Rinaldo di Torquato Tasso pagina 32

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far no 'l possa. 77 Sì vivo in quello il finto al ver somiglia, benché di spirto sian le membra casse, ch'altri mirando in lei si meraviglia ch'ella non parli, più che se parlasse. Allor il vago scudo il guerrier piglia, e meglio era per lui che no 'l pigliasse, ch'ove solo lo tolse a sua difesa, gli fe' poi, lasso! al cor mortal offesa. 78 Tolto lo scudo, il cavalier s'accinge prontissimo di novo a la sua via; e così caldo Amor lo sferza e spinge, che non si ferma mai né si disvia mentre ch'Apollo il mondo orna e dipinge, o per tornare o per partir s'invia. Sol quando è d'aurei fregi il ciel contesto, posa, né dorme ben, né bene è desto. 79 In pochi giorni scorse il bel paese che quinci il mare e quindi l'alpe serra. Indi, varcando i monti, al pian discese, e vide lieto la natia sua terra; poi, giunto omai presso Parigi, intese ch'il magno re co' suoi mastri di guerra, e con le dame sue l'alta regina, avean la stanza lor molto vicina. 80 Come fu presso, il pian ripieno scerse d'illustri cavalieri e di donzelle, i quai d'oro, d'acciaro e di diverse sete ornavan le membra altere e belle: altre vermiglie, altre turchine o perse, candide queste e verdeggianti quelle; e 'l sol, che riflettendo indi splendea, di nova iride vaga il ciel pingea. 1 Ma sendo visto il paladin Rinaldo sul gran Baiardo in sì feroce aspetto, che ne venia sì ne la fronte baldo che mostrava l'ardir chiuso nel petto, e sì sovra 'l destrier fondato e saldo che parea muro in terra soda eretto, vario parlar tra quei di Carlo nacque, e ciascuno il lodò, ch'a ciascun piacque. 2 Ma 'l superbo Grifon, che difendea per amor di Clarice a tutti il varco, sentendo ciò ch'altri in su' onor dicea, contra gli andò quanto trarebbe un arco; e perché nel pensier prefisso avea di far tosto di lui Baiardo scarco, gridò: — Giura, guerrier, ch'a la mia dama cede in beltà qual ha più pregio e fama! — 3 Grifon già per amor avea servito gran tempo inanzi d'Olivier la suora, ma 'l foco suo negletto ed ischernito fu da l'altera giovinetta ognora; onde per longa prova al fin chiarito, ch'accôr tentava in rete il vento e l'ora, stolto! a servir Clarice egli avea preso, né potea ciò Rinaldo avere inteso; 4 onde rispose: — Vil timor non deve giamai la lingua altrui torcer dal vero, né periglio o fatica, ancorché greve si convien d'ischivare a cavaliero. Dico dunque ch'oltraggio il ver riceve da te non poco, e ciò mostrarti spero: bella è la dama tua, ma molto cede a chi fe' del mio cor soavi prede. — 85 A l'arme, ai fatti orrendi al fin si venne da le minaccie e da l'altere voci: di qua, di là le due massicie antenne vengon portate da le man feroci. Par ch'abbiano i cavalli al fianco penne, così a l'incontro van ratti e veloci; l'aria si rompe, e trema ancor la terra al primo cominciar de l'aspra guerra. 86 Pose il suo colpo a vòto il Maganzese incauto troppo, e corse l'asta in fallo; ma lui Rinaldo a mezzo scudo prese, e lo sospinse fuor del suo cavallo. Sendo percosso e 'l suol premendo, rese alto rimbombo il lucido metallo, come suol squilla che sonando invita a sanguinosa guerra ogn'alma ardita. 87 Rinaldo allor dal degno stuol è cinto e supplicato a tôrsi via l'elmetto, tal che da' prieghi lor forzato e vinto di compiacerli è mal suo grado astretto. Si scioglie al fin que' lacci ond'era avinto l'elmo, e scopre la chioma e 'l vago aspetto: né men bello e leggiadro or si dimostra, ch'apparso sia possente e forte in giostra. 88 Tosto fu conosciuto il cavaliero al discoprir del volto e del crin d'oro, e chiare voci di letizia diero con replicato suon l'amico coro, ché già del suo valore il grido altero era giunto a l'orecchie a tutti loro. La gloria sovra lui si spazia intanto, battendo l'ali d'or con dolce canto. 