Rinaldo di Torquato Tasso pagina 2

Testo di pubblico dominio

di vedere il mio Rinaldo parte ad imitazion degli antichi e parte a quella de' moderni composto. Canto primo 1 Canto i felici affanni e i primi ardori che giovanetto ancor soffrì Rinaldo, e come il trasse in perigliosi errori desir di gloria ed amoroso caldo, allor che, vinti dal gran Carlo, i Mori mostraro il cor più che le forze saldo; e Troiano, Agolante e 'l fiero Almonte restar pugnando uccisi in Aspramonte. 2 Musa, che 'n rozo stil meco sovente umil cantasti le mie fiamme accese, sì che, stando le selve al suono intente, Eco a ridir l'amato nome apprese: or ch'ad opra maggior movo la mente, ed audace m'accingo ad alte imprese, ver' me cotanto il tuo favor s'accresca, ch'al raddoppiato peso egual riesca. 3 Forse un giorno ardirai de' chiari fregi del gran Luigi Estense ornar mie carte, onde, mercé del suo valor, si pregi e viva il nostro nome in ogni parte; non perch'io stimi ch'a' suoi fatti egregi possa dar luce umano ingegno od arte, ch'egli e tal ch'altrui dona e gloria e vita, e vola al ciel senza terrena aita. 4 E voi, sacro signor, ch'adorno avete d'ostro la chioma e di virtude il core, e sì lucidi raggi omai spargete che se n'oscura ogni più chiaro onore, quando ai gravi pensier la via chiudete, prestate al mio cantar grato favore: ch'ivi vedrete al men, se non espresso, adombrato in altrui forse voi stesso. 5 Ma quando, il crin di tre corone cinto, v'avrem l'empia eresia domar già visto, e spinger, pria da santo amor sospinto, contra l'Egitto i principi di Cristo, onde il fiero Ottomano oppresso e vinto vi ceda a forza il suo mal fatto acquisto, cangiar la lira in tromba e 'n maggior carme dir tentarò le vostre imprese e l'arme. 6 Già Carlo Magno in più battaglie avea d¢mo e represso l'impeto affricano, e per opra d'Orlando omai giacea estinto Almonte e 'l suo fratel Troiano; pur in sì rio destin si difendea ne' forti luoghi ancor lo stuol pagano, che molti in riva al mar, molti fra terra pria n'occupò nel cominciar la guerra. 7 Ma Carlo, il pian ridotto in suo potere, e l'uno e l'altro mare a quel vicino, stringea più sempre con l'armate schiere da varie parti il campo saracino, ch'avendo gran cagion del suo temere paventava il furor d'empio destino; pur, con audace e generoso core, era a' nemici suoi d'alto terrore. 8 E ciascun giorno sempre alcun di loro fuor da le mura e da' ripari usciva, per provar s'al francese il valor moro pari al men ne' duelli riusciva. Poi, quando il sol celava i bei crin d'oro, e sotto l'ali il ciel notte copriva, tutti assaliano insieme il nostro campo, per tentar con lor gloria alcuno scampo. 9 Ma sempre il primo onore, il primo vanto, in generale e in singolar battaglia, rapporta Orlando il giovanetto, e intanto gli antichi eroi d'alte prodezze agguaglia: guerriero alcun non è feroce tanto, né piastra fatta per incanto o maglia, ch'al suo valor resista; e Marte istesso avria forse la palma a lui concesso. 10 Oh quante volte e quante ei fece solo a mille cavalier volger le piante, e quante ancor rendette il terren suolo del mauro sangue caldo e rosseggiante! Quante volte colmò d'estremo duolo i miseri seguaci d'Agolante, ch'alzar gli vider sanguinosi monti de' duci lor più gloriosi e conti! 11 Tosto la vaga fama il suo valore e l'opre sue va divolgando intorno: picciola è prima, e poi divien maggiore, ch'acquista forze ognor di giorno in giorno. Ovunque arriva sparge alto romore, e finge quel d'ogni virtute adorno: col vero il falso meschia e in varie forme si mostra altrui, né mai riposa o dorme. 12 Fra gli altri molti del figliuol d'Amone ella giunge a l'orecchie, e i fatti egregi del valoroso suo cugin gli espone a parte a parte, e gli acquistati fregi. Sùbito a quel magnanimo garzone, c'ha ne la gloria posto i sommi pregi, invidia accende generosa il petto, che negli altieri spirti ha sol ricetto. 