Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 41

Testo di pubblico dominio

gialle e su una gottaccia tabaccosa…. Vegliava il geloso marito nella biblioteca…. Passi nella galleria dei quadri, delle statue, delle incisioni, delle conchiglie, in altre sale, in altre…. La semiluce è triste: è triste la memoria dei morti: è tristissimo l'insaziabile desiderio per coloro che non sono più. Chi guardi? Chi cerchi? Chi domandi?—È morta da un un pezzo, eh! Passando innanzi ai portoni, la vedi sotto il velo d'acqua freschissima. Adagio: prima di mettere il subbuglio in qualche cuoricino. La vedi che ha già fatto la doccia e sale lo scalone mollissimamente. Adagio ancora: prima di compromettermi con qualche mammina. La vedi che, col parasole stillante, ti ride in faccia… Per un capriccio la è passata sotto le spalle delle cariatidi a spruzzarsi un po' giocherellando. Del rimanente sappi che la vestiva un abito lunghissimo, alto, così e così. È la padrona del palazzo che tornava dalla messa e ascendeva al sommo terrazzone… O logge aeree, o grotte verdiccie; ultimi fastigi su cui trionfa lo stemma, primi gradini col salve! O fiori che vedete il mare, marmi che riflettete il cielo!… Donna, che mi appari, più formidabile del Doria, appoggiata alla colonna, a cui già concessero le spalle la mamma, la nonna, la bisnonna, fervidissima stirpe: o donna, sei padrona del cielo, del mare, dell'infinito, dell'invisibile! Andrea Doria nel classico suo palazzo fuor di Porta San Tomaso accoglieva Carlo e Filippo re e la loro corte, e li faceva servire a suono di fischietto, come se egli fosse sulla sua capitana. Tu accogli me, come se tu fossi nel tuo regno e comandami col tuo riso… Non sono imperatore, nè grande, nè poeta! E tu hai il riso del tuo regno, del cielo, del mare, dell'infinito, dell'invisibile!… Io servirò te… Andrea fischiava due coronati e ben faceva: tu fischi me colla gola del serpente. Il tuo regno è il deserto: lo so: la vanità della tua bellezza non ti concedette che il tormento della tua bellezza. O donna, stringi il libro delle preghiere convulsamente. * * * Se babbo, invece di darmi tra mano un codice ne' bei giorni della mia giovinezza, m'avesse lasciato la carissima tavolozza, io avrei schizzate tante macchiette quante ne abbisognavano per la processione del Corpus Domini: e potrei sorridere nel mio studiolo ad una ad una di quelle che passano sotto gli arcucci dei tragetti, e s'affaccendano nella contrada del mercato: una contrada fonda come un pozzo, dove da una finestra all'altra delle case è in mostra sulle corde tutta l'opera fatta dal bucato nella settimana: panni bianchi, panni rossi, panni azzurri, l'allegra coccarda dei marinai a tre colori bagnati di sudore. Alle botteghe a destra e a sinistra, qua e là panche e corbe, e corbe e panche. La dico una contrada quella dove c'è di tutto, dal mazzolino di fiori per lei, marchesa, al mucchio appetitoso di lumache testacee chiuse nelle gabbie, come i passerotti: e pel pittore tocchi di verde smeraldo, di cinabro, di giallolini: oh che gazzarra! Fogliami spiccati, creste accese di galli, fette avvistate di zucche, e via! Dove non c'è una cosa sola, quella santa pulizia. Oh che sciupo di penne di pollastri e di spine di pesci! Che misto di magro e grasso! Che confusione di venditrici austere e di sguaiate esibitrici! E odore di baccalà, e grida senesi e filatere di muletti, e risse sempre pronte… Ho detto una processione di macchiette: nè più, nè meno. I montanari sono già calati dalle viottole, quello colle frutta, quello col pollame, quello col fieno, quello colla farina. Ecco i due pescatori tozzotti che vengono reggendo l'uno di qua, l'altro di là, la cesta piena di murun, il re dei pesci; ecco la donnaccia colla stadera e colla corba dei funzéti beli: ecco la fante del curato colla sporta e il libro della messa: e la massaia che cammina cogli occhi a terra, a guardare le sue scarpe nuove dal pattume e dagli scheggioni: ecco una ribaldella…. Che sei, ribaldella? Sei la bellissima dagli occhi neri. Se io fossi pittore manierista, ti pingerei col pezzotto