Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 54

Testo di pubblico dominio

buoni tempi. Attiguo c'è il palazzo Ternengo, con un cospicuo archivio patrio, si dice. Poi c'è il Palazzo del Comune, la casa Lamarmora, quella dei principi di Masserano, ora stabilimento idropatico. Dal Piazzo volevo scendere in Vernato per gustarvi un bel quadro antico, e poi a San Sebastiano attratto dal Cristo del Ferrari, dall'Assunzione del Luino, dalla Trinità del Moncalvo, e da altri dipinti di scuola lombarda e vercellese, che avevo già veduto l'anno scorso: ma l'amico che mi accompagnava si diceva stanco all'aria della città. È vero, è calda, è noiosa. Vogliamo respirare. Giacchè ho incominciato la tiritera parlando di monti, finirò rendendo il mio omaggio alla simpatica Biella e facendo voti pel suo Club Alpino. Fu istituito dal signor Giuseppe Corona, è presieduto da Q. Sella, diretto da Corona Giuseppe e Lodovico Garzena, Amosso, Pozzo, Prario, Vallino, Vercellone. L'illustrano Sella, l'astronomo padre Denza, il vescovo Losana, l'erborista Zumaglini. Per un pezzo io ho avuto tra le mani la Guida edita dalla Direzione: da Piedicavallo, dall'Alp Pianell, dal Colle della Mologna grande, dal Colle di Loozonèi, dall'Alp Ober-Loo, da Lomatta, da Gressoney, dal Colle d'Ollen, da Alagna, da tutti i luoghi in cui verificavo l'ore del mio orologio con quelle notate dalla Direzione su quel libricciuolo carissimo, mandavo un saluto a quegli egregi che, istituendo la società del Club Alpino, preparano all'Italia uomini sani, entusiasti alle bellezze grandiosissime, desiosi di scuole tanto larghe, quanto l'anfiteatro dei monti. E di nuovo un saluto! II Dopo che abbiamo chiacchierato tanto, vi parrebbe tempo, o signori, di fare una passeggiatina? Vi sono torrenti scroscianti che c'invitano, freschissimi castagneti, gruppi di frassini, pendii, scese, scaglioncini da giardino inglese, frane dirotte, ciclami nicchiati sotto ai massi stillanti, stradoni e stradette mulattiere, ponti altissimi e plance traballanti, paesotti, manifatture e castella e storiche memorie: di lontano sempre i sommi deserti delle Alpi. Volete carrozze? Biella ne ha a centinaia. Volete cavalli? Eccovi bestie membrute, colle gaie sonagliere. Volete camminare da alpinisti? Provvedetevi un paio di scarpe dal calzolaio Crosa di Via Maestra. Dove si va? All'Ospizio di Oropa. In questo ci arresteremo un po' fra alcuni giorni: scegliamo per ora le scorse. Si va a Cossila, lunga e sottil, sino allo stabilimento idropatico aperto nel 1858 dal dottor Vinea ed ora tenuto del dottor Emilio Coda con poco prospere sorti: si va al Favaro dalla fia di Nastasia e si può salire alla vetta della Burcina: a Pollone, al grandioso lanificio Piacenza: a Sordevolo, paese sull'Elvo, dove strepitano le industri macchine del Vercellone, del Sormano, del Maia, dove ancora si rappresenta eroicomicamente il mistero della passione e morte: all'austero convento della Trappa (1058 m.), fra le cui tetre rovine d'arcate, di sale, di celle, di refettori, si scalcinano all'eterno oblio i moniti salutari dipinti; dietro la Trappa in un piccolo abituro c'è la tomba, colla scritta C. W. 1803, dell'ultimo di quei laboriosissimi monaci agricoltori: si va all'Ospizio di Graglia, di cui ciarleremo più sotto: ai due Occhieppo: al villaggio di Graglia: al castello di Gaglianico, donato nel 1152 da Federigo imperatore al vescovo Uguccione, il fondatore di Biella-Piazzo: al castello di Moncavallo: alla vetta del Bricco e al castello di Ternengo, a Pettinengo, a Mosso: ad Andorno, a Sagliano-Micca, all'Ospizio di san Giovanni, pei quali luoghi prometto tre ciarle: si va alla Colma d'Andorno, ai tre Turlo, alla Bocchetta della Sessera: a Tolegno; alle castella di Perrione, di Verrone, di Valdengo, di Perretto, di Castellengo, di Repolo, di Masino, d'Azeglio… Volete altro? Non finirei più: e vi dico che queste sono tutte scorse bellissime che soddisfano tutti i gusti. La signora troverà la strada comoda o la carrozza, o strillerà capricciosamente sulla sella dei muli: la ragazza avrà i fiorellini, i maschiotti le noci da rubacchiare e i prati