13 E tal invidia ha in lui maggior potere, perché gli par che 'l fior de' suoi verdi anni, quando l'uom deve tra l'armate schiere soffrir di Marte i gloriosi affanni, ei consumi in fugace e van piacere, involto in molli e delicati panni, quasi vil donna che 'l cor d'ozio ha vago, e sol adopri la conocchia e l'ago. 14 Da queste cure combattuto geme, e sospir tragge dal profondo core; d'esser guardato vergognoso teme, ché desta l'altrui vista in lui rossore; crede ch'ognun l'additi e scioglia insieme in tai voci la lingua a suo disnore, come de' suoi maggior le lucid'opre con le tenebre sue questi ricopre. 15 Tra sé tai cose rivolgeva ancora, quando il tetto real lasciossi a tergo, e da Parigi uscio, ché quivi allora insieme con la madre avea l'albergo; e caminando in breve spazio d'ora giunse d'un prato in sul fiorito tergo, che si giacea tra molte piante ascoso, ond'era poi formato un bosco ombroso. 16 Quivi, perché gli pare acconcio il luoco a lamentarsi, e non teme esser visto, si ferma e siede, e 'n suon languido e fioco così comincia a dir, doglioso e tristo: — Deh! perché, lasso! un vivo ardente foco di dolor, di vergogna e d'ira misto non m'arde e volge in polve, onde novella di me mai più non s'oda, o buona o fella? 17 Poi ch'oprar non poss'io che di me s'oda con mia gloria ed onor novella alcuna, o cosa ond'io pregio n'acquisti e loda, e mia fama rischiari oscura e bruna; poscia che non son tal che lieto goda di mia virtute, o pur di mia fortuna, ma il più vil cavaliero, al ciel più in ira, che veggia il sol tra quanto scalda e gira; 18 deh! perché almeno oscura stirpe umile a me non diede o padre ignoto il Fato, o femina non son tenera e vile, ché non andrei d'infamia tal macchiato; perciò ch'in sangue illustre e signorile, in uom d'alti parenti al mondo nato la viltà si raddoppia e più si scorge, che 'n coloro il cui grado alto non sorge. 19 Ah! quanto a me de' miei maggior gradito poco è il valor e la virtù suprema; quanto d'Orlando a me di sangue unito l'ardir mi noce e la possanza estrema. Egli or, di fino acciar cinto e vestito, l'alte inimiche forze abbatte e scema, e con l'invitta sua fulminea spada fa ch'Africa superba umil se 'n vada. 20 Io quasi a l'ozio, a la lascivia, agli agi nato, in vani soggiorni il tempo spendo, e ne le molli piume e ne' palagi sicuri tutto intero il sonno prendo; e per soffrire i marzial disagi tempo miglior, età più ferma attendo, ai materni conforti ed a que' preghi cui viril petto indegno è che si pieghi. — 21 Mentre così si lagna, ode un feroce innito di cavallo al cielo alzarsi; chiude le labbra allor, frena la voce Rinaldo, e non è tardo a rivoltarsi, e vide al tronco d'una antica noce per la briglia un destrier legato starsi, superbo in vista, che mordendo il freno s'aggira, scuote il crin, pesta il terreno. 22 Nel medesmo troncone un'armatura vide di gemme e d'or chiara e lucente, che par di tempra adamantina e dura, ed opra di man dotta e diligente. Cervo che fonte di dolc'acqua e pura trovi allor ch'è di maggior sete ardente, od amador cui s'offra a l'improviso il caro volto che gli ha il cor conquiso, 23 non si rallegra come il cavaliero, che così larga strada aprir vedea per mandar ad effetto il suo pensiero, che tutto intento ad oprar l'arme avea. Corre dove sbuffando il bel destriero con la bocca spumosa il fren mordea, e lo discioglie e per la briglia il prende, e ne l'arcion, senz'oprar staffa, ascende. 24 Ma l'arme che facean, quasi trofeo sacro al gran Marte, l'alboro pomposo, distaccò prima, e adorno se 'n rendeo, di tal ventura stupido e gioioso; conosce ben che chi quelle arme feo, fu di servirlo sol vago e bramoso, ch'erano ai membri suoi commode ed atte qual se per lui Vulcan l'avesse fatte. 25 Oltra che de lo scudo il campo aurato da sbarrata pantera adorno scorge, che con guardo crudel, con rabbuffato pelo terror ai rimiranti porge: ha la bocca e l'unghion tinto e

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