Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 14

Testo di pubblico dominio

o di avvocato, e fare gli esami. Ma che carriera sarebbe per me?—Oh che tormento! E che cosa faccio?—Da un poco di giorni penso seriamente di parlare al Parravicini e farmi da lui occupare nella Congregazione di Carità. Almeno fare un po' di bene! giacchè non posso essere egoista!—Che faccio? Che farò?—Studio, studio, mi occupo a leggere operone e non elzevir, riconduco il mio pensiero al grande, al bello, al dignitoso. Ma mi annoio anche! Non ho una parola gentile che mi aiuti! 13 gennaio.—Mio Dio! come veglio penosamente la notte! Perchè questo strazio? Amo quella vergine, e sento la vita de' miei ventisette anni, vita ribollente, immensa, condensata, perchè non l'ho mai sfogata colle tremende voluttà della carne.—Amo! e devo reprimere tutto in me: e sperare, sperare vagamente, sperare…. È ben tristo quello che io penso. No, no, non mi sento creato per questa vita nulla che conduco! no, no, no, non mi seducono le scettiche prospettive di una vita negli anni venturi… no, no! Io amo come Dio vuole che alla mia età si ami. Io amo come la
Natura vuole che con un viscere che si chiama cuore l'uomo ami.
Una donna! un bambino!—Ecco il sogno del poeta, del credente, dell'artista, del felice, dell'infelice… dell'uomo!—Che importa a me della filosofia, di Iddio!—ammetto i bisogni della terra, e di questi bisogni faccio un tesoro di religione, una filosofia contro cui non si può lottare, un Dio che non è in cielo nè in chiesa, ma è un Dio—Amore! * * * —No, non sono pazzo: sono infelice, giacchè lo studio accresce i miei dolori, mi crea sempre nuove speranze che diventano sempre nuove illusioni e poi sempre nuove delusioni, giacchè non posso essere egoista come i giovani ricchi e eleganti, giacchè, coll'anima mia d'amante e col mio cuore di poeta, non potrò fare mai una carriera seria,—voglio provare a fare il bene colla mano, voglio entrare nella Congregazione di Carità, e vedere le vere miserie della folla, e soccorrerle forse anche co' miei denari! Sì, il bene! Io mi tormento; ma ecco sento una calma, una fiducia, una speranza;—mi inginocchio…. Mio Dio! perchè mi arrabbatto tanto? Tu forse hai già preparato tutto il mio avvenire nella Tua Bontà; mi vedesti! mi vedi! mi vedrai! Io so nulla e Tu sai tutto! Io bestemmio e Tu sei e mi perdoni! O santa fiducia! Chi sa le tua fila, o Dio? E mia madre Ti prega? Che Ti dice? E Tu la ascolti? Ed io sarò felice? O Dio, io leggo il tuo Vangelo e sento che se i miei pensieri non si conformano alle sciocchezze del mondo, si accordano co' tuoi precetti santi,—io sento la gioia di amare coll'anima e d'essere casto!—E, se vuoi, fammi pure morire… morire casto, tranquillo, pensando al mio cimitero di Limbiate, alle mie soavi speranze di vita che mi lusingavano un giorno, e alla placida certezza di riposo che avrò sotterra: Oh io mi sento buono!—Sai, ho sempre pensato a Lidia davanti a quel cimitero: era un cattivo augurio o un buon augurio? Ma che volevo? che voglio? La pace! Come ho vergogna, in faccia a mio padre, di non avere una carriera seria! La mia vita in sei anni fu eterna e brevissima, felicissima e infelicissima: speranze, scoraggiamenti, voli, cadute a precipizio: certezze, febbri, languori, tormenti… chi può dire? oblio, anche oblio! deliri, pazzie nei sogni, nei desideri: e santa castità, e santìssimi, rossori! O Dio! ma un solo il voto: quando, febbrile, crudele, briaco, promettevo a me stesso di gettarmi fra le braccia di una femmina qualunque, e di raccontarle i miei dolori, per farmi almeno deridere da lei, per istigarmi, per istigarla, quando… No! no! «Avrai dei figli da guardare negli occhi» mi diceva una voce segreta… e sentivo che ancora al mondo c'è mia madre, e forse lei, la mia vergine! Rileggo la lettera di Lidia! «Aimons! c'est le bonheur suprème que l'amour et j'ai aimé plusieurs fois dans ma vie avec une telle exaltation, un tel transport que j'aurais peut-étre été capable de tout sacrifier pour des personnes qui maintenant m'ont déjà oubliées!