Rinaldo di Torquato Tasso pagina 22

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sospetto de l'onor suo, che non le sia rapito, incantò il monte e intorno ancor sei miglia con nuova ed incredibil meraviglia: 81 che s'alcun donna ingiurioso offende ne l'aver, ne la vita o ne l'onore, d'invisibile ardor tutto s'accende, sì che miseramente al fin ne more. Ma sì come l'incanto ognor difende chi serva in fatto il virginal suo fiore, così qual donna il macchia e 'l tiene a vile quinci discaccia con perpetuo stile. 82 Come il mar scaccia d'uom le membra estinte, come scaccia pastor le infette agnelle, così con forza non veduta spinte da questo spazio son le damigelle, che da l'amore o dal gran premio vinte misere furo al proprio onor rubelle; e quinci avien che i padri nostri poi non han, mentre stiam qui, cura di noi. 83 Fe' da poi la regina, Alba nomata, per mostrarsi cortese in ogni cosa, e per farsi a coloro amica e grata che van cercando ogni ventura ascosa, una barca mirabile incantata ch'ella chiamò la barca aventurosa; perciò ch'ognun che in lei di gir si fida, sempre a qualche aventura in breve guida. 84 Senza nocchier, sol da l'incanto scorta, se 'n va la barca per l'ondoso mare, e gli erranti guerrier securi porta là dove il lor ardir possin mostrare, come, se 'l vostro core a ciò v'essorta, voi potrete, signori, ancor provare, ché la barca tegniam quinci vicina, dove col nostro lito il mar confina. 85 Or l'ordin che tra noi serbar sogliamo riman che sol vi dica, ed egli è questo, ch'ogn'anno tra noi tutte una eleggiamo, ch'abbia a regger poi l'altre il pensier desto. A quant'ella n'impon tutte obidiamo, pur che comandi il licito e l'onesto. Io che per nome Euridice son detta, al degno grado fui poco anzi eletta. 86 Fu Guilante il leggiadro padre mio, e in Capua dominò mentre che visse. — Qui tacque alquanto, indi il parlar seguio, e de l'altre la stirpe e 'l nome disse. Ma perché tinta già d'oscuro oblio sorgea la notte, fe' ch'ognun si gisse a riposar su l'addagiate piume, sin ch'in ciel si mostrasse il nuovo lume. Canto ottavo 1 Già svegliata l'Aurora al dolce canto de' lascivetti augei vaga sorgea, e con le rosee mani il fosco manto de la notte squarciava e dissolvea; i suoi tesori vagheggiando intanto, l'aria, l'acqua, il terren lieto ridea, e giù versava dal bel volto il cielo, formato in perle, il matutino gielo; 2 quando i guerrier, lasciato il pigro letto, vestir le membra di lucente acciaro, e 'n compagnia del nobil drappelletto a rimirar quei bei ritratti andaro, ché brama ognun di lor che gli sia detto di quelli eroi futuri il nome chiaro; de' quai, ciò ch'ebbe Alba di dire in uso, di bocca in bocca poi s'era diffuso. 3 Così di bocca in bocca era discesa di quei cortesi eroi l'istoria vera, ch'Euridice l'aveva anch'ella intesa e render ne sapea notizia intera; onde per appagar la brama accesa, che di par giva in quella coppia altera, or ne' ritratti, or ne' suoi volti fisse le luci avendo, al fin così le disse: 4 — Dei duo che là su stanno, a cui lucente porpora sacra il sacro capo adorna, questi Ippolito fia, da l'Occidente noto sin dove il sol nasce ed aggiorna, Ercol Gonzaga quel, ch'unitamente potranno a l'eresia fiaccar le corna, ed atti ad alte imprese, a grave pondo regger insieme con la Chiesa il mondo. 5 Mirate quel che da le più vicine parti presso l'altar sacrato pende, a cui non men di lucido ostro il crine e di regal onor la faccia splende. Adorneran costui virtù divine, e quel che più simile a Dio l'uom rende, del sangue estense fia, Luigi detto, giovene ancora a sommi gradi eletto. 6 Volgete gli occhi a quel che in vista pare figliol di Marte, anzi pur Marte istesso. Or chi potrà costui tanto lodare, ch'ai suoi merti divin giunga mai presso? Per questo il Po n'andrà più lieto, e 'l mare, non solo i fiumi, inchinaransi ad esso. Sarà il secondo Alfonso, e 'l ricco freno di Ferrara terrà felice a pieno. 