Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 59

Testo di pubblico dominio

istituzioni che attenuando i guai prodotti da un sistema economico ingiusto, lo tengono in vita. "Io non sono un socialista come gli altri" disse Piero. "Certe teorie non comincio ad applicarle a mio beneficio." Presso al fondo del valloncello che va da settentrione a mezzodì, fra il Covile del Cinghiale e la chiesa, sull'orlo di un pendio breve ma ripidissimo, Jeanne si fermò. "Mi dia la mano!" Afferrò la mano concessa, sorrise, la strinse, discese, sussurrò: "Come sei forte!". Era la prima volta che ritornava al tu, dopo l'arrivo di Piero. All'ultimo passo, toccando il piano, si abbandonò col petto sul dolce sostegno, avviluppò la persona cara con l'aura odorosa e tepida della propria. Aveva tanto tremato ch'egli mancasse alla promessa! Gioiva tanto della sua presenza, sperava tanto! Dirimpetto a loro, sul ciglio dell'alta costa, l'albergo biancheggiava fra gli abeti. Piero, pallido e silenzioso, prendeva già quella via. "No!" diss'ella con una voce, con una boccuccia di bimba viziata; e accennò del capo al sentiero che risale il valloncello verso mezzodì. "All'albergo c'è Bassanelli, c'è tanta gente! Lei mi deve dire cosa farà poi che avrà ceduto tutto il Suo." E non potè a meno di trasalire ancora all'idea di questa follìa. "Bene" disse Piero, risoluto a un discorso definitivo. "Andiamo. Lei non ha ombrello?" Un velo era sceso sullo smeraldo dei prati, le ombre degli alberi si erano sciolte nel chiaror diffuso del sole nascosto, il nebbione fumato su dalle valli, si riversava lento per gli alti grembi di Vena, per le vette delle selve, affiochiva nei pascoli i suoni sparsi dei campani, fasciava le pendici nereggianti di Picco Astore. A Jeanne pareva che un bianco mantello umido venisse avvolgendo silenziosamente lei e Piero, sul prato soffice, dentro le sue lane flosce, venisse dividendoli pian piano dal mondo delle cure umane, dal passato, dall'avvenire, spirando loro il dolce senso di essere anime d'un altro pianeta. Sentì che giungeva un'ora suprema, che erano in giuoco non tanto la felicità propria e le proprie sorti, che importavano mai? , quanto le sorti, la felicità dell'amato, illuso da funesti sogni. Gli passò timidamente una mano sotto il braccio, mormorò: "Ti dispiace?". E benchè il "no" di lui sonasse freddo, gli serrò forte sul braccio la bella persona. "Caro!" diss'ella. In quel momento Piero si diceva: "Come questa donna non comprende!". La resistenza dura di lei alle sue idee, il tenace scetticismo, quelle fredde ragioni opposte al suo divisamento generoso e che in fondo, pur non volendolo confessare a se stesso, trovava giuste, almeno in parte; sopra tutto quel non avergli detto una sola parola di ammirazione, finivano di staccarlo da lei, lo rendevano quasi sdegnoso, impaziente dei dolci atti e dei dolci detti. "Intanto" diss'egli ex abrupto, per troncare le dolcezze, "non cederò tutto il mio. Conserverò una piccola proprietà Maironi, antica, non venuta da casa Reyna, e conserverò la casa di Oria che mia madre ha ereditato da mio zio Ribera. Sarà la povertà, ma non la miseria. Appena stipulata la cessione andrò in Francia a studiare e forse anche a lavorare con le mie mani. Sarà il primo passo per servire la mia opinione della giustizia, per diventare, in tutto, l'uomo che l'anima grande, unica, di mia madre deve avere desiderato in me. Perchè oramai la mia stella è d'incarnare l'ideale di mia madre. Mia madre sarebbe felice di vedermi abbandonare una classe sociale dove non si vuol saperne della giustizia eterna per non sentirsene obbligati a sacrifici duri, oppure se ne fa un Dio personale col quale non è poi tanto difficile di accomodare i conti; una classe dove non si vuole che godere giorno per giorno, non si vuole che..." Non compiè la frase. Alle prime parole crude Jeanne aveva lasciato il suo braccio; alle ultime, sentendosi mancare, smorta socchiuse gli occhi, cercava con mano incerta, vagante, di aggrapparsi a lui per non cadere. Atterrito, egli le cinse la vita, si guardò attorno, non vide nessuno, il nebbione era tanto