Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 30

Testo di pubblico dominio

capricciosette nasconditrici di bellezze; e pancucce di legno, secchie dipinte in turchino, avanzi di stuoie, gambe di scannelli: et cætera, et cætera, uff! E ancora sulla ghiaia, passando a dire delle cose animate, vedi schiene color di rame, schiene bianchissime, schiene tali e quali le fece Iddio, schiene come appena le permette di spiare il lenzuolo: ma tutte tutte decorate dalle immense tese dei cappelloni d'oro. Eh via! Che vi frulla? Ch'io adesso voglia popolarvi lo sfondo di macchiette? Proprio no. Domani parleremo di marinai e di marinare e di bagnanti cittadini e cittadine. Intanto voglio usare l'ultime gocce che m'ho sulla tavolozza, e dipingo;—di faccia il mare, a tre strisce, una verde oscura, come una pineta, l'altra paonazziccia, l'altra celeste: l'aria limpidissima: di qua e di là i monti tutti innondati di sole. L'ONDA. Scogliera di Cornigliano. Ti rivedessi! A te venivo, o scogliera, nelle mie ore solitarie. Ricordo il sentieruzzo attraverso il terriccio delle rupi sfaldate, la scoscesa salita, il varco tra le due corna estreme, il varco dove giunge il rugghiare dell'onda e il diguazzarsi delle ondine flottanti. Dall'alto io contemplo il mare! Non mi volgo a sinistra, ove il fumo della locomotiva si addensa candidissimo nell'atmosfera velata che incombe alle nere officine, il fischio stride insistente tra le fitte case e il suono delle ruote, si mischia a quello delle industrie frementi. Va e va, lunga fila di carri: in fondo è il faro di Genova, la gagliarda mercantessa. Nè mi volgo a destra, ove, al di là del castelluccio di santo Andrea, in mezzo al vasto fragore dell'opere fabbrili, ecco sul curvo lido i poderosi carcami dei bastimenti nel cantiere e le bianche trabacche pei bagni e le macchiette affaccendate intorno alle barche, cui striscia l'irrequieta frangia del mare. Le case di Sestri s'addossano alle case, i campanili levano il capo lucente d'ardesie embricate, le torri degli opifici danno col fumo nuvole conglobate e fuggenti allo splendidissimo cielo. Le montagne parate a vigne, sparse di ville, colorite gaiamente da giardini, si stringono a sfondo voluttuoso intorno a te, voluttuosissima Pegli, l'accarezzata dal tepido flotto; e le indecise linee degli ultimi promontori sfumano dietro le nebbie perlacee che fasciano la marina di sopori innamorati…. A te mi arrampico, o scogliera, nelle mie ore melanconiche. E contemplo giù il mare! Rammento il varco tra le due corna estreme, le foglie lacerate degli aloè, le tenaci erbette grasse col fiorellino giallo, gli scheggioni di quelle rupi, e giù la scogliera e la spiaggia. Qua vedo angolosi profili, qua masse tondeggianti, qua pozzetti, a tinte turchinicce e livide: e qua sul dorso dì certe coste che si diramano come tante catene di montagne, formando tanti valloncelli scavati dalla rabbia di corrosione, sul dorso bruciacchiato le incrostazioni biancastre dell'acqua; là la massa nera si dirupa, là nelle basse caverne e negli anfratti sonanti sonvi i biechi colori dell'onda, il bruno funereo e il verde bavoso.—Ecco il mare! Ecco i capi sporgenti degli scogli arrotondati dal lavoro eterno ed alterno, l'immenso flusso che investe, il franto riflusso che rota. A voi vengo, o ultimi capi, all'ondoso rombare; o scogli circonfusi dal polverio acre dell'acqua: o scogli, a tratto attuffati, a tratto stillanti come tante teste a ciocche d'argento: o scogli remoti, dove non mi giunge voce d'uomini, dove mi schiaccia infinita battaglia di giganti.