—J'ai senti en moi un besoin profond d'amour et de sacrifice! oh combien j'ai souffert quelquefois de n'avoir reçu une nature ardente!» * * * Torno adesso dalla Pretura. Mio Dio! Come mi spaventa il mondo reale, il mondo della prosa, dei bisogni, degli affari.—E mi chiudo nel mio studiolo: apro il mobiletto…. Oh mondo delle mie illusioni, della mia poesia, del mio cuore! Come mi sento felice! Leggo la mia lettera a Lidia! Non è un affare, no, ma per me decide della vita nel futuro! Come sono contento d'avere espresso le mie idee, i miei cari tormenti.—Rileggerà Ella la mia lettera? E penserà?—Et croyez-moi bien je n'oublierai jamais ce que vous avez été et ce que vous vouliez être pour moi! 21 gennajo.—Cinque anni fa, come oggi, mi posi a letto. Se fossi morto?… Io sarei in pace, ma Ella non avrebbe avuto Lagrime e Sorrisi, e la mia lettera…. Mi conosce? Penserà a me? Al male che mi ha fatto? 25 gennajo.—Conosco pochissimi romanzi: e li ho letti assai tardi: a venticinque e ventisei anni non hanno lasciato traccia su me, li leggevo, come li avrebbe letti un presidente di Tribunale. Leggendo Young, Foscolo, Leopardi, Goëthe, Byron, Heine, Rousseau… dicevo a me stesso «che teste bizzarre!» e pensavo: è più utile un ingegnere che un poeta pazzo. Oh lo dico francamente: le letture non hanno esercitato nessuna influenza su me.—Leggevo per esercizio di lingua francese, inglese e tedesca.—Se un autore ha avuto influenza su me è Aleardi, e, vedete, Aleardi non può far male! Deciditi, sciocco! Chiudi in una busta tutte queste memorie: suggella, come si chiude una pietra di tomba; e non pensare più al passato: gettati nella vita! già troppi anni sono passati e fra pochi altri incomincerai ad esser già vecchio! Nella vita!—Oh se potessi viaggiare! E perchè? Chi mi strapperebbe il cuore e il cervello? L'orgia? la femmina?… Ah! alcune volte lo dico a Dio: se rinascessi, fammi nascere donnaccia volgare e venduta, e fammi conoscere tutte le crudeltà della libidine!—Potessi gettarmi nella vita! Si ha tanta affezione ai propri dolori, alle proprie illusioni, alle speranze, quando una vergine nel giorno del sacrificio immenso ci dice: Conosco che il nostro affetto è puro, è nobile—ho per voi una confidenza di sorella—non dimenticherò mai quello che voi siete stato e quello che volevate essere per me.—E sono dolori, illusioni, speranze che hanno consacrato sei anni e sei anni della giovinezza, sei anni dai ventidue ai ventotto anni.—Ah se sul cuore si potesse porre una pietra come su una tomba! Ma anche pei morti si spera la resurrezione! 25 gennajo.—Oh mie memorie di Limbiate, come mi tornate davanti alla mente, carissime e meste! E voi tranquille pinete, tranquillissime mura, squallide croci, mi ricordate il mondo della mia ardentissima vita. Come vi amo! Come vorrei rivedervi una giornata triste! Oh memorie dolci e piene di speranze, della mia malattia e della mia convalescenza! Il piccolo portafogli l'avevo sotto il mio guanciale: quando i miei parenti erano a pranzo, mi tiravo su a sedere sul letto, prendevo il portafogli, lo aprivo, leggevo il tuo nome e lo baciavo. E i miei libri francesi? Raphael et les confidences? E il primo lampeggiarmi alla mente l'idea che della vita del Tintoretto si potesse fare un dramma, e con quel dramma potessi conquistare un nome, e col nome, un avvenire? E il piacere di trovarmi ingentilito dalla malattia? E la soddisfazione di dire: «Mia madre sa che ho sofferto?» E le trepidazioni, le incertezze? 26 gennajo. È una domenica calduccia, sciroccale, umida. Apro la finestra.—Ho trovato uno schizzo dal vero fatto a Limbiate probabilmente nel 1863 o 1864: lo amo! 31 gennajo.—Il tempo si è fatto triste. È inverno. Quali incertezze! Se fosse qui vicino ardirei parlarle? No: sono troppo villano di corpo. Compero armi antiche: getto denaro e vorrei gettarne di più. Ed
Ella lavora

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Argomenti: parola gentile,    cattivo augurio,    donnaccia volgare,    sacrificio immenso,    troppo villano

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