Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 56

Testo di pubblico dominio

alla mano leale di Amedeo VI di Savoia. Il castello colla torre fu un'antica commenda dei cavalieri gerosolimitani: ora guarda giù, rintonacato alla moderna, e vede le industrie animose, svariate, produttive: esempio massimo il cotonificio di Miagliano. Lo stabilimento idropatico (600 m.) così bene diretto dal dott. Carlo Corte, così frequentato dai milanesi, flagella le sue docce su morbidi corpicciuoli, candidissimi e nervosi, dove un dì borbottavano incappucciate e insaccate, giallissime e linfatiche, le monache cistercensi: e dove si chiudeva come in un castello l'arcigno vescovo Fieschi, sui bei giardini della montagna, sugli spiani claustrali scorazzano sanguigni giovanotti, inseguendo farfalle… o fanciulle. La natura intorno vi è mesta: giù prati con salici, dossi boscosi di castagneti, edifici bianchi e rumorosi opifici, e folte case e cielo compiacente. Vi paiono luoghi che conoscete da un pezzo, che avete visti e stravisti, dove avete letto l'Aleardi e fumata la prima sigaretta, per piacere alla prima fiamma vagabonda sulle rive a cercare il fiorello azzurro non ti scordar di me… Vedete anche il grano turco che vi rammenta le aie e le canzoni lombarde e le melanconie erotiche alla luna, quando lei colle sue manine voleva cavarsi il capriccio di scartocciare le pannocchie: vedete le viti coi grappoli dell'idillio; lei che vivrebbe anche d'un grano solo al giorno se… Vedete le patate. In altra occasione vi farò della poesia, per ora no, e vi dico che la natura di Andorno sta a questa di Oropa precisamente come una fanciulla brianzuola ad una donna alpigiana.—Ad Andorno è nato nel 1707 e morto nel 1794, il valente pittore di prospettiva Bernardino Galliari, che all'eccellenza dell'ingegno, semplicità di costume, bontà e religione accoppiando, colle opere sue dentro e fuori d'Italia il suo nome eternò. Così l'iscrizione sul suo sepolcro nella chiesa parrocchiale. L'Ospizio d'Andorno è detto di San Giovanni ed è assai insù nella valle del Cervo, ad un'ora e mezza di vettura dal borgo. Il Cervo colle sue acque battezza una generazione laboriosa, amantissima del focolare paterno, dalla montanara, che coi calzoncini di panno (vireire o virùi) sui pendii scoscesi delle prealpi, suda alla raccolta del fieno selvatico (siùn), agli imprenditori, ai maestri di muro, agli opranti, che colla certezza delle braccia robuste e del cuore gagliardo, corrono l'Europa, vanno in Algeria, si fanno lodare all'istmo di Suez. La montanara abbella il suo alp con qualche medaglietta di San Giovanni e d'Oropa: i nuovi arricchiti innalzano ville sontuose e cooperano all'edilizia pubblica, aprendo stradoni, costruendo ponti, facendo segare marmi e pietre per cimiteri e chiese. La valle è magnifica: montagne verdeggianti e dolci, poi rocciose ed erte, piene di paesetti come nidi selvatici, ricche di borghi alle comode falde, capricciose e franate nelle insenature, dominatrici dalle cime, cave squarciate e pascoli e torrenti diroccianti, e in fondo il Cervo colle lavatrici, le gore, le furie, le lingue secche di sabbia, i labirinti dei ciottoloni, le corna delle scheggie, le spume, le pennellate d'oltremare e le velature d'asfalto, i capricci dell'artista e le calcolate architetture dei ponti. Signori miei, questa è Svizzera. Fumano le allegre gole degli alti camini e rumoreggiano gli opifici con gagliarda festa di lavoro: consoliamoci, questa è Italia! L'Ospizio è un luogo tranquillissimo, romito, senza sfoggio d'architetture, poggiato tra il verde; Nessuna severità: ci si potrebbe arrivare con sei cavalli! Tre casette con portici tozzi, una quarta a quattro piani, un altro fabbricato, chiudono per tre lati una piazza colla fontana, un terrazzone da cui la vista signoreggia giù per la vallea. Ci sono entrato da un sentiero nicchiato sotto ai faggi, se potessi dirlo, una corritoia di verzura: l'Ospizio mi ha abbarbagliato gli occhi, cacciandomi dentro mille punture di luce, mille serpentelli, mille