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Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 8busto squisito, odorante di viola, il mazzolino degli scuri fiori alla cintura. Sentì lo sguardo intelligente, che gli aveva fatto allora dolere il petto, entrargli ancora e diffonderglisi con tanta dolcezza nella persona. "Non lo trovo, signore" disse il vecchio domestico alle sue spalle. "In camera non c'è, nella chiesetta neppure. Sarà sul monte, forse." Soggiunse che sarebbe andato a rintracciarlo. Maironi non lo permise, prese egli stesso la via dell'umile poggio che sale dietro il cortile della villa, blando verso mezzogiorno e rigato per traverso di viti a filari, cui fende una sottile processione ascendente di cipressi; erto, boscoso verso occidente, allacciato da grandi maglie bizzarre di sentieri che ne legano il rotto cadere. Per uno di quei sentieri Piero scorse calar il vecchio prete che cercava, don Giuseppe Flores, l'ultimo della sua famiglia, il solo signore della villa deserta, del poggio, dei bassi prati dove nel gran silenzio del mezzogiorno gurgugliavan tacchini, schiamazzavano anitre e oche, delle folte macchie di alberi esotici e nostrali che lì salivano i valloncelli e i dorsi del poggio fino al ciglio degli alti vigneti. Don Giuseppe scendeva passo passo, leggendo, non curando le rade, fini goccioline di pioggia. Quando alzò gli occhi dal libro, Maironi salutò accelerando il passo. Sulle prime il vecchio prete non lo riconobbe; poi mise un "oh!" lieto, scese con vivacità giovanile, a braccia aperte, il cappello in una mano e il libro nell'altra, tutto lucente in viso di sorpresa e di piacere. Era un nobile viso dove le linee maschie delle ossa inferiori e il grande arco del naso compievano degnamente, per così dire, l'alta parola della fronte ampia, solenne; e gli occhi scuri, vivi, dolci austeramente, pronti a colorarsi di ogni baleno, di ogni fiamma, di ogni ombra dello spirito, dicevano la calda purezza interna, la soavità recondita di quella parola così maestosa. Ora scintillavano veramente, perchè don Giuseppe aveva conosciuto in Valsolda, prima del 1859, standovi ospite di certi suoi parenti, Franco e Luisa Maironi, i genitori di Piero; e godeva sempre di veder Piero che gli ricordava quelle elette creature, quel poetico lago romito e i giorni suoi più sereni. S'incontravano di rado. Prossimo ai settanta, solo, lontano dalla città nove mesi l'anno, don Giuseppe, che aveva un tempo frequentato casa Scremin ed era stato confessore della marchesa Nene, non ci andava quasi più. S'incontrava qualche volta con Piero l'inverno al gabinetto di lettura o fuori porta, sulle vie solitarie della collina. "Caro signor sindaco, caro signor sindaco!" esclamò tutto ridente, posando le mani affettuose alle braccia del giovane che gli stava davanti pur sorridente ma in atto di riverenza. "Che miracolo! Come mai?" "Lei è sempre stato così buono con me, mi ha detto tante volte di venire, e oggi me ne sono rammentato, ho avuto una ragione di rammentarmene." "Bene bene bene" fece don Giuseppe e gli venne in mente che al Municipio volessero qualche cosa da lui, forse imporgli la soma di un ufficio pubblico. Si avviò con l'ospite verso la villa senza parlare, pensando a levarsi d'impaccio e preparando difese, vecchio e infiacchito come si sentiva. Anche Maironi camminava preoccupato e taciturno. Don Giuseppe fu il primo a sentir la molestia di quel silenzio, chiese notizia degli Scremin. Poi si fermò e guardò Piero sorridendo con certa innocente malizia. "È vero" diss'egli, "quello che mi hanno detto del marchese?" "Cosa?" "Che presto sarà fatto senatore?" Piero si strinse nelle spalle. "Può darsi" rispose. "Non lo so. Non ne stupirei. Ma dica: io Le reco incomodo? Ella sarebbe rimasto fuori, ora?" Don Giuseppe protestò e si confermò nell'idea che il sindaco fosse venuto per uno scopo determinato. Presso il cancello del cortile convenne ai due di arrestarsi per una torma di buoi che andavano all'abbeveratoio. "Sudditi suoi?" fece Maironi. "Cento volte migliori di certi sudditi miei, gliel'assicuro." L'accento fu così amaro che don Giuseppe, stupito, esclamò: "Dispiaceri? Ha dispiaceri al Municipio?" "No, no, no" s'affrettò a rispondere Maironi. "Questo non importa affatto. Dicevo per dire." V'era dunque un'altra cosa che importava. Don Giuseppe