Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 12

Testo di pubblico dominio

peccato con la prima disgraziata che passa. Ritornai a villa Diedo molte volte e, per un pezzo, riluttante, tratto, non so, dal magnetismo. Ci stavo come uno che fosse innamorato e non credevo di esserlo; non potevo a meno di guardarla spesso, non potevo a meno di parlarle, quando eravamo soli, come uno che l'amasse e volesse contenersi. Intanto, devo pur dirlo, le altre mie tentazioni mi davano tregua. Forse per questo il mio confessore mi citò un passo dell'Imitazione, che dice presso a poco "non ogni affezione che pare non buona deve subito sfuggirsi" e non mi ordinò di troncare. È un sant'uomo, ma, peccati a parte, certe cose non le può intendere. Dirgliele sarebbe peggio che inutile. Ora in quest'ultimo tempo, proprio in questi ultimi giorni, c'è stato un cambiamento. Sento, vedo, intendo che dall'altra parte, se prima c'era capriccio, adesso c'è passione, una passione che non dissimula quasi più. Ieri proprio me l'ha confessata quasi del tutto apertamente. E da tre giorni temo che la passione vera stia entrando anche in me, lo stesso mio senso morale, a momenti, si oscura. Mi pare, a momenti, che in presenza dell'amore ogni restrizione morale cessi di diritto, resti abolita, che l'amore li abbia tutti, i diritti. Non li accetto ancora questi pensieri, mi fanno ancora orrore, li mando via, mi dico che se sarei capace di consentirvi con la immaginazione non sarei però capace di consentirvi col fatto; e c'è anche in me, ogni tanto, una reazione forte di tutte le resistenze buone, una reazione di fede, di slanci mistici, persino di tenerezza per la mia povera moglie, per la memoria di mio padre e di mia madre. Il bene e il male si alternano dentro di me con una violenza che non posso più sopportare. Vuole che glielo dica? Io non ho un po' di tranquillità, un po' di riposo se non quando sto con questa signora. La presenza sua mi riposa invece di eccitarmi. Dopo è peggio, questo sì. Non so neppure come posso attendere al mio ufficio. Già la gente si deve accorgere di qualche cosa, non è possibile! Stanotte non potevo dormire, avevo un'ora buona, pregai e piansi tanto, mi venne in mente quest'idea di uscire dal mondo, mi parve che il Signore mi suggerisse di venire da Lei e..." Violenti singhiozzi senza lacrime gli ruppero la parola. Don Giuseppe gli pose una mano sul capo dolcemente. "No" diss'egli "no, caro. Perchè? Dolore sì, terrore no. Lei sta in mezzo alle onde e alla tempesta, ma nella navicella vi è Cristo, sa; Cristo che dorme". "Mi parli, mi parli" mormorò Maironi. Gli s'inginocchiò ai piedi e il prete non lo impedì. "Sì, caro, sì. Prima di tutto non abbia tanta paura delle Sue tentazioni! Non si creda tentato molto più di tanti altri che a Lei parranno sicuri del male, tutti di Dio. Le Sue tentazioni contro la fede, intanto, per poco che Lei resista, non mi paiono temibili. Se non ci fossero state le tentazioni del senso, così forti, e, posta la fralezza umana, così prevedibili, le altre probabilmente neppure sarebbero venute. Perchè fu tentato contro la fede? Perchè Le è parso che Dio non L'aiutasse a sostener la sua legge severa, perchè ha temuto che la Sua fede Le fosse stata imposta, perchè ha visto intorno a Sè molti cattolici di mente ristretta e che non Le paiono conformarsi all'ideale evangelico. Veda un poco quanto piccole sono queste difficoltà! Iddio non L'aiuta! Come non L'aiuta? Permette che Ella sia tentato, ma poi quando Lei combatteva, come mi ha detto, quando vinceva, come mi ha detto, chi Le spirava la forza buona? Non sa che nemo potest esse continens nisi Deus det? Dio opera nascostamente, noi non possiamo avere il senso di quello ch'Egli fa in noi e fuori di noi, ma certo neppure possiamo vincere la carne senza il suo aiuto. Se una volta permise che cadesse, L'ha poi rialzato subito. La fede imposta? Sarà vero, se vuole, fino a un certo punto; ma Le par questa una buona ragione di rigettarla? Rigetterebbe Lei le nozioni di scienza che Le hanno impresso nell'intelletto quando era fanciullo, perchè non Le furono dimostrate? Non