zigzag, colla sferza del suo sollione. Oh che sollione! Diventano verdi le tonache dei preti, e rosee le guance delle monachelle. Dell'esterno della chiesa vidi i capitelli di marmo bianco di Mozzucco, la statua del protettore, la facciata che a sinistra s'appoggia sul petrone di San Giovanni, e leggendo le iscrizioni Vox clamantis in deserto—parate viam Domini, pensai che questo Ospizio deve procurare poche novene cenobitiche in onore del suo santo, finchè avrà l'albergo Peraldo, fatto apposta per trasgredire il gran precetto del digiuno, punto primo per pulire a nuovo le coscienze. Nell'interno della chiesa c'è il cattivo gusto del seicento e del settecento: nel cupolino il pennello di Fabrizio Galliari vuolsi abbia superato l'opera del cupolino di Graglia. La Guida del Club Alpino cita, ed è giusto, i due evangelisti e la nascita del precursore del Bernardino Galliari, cita la cappelletta scavata nella roccia, e così soddisfa, se non gli amatori dell'arte, i curiosi e i pellegrini, i quali non capiranno mai la bellezza di quel lumicino scoppiettante in quell'umido eterno: ma la Guida tace, e non so perchè, nella seconda o terza cappella di destra, quella tavola delicata, ingenua, dolce e robusta a un tempo, che è chiusa nella sua cornice azzurrina ed oro, di stile elegantissimo rinascimento.—Che effetto m'ha fatto questo Ospizio? Dico chiaro e tondo: la devozione non m'è apparsa nè a Graglia, nè qui: là capitai in ora di pranzo, qui pure. Vidi gente che mangiava a quattro ganasce, gente che fa la sua vacanzetta di nove giorni coll'alloggio gratis, vidi poca poveraglia, preti tozzotti, fantesche ruvide, pretenziose provincialette, e qualche alpenstock che ambiva fregiarsi coi nomi della Mologna grande o della pcita, o del Croso, o del Maccagno, giacchè dall'Ospizio vi sono i passaggi per Gressoney, per Valle Sesia, per Alagna. Buon appetito e buon viaggio. SUI MONTI. I. Da Gressoney (1310 metri). Ti scrivo dalla più simpatica cameretta che sì possa abitare. Pareti di larice rosso, un gran lettone, per tappeti delle pelli di camoscio, nel catino un'acqua ghiacciata, e dalla finestretta qual vista! Compererei questa cameretta, per non so quante mila lire, a patto di starci tanti anni, senza un pensiero, senza un rumore fastidioso, così come sono, innamorata dei silenzi dei boschi e delle valli, L'alberghetto châlet, colla gronda sporgente e le grandi lobie di legno, è posto su un dolce pratello nel fondo della gran valle della Lys: alle spalle s'ergono i boschi di larici e scroscia una grande cascata, di fronte ancora boschi e cime; in fondo il campanile di Gressoney, il ponte, il torrente lattiginoso; in fondo ancora il Monte Rosa, coi ghiacciai del Lyskamm, e la Vincent-Pyramide, lo Schwarzhorn, il Ludwigshöhe, il Parrospitze, il Signal Kuppe. La valle della Lys è dei più bei luoghi dell'Alpi ch'io mi abbia visto. Questo hôtel-pension Delapierre è una casina lucida, specchiante, poetica. Il comune di Gressoney tiene tutta la vallata, da Trina fino ai ghiacciai. Trina che trovasi a mezz'ora da Gressoney Saint-Jean, offre un alberguccio modesto, ove chi vien giù da Oropa sarà contento di trovare buona birra e all'uopo anche un letto. Gressoney Saint-Jean, quantunque distante un tre ore dai ghiacciai, è molto conosciuta nel mondo alpinistico. Fu eretto qui il primo buon albergo delle vallate alpine del versante italiano. Quivi fanno capo i passaggi della Valdobbia, dell'Ollen, della Pisse, del Lyskamm, della Betlina, della Betta-Furka, della Ranzola, e altri. La punta di Zumstein si denomina da un valligiano di quel nome, che tradotto in francese dicono Delapierre. Curiosa è questa vallata per la confusione di favelle che vi si odono, dal francese al tedesco, con tutte le gradazioni intermedie di dialetti. Due delle escursioni più belle da Gressoney, sono la salita al
Granhaupt, per la sua vista sul Monte Rosa, e l'escursione al Grand
Plateau sul ghiacciaio della Lys, molto interessante.
Un magnifico viaggetto in

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