introdusse l'ospite nella sala del biliardo e lo invitò a sedere. "Scusi" disse Maironi, restando in piedi. "Se mi permette, Le vorrei parlare." E poichè don Giuseppe, con un cenno di assenso, insisteva per farlo sedere lì, lo guardò un poco senza rispondere. Il vecchio prete capì. "Come vuole, come vuole" diss'egli, e accostatagli una mano al braccio, lo avviò verso l'uscio che metteva in un suo freddo e umido studiolo. "Scusi, sa" fece Maironi sottovoce. No, non potevano essere affari del Municipio, quella non era la solita voce di Piero Maironi. "Qui non entra nessuno?" diss'egli. Don Giuseppe chiuse l'uscio a chiave e rispose: "Ecco." Dubitava, per certe voci, che gli Scremin fossero un po' squilibrati nelle finanze. Una confidenza circa questo punto? O circa la infelice reclusa? Mentre fantasticava così, Piero Maironi, seduto accanto a lui sul vecchio logoro canapè rosso, stava silenzioso a capo chino. "Don Giuseppe" cominciò finalmente, e stese una mano al prete senza guardarlo, senza volgere il viso, "io sono venuto da Lei come un figlio." Don Giuseppe gli prese la mano, gliela strinse commosso, con un tacito moto delle labbra, con un lampo affettuoso del viso. "Io ho per Lei la riverenza che hanno tutti; sì, sì, me lo lasci dire! Ma poi ci ho anche un'affezione particolare e Lei ne sa il perchè. Ho un bisogno immenso di Lei, adesso." Il viso del candido, umile prete si colorò di meraviglia. "Bisogno di me?" "Sì. Bisogno di Lei. Son venuto da Lei come da un padre, ma da un padre ch'è sacerdote." Don Giuseppe gli riprese la mano, gliela strinse ancora, senza parole. "Non si meravigli di nulla, sa! Pensi ch'io sia il penitente e Lei il confessore. Prima di tutto Le domando questo: secondo le leggi della Chiesa, è mai possibile, in nessun caso, che un uomo coniugato, il quale ha la moglie viva ma demente da più anni, proprio affatto e senza speranza, ottenga il permesso di entrare in una corporazione religiosa?" "Eh, no." Maironi tacque. "Può ritirarsi dal mondo" s'affrettò a dire don Giuseppe, "può vivere con Dio nella solitudine, comporsi lui una regola, santificarsi." La fronte solenne, gli occhi gravi, la voce dolce e bassa spiravano ossequio al gran dolore, alla gran fede che apparivano congiunti nel desiderio del giovane. Maironi rispose sottovoce: "Questo non è possibile". Nel silenzio che seguì lampeggiò in mente a don Giuseppe una parola dimenticata di donna Luisa Maironi Rigey, la madre di Piero. Salivano insieme, i Maironi, i Pasotti e lui a piedi, il signor Giacomo Puttini sull'asino del mugnaio, al Boglia per la via di Castello. Presso Muzzaglio don Franco Maironi era uscito a dire: "Bel posto, eh, per un monastero!". E donna Luisa aveva mormorato: "Troppo bello per gente inutile". N'era venuta poi una gran discussione. Adesso dopo tanti anni, cose umane! , il figlio di Luisa, non ancor nato in quel tempo, sentiva il fascino del monastero. "Ella non comprenderà" riprese Maironi, "perchè non mi sia possibile ritirarmi dal mondo senza un abito religioso, senza un voto. Questo dipende dallo stato dell'anima mia. Vede, io son venuto veramente per parlarle dell'anima mia. Immaginavo che circa l'altra cosa Ella mi avrebbe risposto come mi ha risposto. E parlarle dell'anima mia mi è tanto difficile! Non riesco a comprendere bene me stesso. Se penso una cosa di me mi vien subito in mente qualche ragione di pensarne l'opposta. Bisogna che Lei mi aiuti, don Giuseppe. Soffro, sa; e Lei ha voluto bene, non è vero, al povero papà e alla povera mamma?..." Dicendo queste parole sorrise un poco di un sorriso tanto triste che passò il cuore a don Giuseppe. "Sì, sì" diss'egli, "tanto!" E tacque, esitando ancora a cercar consiglio e conforto per Tag: don vecchio prete dire mano bene viso venuto gran Argomenti: vecchio prete, voce dolce, povero papà, sorriso tanto, sottile processione Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Il benefattore di Luigi Capuana La spada di Federico II di Vincenzo Monti Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Il fiore di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Lo shampoo giusto per i propri capelli Maschera per il trattamento del viso SK-II Vacanze a Istria: una storia da raccontare Il coniglio Ariete Nano: il più noto e amato Il furetto a grandi linee
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