—Più in là la spiaggia è come un dolcissimo tappeto di sabbia. Ti rivedessi: In te mi affisavo nelle ore fantastiche della mia contemplazione, onda della spiaggia, onda degli scogli. Rammento i tuoi grigi pennacchi che venivano sulla varia superficie del mare, venivano incalzandosi e sfioccandosi: rammento il tuo gonfiare, il tuo colmo trasparente-verdiccio, e il concavo lenissimo: rammento la furia del voltolarti, la spuma bollente e il fragore del muggito, il torrente bianco che s'allargava sulla ghiaia, dibattendo le ondine, sommovendo i ciottoli, e i mille rivoletti che ridiscendevano con trosce lucenti, rigando la spiaggia a seconda del vento. Rammento il torrente bianco che rompeva sui capi degli scogli, rimbalzando con pioggia sulle punte più alte, e il suo travolgersi, l'urtarsi, il frangersi, il ritornare tumescente, e le mille ondine, le cascatalle, le crespe: rammento il rombare dell'onda, poi il flagellare guazzoso, i mille gorgogli e i mille sospiri gravissimi: rammento i begli occhi iridei della spuma, che scoppiavano come tanti occhi di fantasime…. Vanavano come le speranze. PACE. Spiaggia di Pegli. Stando io sulla spiaggia al nascere del giorno, ascoltavo un mattutino festevole e mosso a rintocchi. Da quale chiesetta mi giungeva? Non so. Ma dal suono delle campane la s'indovinava; un luogo tutto di pace, a fiori, a lampadette, a luci miti, con note d'organo amorose, col bianco battisterio, coi fraticelli lentissimi e salmodianti in processione. E forse l'aveva la piazzuola dinnanzi, e la piazzuola colle siepi di rosai guardava il mare: e le belle fanciulle, sfilando alla sacra portella, si rivolgevano, pregando e sospirando, all'azzurro scintillante. E forse anche la brutta che aveva vent'anni e il pezzotto comperato coi propri soldi, la bruttina sorrideva a un'illusione…. Oh le campane squillavano annunziando:—Nasce il sole ed è l'amore del creato! Al mattino, essendo appena imbiancato il tenebrore dallo schiarirsi dell'oriente, il mare era placidissimo. Nessuna vela, nessun uccello, alla spiaggia nessun uomo. La vastissima acqua dava tante e tante crespature curve sorradenti, che si succedevano soavi e venivano a morire sulla spiaggia; sembravano ciglia e ciglia aperte alla prima luce da un dormente stanco d'amore. Le crespature morivano in un gorgoglio, e questo pareva lamentasse:—Lasciatemi la pace della notte!—Le ondine facevano una spuma lenta e senza luci: le dicevi l'ultimo sorso sulle labbra di un voluttuosissimo ebbro. Se io fossi pescatore, mi sceglierei quella casetta tutta bianca che guarda il mare, vorrei quella barca impeciata che al sole luccica, come se fosse d'argento, andrei alla spiaggia, cantando la canzone gaia e spensierata. MARINAI. Spiaggia di Sestri. I marinai sono macchiette, a vero dire macchione, color carnesalata, con un grande cappellaccio di paglia, slavato e cotto, e coll'uniche mutande turchine. Baciccia, Faccin, Balillu, Néto…. Sicuramente le contesse e le marchese ne ricordano tanti, come un dì le matrone ricordavano, invidiando, i gladiatori. I marinai sono buoni diavolacci che, tutto il giorno, attendono ai bagnanti. Si pigliano su in collo i bimbi, a due a due, porgono la manaccia alle signorine, danno una palmata umida sulle spalle dei giovanotti, adagiano le mamme sulla sabbia. guizzano coi babbi fino a un miglio dalla spiaggia per mostrare il faro di Genova che sorge dall'ondoso piano. E cantano ai bimbi strillanti e promettono una barca d'argento piena di pesci d'oro. Sorridono alle signorine e dicono:—Brava!—se l'amara spruzzaglia del fiotto non trovò la spaurata bocchina aperta. Esclamano coi giovanotti, al confronto della loro mano bruna colla pelle cittadina:—Mié: u mainâ a l'hà a pelle neigra cumme u carbun…—Incoraggiano benevolmente le mamme:—Scignue, nu agé puia: tegnive a mi.—Con buona dimestichezza dicendo ed additando:—Là gh'è a Lanterna: nui atri semo cumme i vapui de Marseggia che arrivan: femo fume,—per far fumo concludono in mezzo all'onde:—Sciü, me o de un sigaro?—…. Un sigaro? Oh nuova, direte: tu i sigari li cavi dalle tasche delle mutande da bagno, belli e accesi? Come c'è la bottega pei delfini? I veri nuotatori o fumatori li cavano dal cocuzzolo del cappellaccio, e dal cocuzzolo pure il marinaio toglie lo scattolino degli zolfanelli. Rare volte Néto era nel gruppo dei marinai, vestiti dei camiciotti turchini, a sera seduti sulla spiaggia, tra un cerchio di bimbi cittadini e qualche fanciulla

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Argomenti: lavoro eterno,    torrente bianco,    vasto fragore,    curvo lido,    sfondo voluttuoso

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