dove scorrazzare, saltando le rustiche barriere. C'è un poeta nella comitiva? Canterà le chiare, fresche, dolci acque: intanto che il prete sberretterà cento cappelle colla Madonna negra, l'uomo serio calcolerà i cavalli-vapore della tale e tal'altra macchina, l'innamorato, che non manca mai, vedrà la gonna diletta sventolare voluttuosamente alle frizzanti aure dell'Elvo, dell'Oropa, del Cervo, e il botanico incomincierà e proseguirà per non finire:—Cyclamen europæum, rudici orbiculari, foliis synanthiis cordato orbiculatis obtusiusculis denticulates subzonalis lacitis corollæ lanceolatis corollæ fauce integra. C. æstivum Reich, excurs. 407, C. litorale Sadler. C. officinale Wend. C. retroflexum. Moeneh apud Duby… etc. Dove lascio me? Io avrò sempre da sorridere alle lapidi dei morti e alla formica, che, arrampica, arrampica, arrampica, vuole scalare i dadi di pietra degli antichi castelli. Poveri morti e povera formica! Ho promesso due righe per l'Ospizio di Graglia, per Andorno, Sagliano e San Giovanni: la sosta la faremo all'Oropa. L'Ospizio di Graglia sorge a 826 m. sul livello del mare, su di un colle verdeggiante, fra monti verdeggianti, e signoreggia una pianura verdeggiante che muore nel glauco nebbioso dell'orizzonte, dall'Elvo fin oltre il Ticino e a Milano. Ed ecco le Alpi Graie, il Monviso, la catena degli Appennini, Superga, la cupola di san Gaudenzio di Novara, l'aguglia del nostro Duomo: e sotto sotto i villaggi dall'Elvo alla Serra. E per la povera penna la descrizione è finita: nel calamaio ho solo il nero sbiadito dell'inchiostro e l'acido dell'aceto, negli occhi ho il sole fulgidissimo, coloritore, diffuso, nel cuore ho una mestizia indefinita: tra gli ampi spettacoloni e la mia povera pupilla sempre si pone una lente colle iridi più care, una bella lagrima e ben calda…. Dite quello che volete: ma è così, e così ho imparato solitariamente ad amare Madre Natura. L'Ospizio ha una facciata greggia, con un piccolo corpo avanzato nel mezzo, cioè due loggiati sovrapposti a tre archi, e un terrazzo al sommo: su un fianco i mattoni addentellati promettono la continuazione dell'edificio: dall'interno s'alza una cupola di 38 metri, a foggia di un torrione. Non squilla nessuna campanetta pei nuovi venuti: non s'invoca nessun santo, nè si scioglie voto: chi arriva a piedi trova che l'ingresso al santuario è l'ingresso a una trattoria. L'odore delle bistecche sale su ai tre corridoi dei tre piani, ove s'allineano gli usci delle camere ospitali. La chiesa è costrutta secondo la forma di una croce greca, un po' squallida, un po' fredda, colle pitture della cupola fatte da Fabrizio Calliari e una statua in legno della Madonna. Il tutto insieme che aspetto ha? Un aspetto tranquillo, polito e, diciamolo, melanconico. A me ha fatto l'effetto di una solitudine in una gran solitudine. Il passeggiare nei freschi corritoi mi sembra una occupazione da fraticelli vecchissimi: fra il toc-toc degli orologi a torricella, le gerle delle guide che sono andate alla chiesa o a succiare l'acqua della fontana, fra i busti dei benefattori, le lapidi degli insigni visitatori, leggiamo l'uffiziolo, quieti, strascicando le ciabatte larghe, cogli occhi imbrogliati dal sonno della pace, passandoci la mano grinzosa sulla testa pelata che luccica di riflessi d'avorio…. Ah che vita!… O fraticelli, non falliamo l'uscio delle cellette: elegantissime signore vengono all'Ospizio nei mesi d'estate e d'autunno, e vi rimangono nove giorni, lasciando al decimo sui mobili la cipria rosea, e nei cassettoni quei profumi nobilissimi, indizio ch'è passato un serpente: è vero, entrando in una camera così abbandonata di fresco si è persino rispettosi dinnanzi al grande disordine sparso da una piccola manina, e si soffre caramente un ignoto abbandono, e si ama la cipria e l'opoponax. Verrà la lercia fantesca, affagottata come una monaca, a spolverare i mobili colla scopa,

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Argomenti: bel quadro,    piccolo corpo,    cospicuo archivio,    grandioso lanificio,    piccolo abituro

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