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Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 61lavoro e il risparmio nobilitano l'uomo—cresce e crescerà e starà a modello di civile progresso e di vera morale educativa. Non vi sono taverne col tanfo del vino e dell'acquavite, nè gazzette colle acri fermentazioni dei romanzi e della falsa declamazione, nè spassi romorosi che facciano perdere la tranquilità dell'onesta vita dell'artiere. Ma vi sono le Scuole elementari, l'asilo, l'ospizio di maternità, la Palestra, il Bagno, il Lavatoio pubblico, il Panificio, ecc., ecc. Il sentimento che si prova visitando questi luoghi è tutto di dignità e d'amore. L'Asilo solo meriterebbe un libro popolare che lo illustri: la direttrice è la madre dei bimbi, le signorine istitutrici ne sono altrettante sorelle, la educazione, mirando tutta al cuore, sembra la più facile, la più persuasiva, la più proficua, per questi figli d'operai che sino dai tre anni sono avvezzi ad aver sottocchio il Nazzareno soave che invita a sè i piccini, e che grandicelli, nell'opificio tergendosi il sudore, leggeranno la scritta della massima morale, civile e religiosa:—L'operaio e il padrone sono eguali dinnanzi a Dio. SANT'ANNA. (Cannobio) 10 Agosto 1881. Ecco, sbarco dal piroscafo, attraverso la piazza dell'imbarcadero vedo sì e no il nostro Conte Gilberto Borromeo, il nostro giovane letterato, l'E. B. e senza voler interrogare se c'è ancora sotto questo cielo quella gentilissima signora milanese, la L. C., dalle trecce nere, e quella bionda figlia di Genova la superba… (Niente! niente per ora!)… e senza voler sapere, dico, se i bagnanti alla Salute siano proprio oltre il centinaio,—salgo su pei viottoli del Cannobio… Al monte! al verde! all'azzurro! E la strada dopo i colatoi fra casetta e casetta, i portici semibui, le faccende delle botteghe, l'umida tenebria di un lavatoio e le spavalde accigliature di un torracchiotto, la strada esce fuori a sgranchirsi tutta al sole e a distendersi nella valle, qua ombriata da un profluvio di verde, là sciacquata quasi dai torrentelli colla sabbia argentina…. Passo dinnanzi allo stabilimento, dò un'occhiata alle muriccie su cui siedono cinque o sei giovanotti, ascolto un nome di un bell'astro, sbircio un lembo di paradiso fulgido e gaudente in gonnella e un mondo sciancato, sbillicante, riottoso al moto, e su e su e su… vado a sciogliere il voto alla mia Sant'Anna di Traffiume. * * * Sono solo. Ecco il paesaggio mi si allarga dinanzi. Monti a destra, monti a sinistra, monti di fondo. I frassini, i tigli, gli aceri verdeggiano in sinfonia sul davanti e si fondono cromicamente colle nebbie azzurriccie della valle Cannobina: alle falde, qualche striscia di sentierucolo nei colti, qualche bugigattolo nelle vigne, qualche tocco di rosso in una macchietta all'ombra d'una siepe: su nel folto del bosco, le linee taglienti delle strade alle valli. E in alto il riso azzurro di un cielo profondissimo. Allo svolto di un muretto, dove finiscono gli scheggioni ammucchiati del viottolo e cominciano le fughe serpeggianti delle scorciatoie sui pratelli; ecco un suono di campana… O Sant'Anna benedetta! Nello stesso paesaggio di toni verdi e freschi ecco uno specchio lucente su un fondo translucido e sabbioso, di qua una parete di rupe a picco e bruciacchiata dagli uragani, di là un'altra massa fantastica di torracchiotti, di gobbe, e di arruffaglia, nel mezzo un anfratto nero, come la portaccia dell'ignoto, e su a cavalcioni dell'abisso, un ponticello bianco, due ciuffi di verde, e una chiesuola—la mia chiesuola col suo campanile a berrettaccio di mago e la sua voce tutta santa, tutta cara, tutt'ingenua, come la preghiera d'una mandriana. E su, e su, e su. Dal ponticello si spia giù quell'orrida spelonca dei primi e mostruosi misteri tellurici: le pareti levigate dalla rabbia delle alluvioni, gli spacchi angolosi dei terremoti, i morsi giganteschi delle bufere, le bave isputacchiate dall'acque e le rogne dei licheni, i rovai dalle foglie sanguigne e la cupa opacità delle caverne, e il torrente senza colore, senza pace, senza pietà, che si storce, si gonfia, si avalla, si morde, si flagella e rimugghia con una sola nota di tinta e di suono—lo spavento. * * * Sono solo. E quando la campanella ha cessato i suoi rintocchi, per raccogliersi pensierosa come negli echi della vallata, mi pare…. È o non è?