uscio, inviluppata nel suo accappatoio, ancora un po' tremante per un resto di febbre, ma cogli occhi scintillanti di gioia. — Ah, che follìa! — disse la signora Eleonora, stringendosela al cuore, e cercando di ricondurla presto al suo letto. — Mamma, perdonami! Ieri ho dovuto sentire per forza; parlava tanto alto, quella signora! Oggi, ho voluto; non potevo resistere: avrei avuto più febbre, a restare laggiù nel mio letto. Ma sono forte, sai; non mi sento più nulla. — Più nulla! più nulla! e ti brucia ancora la pelle; — replicò la mamma, traendola via. — Presto a letto, e discorreremo. Hai sentito, del resto; il signor Zuliani parla con molta sincerità; è un uomo d'onore, e gli credo. — Ah, vedi? Eran tutte bugie. — Sì, cara; ma c'è qualche cosa sotto, che non riesco a capire. Per fortuna hai bisogno di riposo, e mi stai riguardata qualche giorno ancora nella tua camera. — Oh, mamma! e quando quel povero Filippo verrà... — Quando verrà quel povero Filippo, lo riceverò io. Lo riceverò bene, non dubitare. Egli non merita di essere sospettato. Sta dunque tranquilla; non sarà come se ci fossi tu, a riceverlo; ma egli vorrà contentarsi. È necessario. Tua madre non è un'aquila, — soggiunse sorridendo la buona signora; — ma a certe cose ci arriva ancora. Bisogna aspettare il babbo, e col babbo la volontà del Signore. — Aspetterò.... e pregherò; — disse Margherita, umiliata. Ma era anche rassegnata, intendendo benissimo che aveva ragione sua madre. Al punto in cui erano le cose, bisognava andare più lenti, ed anche fermarsi un pochino; troppo si era corso fin allora, prima che il babbo avesse dato il responso. Ma col babbo si sarebbe rifatta e come! Col babbo non aveva sempre ragione lei? IX. “All's well that ends well.„ Raimondo Zuliani arrivò quella mattina a casa, per la colazione, con una mezz'ora di ritardo; cosa che agli uomini d'affari accade sovente, ed anche a coloro che non hanno affari. Ma egli, quella mattina, non aveva perduto il suo tempo, e da quel lato poteva stimarsi felice. In fondo all'anima, piuttosto era stizzito parecchio per l'alzata d'ingegno di sua moglie. Ma perchè quel discorso matto di Livia alla vecchia Cantelli? Sua moglie non poteva soffrire la signora Eleonora; ed ecco, senza che ce ne fosse l'urgente bisogno, era andata a farle una visita. Capricci! Quella cara donnina aveva i capricci inesplicabili, come aveva le antipatie irragionevoli. Di queste, poi, ne aveva egli avuto le prove in molte altre occasioni; a proposito di Filippo Aldini, per esempio, che nei primi tempi ella vedeva volentieri come il fumo negli occhi. — Questi farfalloni! — diceva lei. — Come mi seccano! — Ma no, cara, no; — rispondeva egli. — Io lo conosco bene, ed è tutt'altro da quello che tu t'imagini. — Sì, bravo! come se non si sapessero tutte le sue scorribande! come se non si conoscessero tutte le belle che ha compromesse! — Ma qui Raimondo Zuliani aveva una sua teorica bella e fatta, che gli pareva inespugnabile. — Ordinariamente, mia cara, un farfallone non compromette se non le farfalline che si vogliono lasciar compromettere. Le Galier, verbigrazia. Eh, non andare in collera! Parlo della Galier, come parlerei delle.... aiutami a dire. E ancora, intendo parlare delle Galier che non abbiano raggiunta l'età del giudizio: perchè infine l'età del giudizio viene per tutte, e tanto peggio per quelle tra loro che non ne sanno approfittare. Del resto, niente di male; — concedeva bonariamente Raimondo; — sono gran signore, e non si mettono al bando per così poco; diventando più serie, riguadagnano in gravità ciò che hanno perduto in leggerezze, tanto che un bel giorno te le fanno perfino venerabili; un passo ancora, e sono canonizzate sante. Ma ritornando al mio amico Aldini, egli non ha mai ammesso nessuna delle imprese che tu gli regali. Visite, galanterie, perditempi, non nego; perditempi soprattutto, dei quali si è pentito amaramente, dopo essersi molto seccato. Del resto, vedi, io gli porto fortuna, tirandolo sempre più alla fede. E come no? Egli assiste in casa nostra ad un sano spettacolo, contemplando una coppia di sposi che si amano oggi come il primo giorno della loro unione. Qualche volta a vederlo lì, con la sua cera malinconica, si direbbe perfino geloso della nostra felicità. — Che idee! — Ma sì; e pare in quei momenti che lo assalga un vivo desiderio d'imitarmi. Son cose che si capiscono, che si afferrano a volo. Ed io, tant'è, voglio andare incontro al suo desiderio. — In che modo? — Cercandogli moglie, perbacco. — Si rideva, allora; e tanto più rideva la signora Livia, poichè non credeva che suo marito fosse l'uomo più adatto a simili uffici. Ma egli si era ostinato in quall'idea; la grande amicizia che lo legava a Filippo Aldini aiutava a fortificarlo nell'onesto proposito di trovargli moglie. Ed una volta era stato lì lì per azzeccarla; ma che è, che non è, proprio da Filippo Aldini gli venivano le difficoltà; quel caro sragionatore non aveva voluto a nessun patto saperne. Sragionatore, sicuramente; erano forse ragioni, quelle che opponeva all'amico? — Non sono ricco abbastanza per prender moglie; — diceva Filippo Aldini. — Povera, non posso; ricca, non voglio. Non me ne parlare, se mi vuoi bene. Il blasone degli Aldini, che tu metti avanti come un gran titolo, è veramente un po' danneggiato; ma non vuol dorature. Il nome della mia casa finirà con me; non è forse meglio? — Una casa storica! — aveva ribattuto Raimondo. — Perchè lasciarla perire? — Appunto per ciò, perisca pure. Ho sempre pensato, sfogliando i grossi volumi del Litta, che le

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Argomenti: grande amicizia,    povero filippo,    discorso matto,    vivo desiderio

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