bianco, colla crocetta d'oro in collo, colla camicia e le bretelle delle coriste pastorali, colla gonna azzurra…. Ma tu sei la bellissima dagli occhi neri. Hai la testa scoperta e i capegli scarmigliati, il guarnellino procacemente discinto, la veste a strappi: sei tutta polverosa e spensierata…. Anche tu somigli a quella sdegnosissima patrizia che appoggiava le spalle alla colonna del terrazzo marmoreo. Chi sei? Che cosa vendi? * * * Marchesa, le restituisco l'albo e il pince-nez. Mi scusi, ma…. le sue lenti mi paiono maliziose, sì da farmi vedere sempre, troppo, anche quando non voglio. Mi metterò gli occhialoni d'antiquario e leggerò il catalogo dell'Armeria genovese, che m'ha dato un reverendo scolopio. Dunque c'erano:—«un cannone di legno antichissimo: un rostro di nave probabilmente dei tempi delle zuffe con Magone cartaginese: alcune corazze con intagli, geroglifici e sigle; la fama le diceva usate dalle donne genovesi ch'erano andate a combattere in Terrasanta, la forma del petto le dichiara….» Se le dichiara! Anche pel dì d'oggi! Date due massime corazze per la patrizia e per la ribaldella, FIORELLINI. Monti di Pegli. Chi vi coglie? Fiorite ed appassite, e non sapete che sul candidissimo seno di una dama, sulle braccia tarlate di una crocetta nera, altri fiori, meno belli di voi, più belli di voi, agitano i petali al susurro di una parola rovente, al prorotto singhiozzare d'una preghiera. Fiorite ed appassite, e chi passa vi guarda e dice che le speranze, i dolori, si sciupano in questa vita, come i vostri petali ad uno ad uno, quando posate nelle mani della elegante passeggiatrice. Ella vi sfoglia per sapere l'amore che dura un giorno…. Non sa l'amore e si trova senza speranze e senza dolori. NOTTE STELLATA. Sestri Ponente. Quella notte al lido tacevamo…. Il vasto libro dell'astronomia è aperto sopra il nostro capo.
Leggavi il sapiente e l'idiota, il felice e l'infelice.
Quella notte al lido tacevamo. STELLE CADENTI. Sestri Ponente. Le stelle più poetiche delle notti estive, le stelle inseguentisi con velocissime curve, le soavi luci cangianti che scorrono al bacio d'argento del mare! E il mare rispondendo al cielo sussulta, e dove le crespe sue accarezzano i fiori, fiori della spiaggia, fiori delle profondità, ogni ondeggiamento porta un gorgoglio—Amore!—ed ogni gorgoglio una spruzzata di perle…. AL TRAMONTO. Sestri Ponente. Al tramonto rilucono le crocette dei campanili, le facciatelle delle chiese sembrano parate a solennità con drappi d'oro e rosati, le rupi hanno profili avvistati, le ombre azzurrigne invitano ai bisbigli d'amore, dalle corna dei monti si stendono le pezze di porpora e si allargano giù per le chine, scappando ai piani, dalle valli si leva un vapore paonazziccio, nei paesi ogni casetta ha una gronda lucente e un comignolo giocondamente fumante…. O anime gentili e mestissime, io contemplo i fiorellini strisciati dall'ultimo raggio di sole. E perchè di quei fiorellini io colgo e bacio l'appassito? BARCANERA. Sestri Ponente. Aspetteremo una notte senza luna e senza stelle, a mare cupo, a pace di cimitero. Ti metteremo remi neri, vele nere, in prora corona di fiori funerari, o barca che t'apparecchi al viaggio per là, da dove non si torna. La notte sarà un immenso tempio parato a lutto, la spuma dell'onda sarà l'argento della coltre, la pace sarà la desolazione… O Signore! Nè alla spiaggia venga fanciulla che pianga, nè lungo il viaggio batta seguace ala d'alcione. Solitudine vastissima! E coi remi accarezzeremo il mare, e volgeremo le vele al vento, sì da farle crepitare come se baciate insistentemente, e petalo per petalo, o poeta della notte, sciuperemo i fiori della corona. —L'amavi? —Era la mia vita. —Come aveva nome? —Illusione. L'ANCORA. —Áncora,—gongolò il mio professore cogli occhiali d'oro—deriva da =angkyra= e =angkyra= da =agkylos= che significa uncinato. I greci non

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Argomenti: porta san,    geloso marito,    mucchio appetitoso,    vasto libro,    immenso tempio

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