… Mi pare e non mi pare di udire una cantilena che vien giù dal bosco, un suono basso di accordi e un suono argentino quasi di lamenti… È una preghiera… Sì, sì… Ed ecco qualche cosa che si fa spiare dall'occhio: un brulichio lungo, lentissimo, a pochi colori. È una processione. Sì, sì, una fila, due: c'è qualche lume abbacinato, qualche crocione d'oro, qualche cotta scialba di pievano, e qualche giubba verde di sindaco o qualche stendardo rosso… Sono dugento povere donne montanare, bronzine, robuste, nei loro abiti scuri e colle scarpaccie di panno: sono altrettanti mariti e padri e fratelli e figli, abbruciati, tozzotti, colle tonache delle confraternite a zone rosse e gialle, a zone verdi e nere. Sono alpigiani di un paesello della Val Vegezzo. Da quasi un mese si è inaridito il filo d'acqua vicino agli scheggioni delle loro capanne, e per sè e pei bimbi e per la mandra vengono giù ad implorare una Madonna del Gaudenzio. Non hanno più schiuma nei torrenti delle valli native, e per non cadere ancora sfiniti colle otri sulle spalle pei sentieri calcinati dal sole, arrivano colle gonne groppose e sudate e colle croci sulle spalle e le croci nel cuore, a strisciare contro le vostre sete profumate e i nostri paraseli di pizzo… Oh che dite le mie signore, che sorridete, il dito mignolo in aria e l'anulare carico di gioie, frugando con una pagliuola nel fondo di una tazzona ghiacciata? * * * Non son più solo. Una signora si fa portare una seconda tazzona e fra un sorso e l'altro mi dice che alla Salute c'è la gentile nostra contessa Dal Verme, la bellissima Signora P. A., la augusta signora T. M., e ci fu là brillante nobilissima L. C., e in un crocchio a lodare il mio amico architetto Giachi per le sue opere edilizie intorno alle doccie, le signore M. C., F. A., E. B. L'egregio nostro barone Galbiati mi racconta che lo stabilimento è pieno zeppo e la vita che vi si conduce è molto quieta di giorno, la cura e i lamenti pel caldo… e qualcuno dice anche per le bistecche; a sera un po' di musica, qualche trillo di fanciulla dilettante, qualche commento solitario ad una romanzetta in core e amore, alle 10 1/2 a letto. E tutto è finito. Vedrem. IL CONVENTO DI PONTIDA. Ritorno ancora colla mente all'antico convento: e m'aggiro in que' luoghi, cercando un posto solitario ove raccogliermi ad ordinare ed esprimere le mie vive impressioni. La storia vi lasciò il dignitoso suggello delle memorie: il genio dell'artista desta gli echi del passato col fremito del presente. Così è: la polve giace polve, ma la favilla dell'Arte risuscita le anime e riscrive nel volume della vita dell'oggi le passioni delle remote età. I grandi avvenimenti sono come grandi colonne, travolte nel fiume del tempo: le acque passeranno e passeranno, e l'oblìo cancellerà sempre i languidi profili del passato: ma a chi si affaccerà a contemplare la immensa massa dell'acqua, fremeranno sempre, rigurgitando, almeno colla spuma, le onde, sovra i ruderi sepolti. L'uomo può dirlo?… Ohimè! egli lo spera! L'uomo è l'atomo turbinato dal tempo: e la Vita, grande poetessa con una missione, o inconscio giullare del caso, sembra compiacersi a creare i contrasti. Il convento di Pontida venne edificato da Alberto di Sogra, in occasione che si ricostruiva la chiesa del villaggio, che è pare la presente. Alberto stesso ne fu primo priore, e per consenso dell'abate di Cluny vi fece osservare la regola cluniacese. Nel 1121 vi morì prete Liprando, il prete famoso, il quale nei tumulti avvenuti in Milano per la quistione del celibato ecclesiastico, ebbe mozzi naso e orecchie: lo stesso che per provare la simonìa dell'Arcivescovo Tag: ecco signora verde vita fondo convento suono signore asilo Argomenti: giubba verde, civile progresso, vera morale, paradiso fulgido, riso azzurro Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Maldive, immersi in paradiso Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Offerta capodanno a Bruxelles Le Bahamas meta di un sogno La trasformazione da bruco a farfalla
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