è invece questo un altro stimolo, se mai, a considerare, a meditare i fondamenti razionali della nostra fede, che sono magnifici, a compiere un dovere del cristiano intelligente e colto, un dovere troppo poco inteso, troppo poco praticato, il dovere di elevare il Suo concetto della verità cattolica sopra il concetto popolare e infantile, di formarsene uno adeguato alle facoltà che Iddio dona per il fine ultimo di essere conosciuto e glorificato? E quanto al disgusto che Le viene dalle persone..., si alzi, sieda qui,... proprio, è un argomento misero! Poniamo che questa gente sia come Lei dice, io non la giudico; forse le intenzioni sono migliori delle opere. Vorrei solo affermare che Sua suocera potrà forse avere qualche piccola debolezza, non lo so, ma è un'anima cristiana grande. Lasciamo pure. Per Lei, i Suoi suoceri, i loro amici, i Suoi colleghi, metta pure un altro centinaio di persone che pratica, sono dunque la Chiesa cattolica di tutti i luoghi e di tutti i tempi? Non ha dato la Chiesa cattolica una folla di uomini santi e di uomini grandi che hanno avuto un adeguato concetto della verità religiosa e del modo migliore di praticarla? E non ha trovato mai, Lei, grandezza morale in persone umili che non sanno niente di partiti e professano con ardore la religione cattolica? Mi pare impossibile! Lei non se ne accorge, ma è la passione che non Le lascia veder giusto. Guardi, io potrei anche ammettere degli apostoli che sorgessero a predicare una elevazione dello spirito cristiano nella Chiesa, ma uscirne perchè oggi nella sua parte umana essa non risponde all'ideale che ne abbiamo? Allora, se siamo patrioti, andiamo in esilio! Eh?" Così parlando il vecchio prete guardava Piero con tutta l'anima sua calda negli occhi santi, pieni di richiamo alla ragione. Attese la risposta a bocca socchiusa, porgendosi ancora tutto incontro all'altro, parlandogli ancora con gli occhi accesi e col viso. "Mi perdoni" rispose il giovine accorato. "Forse vi è un'altra ragione de' miei dubbi, più recondita, e io non la so." Don Giuseppe sospirò. "Senta" diss'egli dopo un breve silenzio. "Mentre Lei mi parlava della persona che l'attrae, io pensavo una cosa. Se l'esperimento di vita pubblica Le è riuscito male, perchè non troncarlo? Se non è contento de' Suoi colleghi, perchè restare al Municipio? E uscendo bruscamente dal Municipio, vorrebbe restare in città, subire il fastidio delle pressioni, degli interrogatori, delle chiacchiere infinite che si farebbero sul conto Suo? Perchè non andrebbe a stare un anno o due nella casa di Suo padre e di Sua madre? Mi pare che quel soggiorno avrebbe grandi vantaggi per Lei. È anche un paesaggio spirituale, pieno di raccoglimento, che so, di dolcezza casta." "E allora..." fece Maironi, piano. L'altra parola gli morì nella gola. Perchè dirla? Neppure don Giuseppe l'aveva pronunciata e tutto il suo discorso del Municipio, della città, della Valsolda non significava che quella parola: rompere. "Lei era pur disposto" riprese don Giuseppe vedendolo esitare "a entrare in un convento?" Maironi si volse lentamente a lui con le braccia aperte, lo abbracciò e appoggiandogli il viso a una spalla mormorò: "Uscir dal mondo sarebbe più facile." Allora il vecchio lo cinse alla sua volta d'un braccio, gli parlò sui capelli, gravemente. Le parole pie avevano una sonorità velata, così profonda, così dolce! "Caro, bisogna restar nel mondo e bisogna uscirne. Bisogna che la Sua cella sia nel Suo cuore, nel più interno del Suo cuore. Sì, caro, pianga di dolore, ma pianga pure di tenerezza. Vi è Qualcuno che gliela prepara, in questo momento, la cella, che vi si dispone ad aspettarLa, che Le dice di venire a Lui, di abbandonargli il capo in seno perchè ha tanta pietà di Lei, perchè vuol perdonarle tutto, tutto, tutto. Entri, entri, non resista. Dice che si sente tanto male? Sì, perchè guarda le cose del mondo a cui è legato e

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Argomenti: vecchio prete,    restrizione morale,    reazione forte,    fine ultimo,    grandezza morale

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