denso! La sostenne, la incuorò e la rimproverò insieme, affannato. Ella si provava di respingere il suo braccio, mormorava quasi inintelligibilmente: "No, no, mi lasci, non son degna, non son degna...". Cingendole sempre la vita, Piero si mosse pian piano per ritornare all'albergo. La povera Jeanne aveva orrore dell'albergo. "No, no!" Piero voleva farla sedere un momento, almeno, sul prato. "No, no, mi conduca alla fontana, mi conduca alla fontana!" Pareva rianimarsi, la voce si rialzava e si rinfrancava. Piero non sapeva dove questa fontana fosse e Jeanne non riusciva a spiegarsi. Si provò di camminare, di guidarlo. Questo le riusciva meno difficile che il parlare. Si avviò sorretta da lui, vacillando, ansando, sostando a ogni passo. Avrebbe voluto anche parlare, ma non poteva, e allora lo guardava in viso con il dolore di questa impotenza, con uno sguardo indimenticabile. Ebbe anche, nel far sosta per lo sfinimento mortale, un sorriso infinitamente triste. Una volta le parve udir voci che le venissero incontro per la nebbia, si tolse dal sentiero, sgomentata, con uno sforzo. Le voci si dileguarono. "Vuole aspettar un poco?" diss'ella affranta dallo sgomento e dallo sforzo. Passarono certi casolari e piegarono a destra in un picciol cavo ombreggiato di noci dove convergono altri sentieri e chiama con fioca dolente voce una sottile polla dell'Acqua Barbarena, cascando nella vasca disposta ivi per le mandre. Piero fece sedere Jeanne sull'orlo della vasca. Non aveva tazza, raccolse l'acqua della polla con le mani. Ella bevve, impresse la bocca nella commessura delle palme, ebbe un singhiozzo arido e alla domanda di lui se desiderasse bere ancora, scosse il capo senza levarlo. Egli disgiunse le mani adagio adagio, le ne sfiorò il viso pietosamente ed ella subito se lo coperse con le proprie. Poi cavò il fazzoletto e glielo porse tenendosi ancora l'altra mano sugli occhi, pregò di bagnarlo, se ne deterse le ciglia, tacque col viso basso e le mani giunte in grembo. Egli cercò una parola pia, le disse accorato che non aveva creduto di farle tanto male. "Mi permette" mormorò Jeanne "di seguirla dove andrà, senza mai farmi vedere da Lei?" Egli non rispose ed ella lo interrogò da capo con l'oscuro fuoco dei grandi occhi aridi. "Jeanne! Come può pensare a questo se mi disapprova?" Ella gli sarebbe caduta ai piedi se Piero non l'avesse impedito a forza. Gli prese e raccolse i polsi, gli parlò affannosa, porgendogli il viso, affissandosi in lui con la espressione di un morente che cerchi negli occhi del medico la speranza: "No, no, Dio, Dio mio, no, Lei non sa, Lei non sa! Io ho nella mente delle oscurità disgraziate, io La contraddico anche qualche volta per una specie di spirito maligno che mi prende, che mi fa parlare per la mia sventura, ma L'ammiro tanto tanto tanto, onoro tanto in Lei quella fede in un ideale che vorrei pur avere e non posso, sento quanto è bello il Suo proposito, quanto è grande, darei tutto il mio perchè servisse ai Suoi studi, al trionfo delle Sue idee, di ciò ch'Ella chiama la giustizia assoluta. Non vi è sacrificio che non farei! Non merito proprio, creda creda, ch'Ella mi dica quelle cose terribili, non tengo alla ricchezza, non tengo ai godimenti, non tengo al mio ambiente, lo domandi alla signora Cerri, non tengo neppure all'eleganza se non per Lei, perchè anche se Lei non mi vede, voglio sempre figurarmi di esserle presente. Se Lei me lo permette, io lascio tutto. Cedo tutto a mio fratello e vengo a servire Lei se vuole; se non vuole vengo a starle vicino, vivrò di lavoro e forse Lei qualche volta avrà pietà di me!" Ella s'interruppe, lasciò le mani di Piero; i belli occhi parlanti si velarono di pianto. Maironi ebbe il senso di un'anima che non avesse mai conosciuto bene, resistente per la sua potenza di amore a una profonda infezione di scetticismo, lampeggiante dall'interno delle sue nuvole una luce purissima. "In

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Argomenti: spirito maligno,    bianco mantello,    classe sociale,    sistema economico,    pendio breve

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