7 L'altro, severo il volto e grave il ciglio, e adorno sì di maestà regale, del gran Maria Francesco serà figlio, maggior del padre in pace, in guerra eguale, sotto 'l cui saggio impero unqua in periglio Urbin non fia d'alcun dannoso male, ma fiorirà per l'alme sue contrade una lieta, felice ed aurea etade. 8 Da tanto genitor prodotto al mondo fia quel garzon ch'in volto è così fiero, che sosterrà di mille guerre il pondo e d'eserciti mille avrà l'impero: fulgor de l'armi a null'altro secondo, prudente duce, audace cavaliero; né mai morrà, se mai non muor colui che ne' cuor vive e ne le bocch'altrui. 9 Fia quel nel cui benigno e vago aspetto splende di cortesia sì chiaro lume, Scipion da Gazuol, fido ricetto d'ogni virtù, d'ogni gentil costume, che sevro dal vulgar stuolo negletto al ciel s'inalzerà con salde piume: a Minerva, a le Muse, a Febo amico, de' buon sostegno, a' vizii aspro nemico. 10 Quel che mostra desio di gloria aperto nel volto, e aperta ha l'una e l'altra mano, serà Fulvio Rangone, il cui gran merto lo farà noto al prossimo e al lontano; l'altro ch'al vero onor per camin certo n'andrà, raro scrittore e capitano, Ercol Fregoso al mondo noto; e quello che par sì uman, fia Sforza Santinello. 11 Or rimirate da quell'altro canto, ov'il bello del ciel tutt'è raccolto, sì ch'il sol non ne vide unqua altretanto, il sol cui nulla di mirare è tolto. Colei c'ha ducal cerchio e ducal manto, ma reali maniere e real volto, Vittoria fia del gran sangue Farnese, magnanima, gentil, saggia e cortese. 12 Lucrezia Estense è l'altra, i cui crin d'oro lacci e reti saran del casto amore, ne le cui chiare luci ogni tesoro del cielo riporrà l'alto Fattore; per cui Minerva e di Parnaso il coro non so se loda o biasmo avran maggiore: loda, perché da lei fiano imitate, biasmo, sendo poi vinte e superate. 13 Le due fian sue germane e belle e saggie, e d'ogni raro ben ricche ed altere, per queste de' mortai fallaci piagge scorte di gire a Dio fidate e vere. L'altra, che par che l'aria intorno irragge, onde Amor se medesmo accende e fere, Claudia Rangona fia, che non gli altrui, ma faran chiara i proprii scritti sui. — 14 Qui fu da lei fine al suo dire imposto, che destò nei guerrier diletto eguale. Quelli, che già tra loro avean disposto di solcar lo spumante ondoso sale, chieggiono umili al vago stuol che tosto lor si conceda in grazia il pin fatale; né ciò fu sol da quelle a lor concesso, ma cari doni ancor largiti appresso. 15 Ebbe Rinaldo, onde se 'n vada ornato il suo Baiardo, sella e fornimento di spesse gemme sparso e tempestato, sì ch'ogn'occhio rendea pago e contento. Il morso a la gemina è lavorato, le staffe ancora, e son di puro argento; de l'istesso metallo è 'l grosso arcione, vago d'intagli ad ogni paragone. 16 Diero a Florindo ancor, perché gli copra l'arme, vaga e mirabil sopravesta, ch'ai più ricchi lavor se 'n gia di sopra di vario stame, in varii modi testa. Né forse Irene bella unqua fece opra, non ch'Aragne o Minerva, equale a questa: ivi pinto con l'ago han mani industri de la suora del sol l'imprese illustri. 17 Quel che con maggior arte e maggior cura quivi il saggio maestro intesto avea, era di Niobe la crudel sventura, tal ch'opra naturale altrui parea. Piangeva i figli nel cui volto oscura morte viva ed espressa si vedea, le man stringendo e con doglioso affetto al ciel volgendo il minacciante aspetto. 18 Scorgesi altrove in abito succinto, con faretra pendente al manco lato, con crine sciolto e parte in nodi avinto, tender l'arco la dea curvo e piegato: par ch'ondeggi il capel, da l'aura spinto, ch'ella piova furor dal volto irato, ch'orribilmente fischi e ch'ali metta, mentre fendendo il ciel va la saetta. 19 Stan le figlie di Niobe in viso smorte davanti a lei, sovra i fraterni petti, qual di duol, qual di tema e qual di morte scolti avendo negli atti i vari affetti. Una ch'apre le labbia onde

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