89 Ad onorar Rinaldo ognun s'accinge, e di farsegli grato ognun procaccia: altri la man gli tocca, altri gli cinge il collo e il petto con amiche braccia; altri, cui caldo amor più innanzi spinge, pien d'un dolce disio lo baccia in faccia; ma il padre Amone al petto alquanto il tiene, e sente alto diletto ir fra le vene. 90 Lasciato il padre il cavaliero invitto, de' suoi regi a bacciar se 'n va la mano; quei, mostrando l'amor nel volto scritto, l'accoglion lieti e con sembiante umano. Fan le donne tra lor dolce conflitto in onorare il vincitor soprano; e in quanto è lor da l'onestà concesso, gli mostra ognuna il suo voler espresso. Canto undicesimo 1 Ma trattasi in disparte alto sospira Clarice, e gelosia sol n'è cagione: tra sé fremendo l'accoglienze mira che fan quell'altre al gran figliol d'Amone, e s'arma incontro lui di sdegno e d'ira per l'onta in suo disnor fatta a Grifone, e per veder che ne lo scudo il volto d'ignota dama porta impresso e scolto. 2 — Non ti basta, crudel, dice in se stessa, romper la fede e far torto al mi' amore, se non mi scopri la cagione espressa del tuo grave fallir, del mio dolore? Poiché viva non puoi, mi mostri impressa la donna, oimè! che ti possiede il core, ed onde io più mi doglia, ahi! perché questo? a la mia gloria sei con l'arme infesto. 3 Lassa! qual sotto i fior l'angue è celato, tal sotto cortesia, sotto bellezza, s'asconde in te perfido cor spietato, che l'altrui fede e 'l puro amor disprezza. Fuggite, donne, oimè! fuggite il grato sembiante e 'l guardo umil pien di dolcezza, che promettendo vita altrui dan morte, e son d'un fido cor mal fide scorte. 4 Ma stolta, a che sospiro? a che mi doglio? Se 'l più dolermi e 'l sospirar non vale, s'egli è perfido e lieve, io, come soglio, ancor dunque serò ferma e leale? Ahi! non fia ver ch'a lui scoprir mi voglio ne la costanza e ne la fede eguale. — Così detto tra sé, prese consiglio di mostrare a Rinaldo irato il ciglio. 5 O di tema e d'amor figlia crudele, figlia che 'l genitor sovente uccidi, a l'alte sue dolcezze amaro fele, peste ch'infetti l'alme in cui t'annidi: torna a l'inferno omai tra le querele, tra l'aspre pene e tra gli eterni stridi! Né più turbar sì puro e casto foco, ch'ivi non merta aver tuo giaccio loco. 6 Il paladin che sempre gli occhi porse sin da principio a la sua dolce amata, sì come lampo in ciel turbato scorse folgorar l'ira ne la faccia irata, non già de la cagione allor s'accorse che la rendesse incontro lui sdegnata. Pur cheto disse: — Lasso! or chi m'oscura il seren de l'angelica figura? 7 Dunque sarò per così lunga via morte venuto a tôr così noiosa? Ché mi dà morte l'inimica mia, quando m'appar superba e disdegnosa. Qual fora, oimè! se fusse umile e pia, s'è tal, sendo crudel ed orgogliosa. Deh! come soffri, Amor, ch'ingiusto sdegno turb'i begli occhi, ov'è 'l tuo albergo e 'l regno? — 8 Fra tanto Carlo ver' le regie mura vol che la nobil schiera il camin prenda. Spogliar si vede allor la gran pianura, prima di quella e poi di questa tenda, ed ogni cavalier cui dolce cura per dama de la corte il petto accenda, pigliare il freno del destrier di quella, ma con bel modo pria riporla in sella. 9 Si reca ancor Rinaldo infra le braccia Clarice, e la ripon sul palafreno; ma quella da' bei lumi e da la faccia piover rassembra allor sdegno e veleno; e benché con la lingua immobil taccia, è 'l suo tacer d'aspre querele pieno, e ciò ch'a lui non vietan le parole, negar con gli atti e con gli sguardi vole. 10 Il cavalier, ch'audace in tali imprese costume innato e cald'amor rendea, mentre per gli occhi al cor fiammelle accese dal caro amato oggetto egli traea, qual uomo in amar cauto, il tempo prese ch'ascosamente a lui già si togliea, e mostrando di fuor gli interni affetti, sciolse l'accorta lingua in questi detti: 11 — Ahi! quant'empio è colui ch'ad uom mendico de le lunghe fatiche il frutto invola! quanto crudele e di pietà nemico chi negli affanni il miser non consola! Quest'or,

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Argomenti: mezzo scudo,    vago scudo,    fronte baldo,    alto rimbombo,    grido altero

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